Welcome in “ricciolandia”, da Giannino di Alba Chiara a Savelletri di Fasano
di Monica Caradonna
Da ragazzo, prima ma anche subito dopo la scuola, andava a pescare i ricci e arrivava a guadagnare molto più del suo papà che era uomo di legge. Lui, il vigile urbano di provincia, sognava che il figlio seguisse le sue orme ma Giannino proprio non voleva saperne. In apnea batteva la costa e rivendeva ai ristoranti tutto quello che riusciva a prendere dal ricchissimo bacino di mare tra l’Italia e l’Albania. Poi in Puglia è arrivata l’operazione Primavera e 1900 uomini dello Stato hanno tagliato la testa al contrabbando di sigarette e ai traffici illeciti. Otto tonnellate di bionde sequestrate, 135 persone denunciate, 92 arrestate. Insomma, la più grande operazione di pulizia antiterrorismo degli inizi del secolo aveva messo in mutande la malavita organizzata brindisina e a cascata le varie pedine del commercio illecito di tutta risposta si sono riversate nella pesca di ricci andando ad appesantire la concorrenza per Giannino. Ma lui, evidentemente, è nato imprenditore e proprio in quel momento storico ha deciso di cambiare business e aprire Alba Chiara. Diciannove anni fa metteva, così, radici quella che oggi comunemente è chiamata Ricciolandia la costa dove mangiare i ricci; e nei mesi con “r” questo è un must che mette tutti d’accordo, dai facoltosi ospiti dei resort di Savelletri sino al camionista di passaggio. E tutti vengono trattati alla stessa maniera accomodati su sedie di plastica verde e tavoli con tovaglia in carta anche se c’è chi sceglie uno champagne tra le 150 etichette di una ricca e vasta carta vini o una birra ghiacciata.
Da Giannino i ricci si ordinano di cinquantina in cinquantina e, come dice lui, come spendi mangi. A te la scelta quelli provenienti dalla Grecia – più grandi e carnosi e molto saporiti -, i Croati con un pizzico meno di sapore o quelli locali, più piccolini ma molto saporiti. Ed è stato divertente leggere lo stupore in chi per la prima volta, in una tavolata di amici pugliesi, ha scandito, ripetendo l’ordine, quel “250 ricci” con tronfia soddisfazione.
E poi ad Alba Chiara c’è il rito della pulizia. Tra una sedia e l’altra c’è un secchio nel quale si svuotano i piatti. E che soddisfazione si prova in quel gesto? Quanto romantico è ripetere la rotazione di 180 gradi del polso che libera il piatto di quel che resta del pasto. C’è chi sogna di replicare la gestualità nel suo ristorante stellato perché è nei gesti a tavola che si celebra l’esperienza più profonda.
La scorpacciata di ricci prevede un’arte nel recuperare il frutto che tra un cucchiaino e un pezzo di pane mi vede propensa, come da tradizione familiare, all’uso della lingua per non alterare assolutamente il gusto; al massimo si completa l’esperienza con un assaggio di una selezione di formaggi stagionati o di pecorino piccante. Da non perdere alla tavola di Giannino la frittura di moscardini e di pesce, le cozze all’Antonietta, cozze nere immerse in un pinzimonio arricchito con cipolla rossa; ottima la catalana e perfetta nella cottura la pasta con i frutti di mare.
La vita di Giannino è stata argomento avvincente del mio ultimo pranzo con l’avvocato gourmand Ottavio Martucci che da oggi proverò a corrompere per poter accedere alle cene private in cui Giannino propone ai suoi amici una incredibile trippa di rana pescatrice con fagioli e per i più intimi la sacca spermatica del dentice tagliata a pezzi e fritta.
Insomma, il piacere puro in una cucina semplice in cui l’80% è fatto da una grande materia prima e il restante è equamente diviso tra l’accoglienza terrona di una famiglia di Fasano e un panorama unico perché, dimenticavo, i tavoli sono a non più di trenta metri dalla riva del mare.
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