Week end a Taranto: da vedere e da mangiare


Taranto

Non si ragiona mai con il senno di poi, ma resta il mistero del motivo per cui gli insediamenti Italsider sono stati realizzati in alcune delle aree più belle del nostro caro Mezzogiorno. E se il pensiero va subito a Bagnoli, dobbiamo dire che sicuramente lo scempio più incredibile è costituito da Taranto, fondata dagli spartani, conosciuta come città dei due Mari, dall’incredibile patrimonio archeologico, paesaggistico, architettonico. Non basta una pagina per poter elencare tutte le cose da vedere in questa magnifica città dominata dal Castello aragonese in cui la terra e il mare si intrecciano in maniera indissolubile.

Dieci cose da vedere a Taranto

Ne citiamo dieci giusto per tramettere proprio quello che non potete perdere: Castello Aragonese, Ponte Girevole, Resti del Tempio di Poseidone, Cattedrale di San Cataldo, Museo Archeologico – MArTA (uno dei più ricchi e importanti d’Italia), Chiesa San Francesco da Paola al Borgo, il centro storico e Lungomare.
Tutto questo senza parlare dei magnifici dintorni della città, facilmente raggiungibili: da Martina Franca, una vera e propria tesi di laurea in Architettura all’aperto, a Manduria, la patria del Primitivo, da Grottaglie di cui abbiamo scritto due settimane fa all’incredibile Parco delle Gravine.

Ma torniamo in città che ha il delfino nel suo stemma perché questi mammiferi popolano le due isolette di San Pietro e Paolo.  Ci siamo infatti dimenticati, tra le tante cose, la Mostra storica dell’Arsenale militare marittimo per andare alla scoperta del timone della nave Cristoforo Colombo e del suo specchio di poppa in legno intagliato, ma anche di vari modelli in scala di antiche navi a vela e altre di epoca moderna, diverse delle quali costruite in Arsenale. Il Palazzo Pantaleo appartenente all’antica famiglia nobiliare, è uno dei pochi edifici settecenteschi rimasti intatti, ed è la sede del Comune.
Per le vicissitudini legate all’Italsider, l’immaginario collettivo non ha mai riconosciuto a Taranto quella che è la sua vera vocazione: l’essere una città turistica e da godere praticamente tutto l’anno.

Un vantaggio però c’è se siete viaggiatori e non solo turisti: il piacere della scoperta e soprattutto dei prezzi ancora abbordabili rispetto ad altre località più rinomate ma che hanno meno da offrire.

Luciano Carriero, Francesco MAriella e Vincenzo De Benedetto, presidente della condotta Slow Food Taranto

Luciano Carriero, Francesco MAriella e Vincenzo De Benedetto, presidente della condotta Slow Food Taranto

Taranto però è famosa anche per le cozze e la pasta alla tarantina (attenzione, tubetti più che spaghetti). La città che già in epoca romana, nell’era di Traiano, era riconosciuta dall’Impero come centro nevralgico della molluscocoltura. La città in cui il vescovo Giuseppe Capecelatro, a fine ‘700, decise di raccogliere le diverse conchiglie frutto di quel mare pescoso per farne dono alla “Sacra Imperiale Maestà Catterina II, sovrana autocrate di tutte le Russie”. Così riportano le cronache dell’epoca. A Taranto la mitilicoltura è una questione serissima e molto antica: i primi documenti che fanno riferimento alle cozze nere risalgono al 1525, e già nel 16esimo secolo i reggenti tarantini mettevano per iscritto regole precise per evitare il sovrasfruttamento delle lagune costiere. E per secoli così è stato, almeno fino agli ultimi decenni del secolo scorso quando, in concomitanza con lo sviluppo industriale della città, anche l’allevamento di molluschi ha risentito degli effetti in negativo.

La corda in cotone su cui crescono le cozze di Taranto

La corda in cotone su cui crescono le cozze di Taranto

Ora è presidio Slow  Food con 21 mitilicoltori coinvolti nel progetto, il cui disciplinare stabilisce rigidamente le modalità di produzione, sono attualmente 21, soprattutto figli e nipoti di allevatori che hanno fatto questo mestiere per anni. Ma qual è il segreto? Perché queste cozze sono così particolari? Il motivo è che l’acqua del Mar Piccolo è meno salata perché è addolcita da numerose sorgenti fresche. Anche quando le onde si increspano, chiazze piatte, rotonde, che i tarantini chiamano “occhi di mare”, rivelano la presenza di queste sorgenti. Tutto questo determina condizioni particolari in cui si verifica una costante diluizione della salinità che inevitabilmente conferisce caratteristiche organolettiche uniche ai mitili che qui vengono coltivati e che non possono essere replicate in altri allevamenti. È per questo che oggi Taranto è orgogliosa di questa sua ricchezza. Attenzione però: solo dopo San Cataldo si mangiano le cozze. Dall’8 al 10 maggio la città si paralizza per la festa del suo Santo Patrono, che dà il via alla commercializzazione delle cozze tarantine.