Yokohama Sushi Restaurant a Milano. Rosy Chin ed il suo viaggio nei sapori orientali
di Ugo Marchionne
Può un ristorante giapponese costruito con il sacrificio, con l’amore, con la passione, in cui è il servizio oltre alla qualità delle materie prime, diventare un vero e proprio riferimento sia di gusto che di tendenza? Ebbene sì. Questa è la storia di Rosy Chin, della sua famiglia e di suo marito Paolo La Quosta che in anni di sacrifici hanno costruito un vero e proprio riferimento della cucina giapponese a Milano che è appunto lo Yokohama.
Lo ammetto, questa visita è stata la mia prima esperienza, il primo contatto con lo stile Yokohama, anzi con la famiglia Yokohama. Sono stato accolto con grandissimo calore dalla Rosy e da Paolo e condotto in un viaggio, in una sequela di portate molto identitarie ed in uno stile inedito e sorprendente.
Una Fusion ricca e opulenta è la cifra gastronomica di Yokohama, uno stile che sicuramente riesce a coniugare l’assoluta qualità delle materie prime alla ricchezza degli abbinamenti ed alle influenze cinesi di forma, data la provenienza della famiglia di Rosanna Chin, patron e prima attrice dello Yokohama. Di colori e di sapori, questo potrebbe essere il titolo di un libro che descrive la cucina che si esprime in Via Pantano numero 8 in centro a Milano. Uno stile diffuso e rotondo che mira a colpire il palato attraverso un’accurata ricerca del sapore preciso ed avvolgente, composto soprattutto da più componenti.
Oltre alla meravigliosa proposta a la carte che contraddistingue tutti i ristoranti giapponesi di cucina fusion, lo Yokohama vive appieno del viaggio di sapori che Rosy propone ai suoi affezionati commensali, una sorta di degustazione “a mano libera” che disvela la vera cifra gastronomica dello Yokohama, ovvero un percorso che trae ispirazione dalle forme e dalle tecniche di cucina giapponese, derivando però da essa e strizzando l’occhio ad uno stile barocco, opulento e ricco che però sorprendentemente si sostanzia in un ensamble di sapori delicati e di abbinamenti millimetrici, sicuramente particolari ed esclusivi del ristorante di Via Pantano 8 in centro a Milano.
Si parte con la versione “Yoko” di una Tataki, se vogliamo alla Mediterranea. Tonno scottato in crosta di pistacchi, cottura quasi bleu, su stracciatella di burrata pugliese e mayo artigianale al miele. Un piatto rotondo, intenso ed appagante che però non tradisce ma se vogliamo amplifica il carattere stesso della Tataki, ovvero quel suo esser crudo/cotto. Crosta di pochissimi millimetri, reazione di maillard superficiale e la grande carnosità del crudo di tonno rosso in contrappunto alla rotondità lattica della burrata ed alla croccantezza dei pistacchi, nulla da aggiungere.
Piatto incredibile la tagliatella di calamaro con tuorlo d’uovo di quaglia, Ponzu, Olio Evo, Ikura, Tobiko e Tartufo Nero. Un piatto dalla consistenza molto particolare, decisamente piacevole che benché consti di ben sette componenti in realtà si sussume in un unico boccone in cui sapidità, dolcezza, acidità e croccantezza (il crudo stesso di calamaro), si compenetrano davvero bene, a mio avviso il miglior piatto dell’intera proposta.
Diverente ed appagante la Carbonara di Mare, a quanto comprendo signature dish di casa Yokohama, di cui la Rosy Chin, da eccellente padrona di casa è orgogliosamente fiera. C’è da dire un qualcosa in via preliminare. Supera di gran lunga tantissime sue omonime in giro per i ristoranti di mezza Italia e si colloca veramente affianco alla versione stellata di Giulio Terrinoni da Per Me a Roma per godibilità. Tagliatella di riso al nero di seppia, tuorlo d’uovo, gamberi rossi scottati e katsuobushi a dare salinità, in piatto esteticamente in black che lo ammetto è dannatamente godurioso. La rotondità dell’uovo, la salinita e la carnosità del gambero e del Katsuobushi a sostituire il guanciale, la spinta sapida, al palato ricompone quelle che sono le caratteristiche gustative di una Carbonara e per di più non finge di esserlo, esplicitando immediatamente di essere un bel gioco gastronomico fatto per piacere al palato e divertire il commensale.
Ben curata la selezione di Rolls, mai banali, mai scontati, sempre ricchi negli abbinamenti e giù di gambero rosso, caviale, tartufo e chi più ne ha più ne metta. Personalmente non sono un fan del cream cheese sui rolls, nella degustazione ve ne erano davvero pochissimi con questa aggiunta ed ho potuto apprezzare appieno la qualità degli ingredienti ma soprattutto del riso. Ebbene sì, la scelta del riso che parrebbe l’ultimo dei fattori in questo mare magnum di colori e sapori che è lo Yoko Menù, in realtà è molto curata, riso atto a dare grande resa nei rolls pur mantenendo una buona struttura di per sé, unitamente ad una buona aromaticità data dal condimento sugiri con il quale è preparato prima del suo impiego.
Super tradizionale il Black Cod Gindara, l’omaggio a Nobu Matsuhisa è veramente ben eseguito, stavolta in semplicità, a mostrare l’anima tradizionale che affianca ed accompagna anche le portate più “sfarzose” dello Yokohama.
Chi pensa che i piatti del degustazione possano in qualche modo penalizzare la proposta di sushi e sashimi, in realtà non ha presente il quadro più complesso della filosofia dello Yokohama. La grande evoluzione dello Yokohama sta appunto approdando su questi lidi, ovvero la maturazione di uno stile, quello del degustazione, completamente unico e personale, simile per certi versi a quello che il maestro Ignacio Ito a Napoli o il primo Roberto Okabe a Milano avevano apportato, ovvero uno stile fusion completamente personale, fortemente identitario, che parte da una materia prima di grandissima qualità, spingendosi fino al limite ultimo degli abbinamenti. Esperimento riuscito dunque per lo Yokohama che nelle persone di Rosy e Paolo, pur essendo il più presenti possibile nella loro vita familiare, per i loro meravigliosi bambini, cercano ogni giorno di spingersi oltre il limite facendo sentire a casa tutti, con il loro calore, prendendosi cura allo stesso modo di clienti importanti, professionisti di ogni settore, vip, famiglie e clienti tutti. Ed è questa a mio avviso la loro grande forza, ovvero aver attualizzato nel centro di Milano quello stile di servizio che ho ritrovato solo nella filosofia del direttore Ermanno Zanini al Capri Palace Jumeirah.
Conclusione
Un’esperienza da ripetere, per provare le altre declinazioni della proposta Yokohama, e nominalmente il classico Sashimi, i Nigiri e tra le proposte più ricercate gli gnocchi di riso o i fantastici Dim Sum. Torno a precisare, la bellezza di questo ristorante al di là della grande validità di ciò che è posto davanti al commensale è la grande attenzione del servizio, la cura del dettaglio, la fantasia della proposta ed il calore che Rosy e Paolo sanno trasmettere, il calore di una famiglia che anch’essa è simbolo di quella totale integrazione italo-cinese che è così forte a Milano, di quel “Mulino Giallo” che Rosy mostra con orgoglio ed amore sui suoi social media e di quella vivacità che ha fatto grande Milano per tanti anni e che andrebbe ora più che mai recuperata.
Consigliatissimo.