Vogliamo capire quanto costa una pizza margherita? E quanto costa in più se fatta con prodotti eccellenti? Al netto della comunicazione però
Quanto costa una margherita? Forse è importante saperlo analizzando i diversi costi. Vediamo un po’.
Ora questi dati, che sono suscettibili a mille variabili dalle tasse comunali al luogo dove si trova il locale, se è di proprietà o in fitto dal fatto se le attrezzature sono state ereditate o meno, rendono ben chiaro il motivo del successo delle pizzerie.
In effetti la differenza tra una pizza scarsa e una di qualità è di appena 0,6 euro. So già l’obiezione bocconiania: moltiplichiamo 0,6 per 4000 pizze alla settimana otteniamo 2400 euro. 124mila euro all’anno. Perché rinunciarci?
La risposta è in quello che sta accadendo: le pizzerie che migliorano impasti e materie prime funzionano e si riempono, le altre languono, soprattutto in provincia. Abbassando la qualità si entra in concorrenza con i prodotti industriali e si finisce per essere perdenti.
Il cliente medio è disponibile non a pagare 0,6 euro in più, ma anche sino a un euro, magari anche due, se sa che i prodotti sono tracciabili e di qualità.
La pizza è dunque il lusso accessibile a tutti. Ossia avere il massimo possibile alla portata di tutte le tasche, a differenza di quanto avviene con la ristorazione i cui costi sono poco accessibili anche quando il conto non supera i 40 euro.
Certo a questi costi mancano quelli nuovi, 2.0. Gestire i social costa dai 400 a 1200 euro al mese. Le attività di consulenza anche sino a duemila, soprattutto se gestite da fuori Napoli.
Si tratta di attività che però, se ben gestite, sono un valore aggiunto al costo della pizza. Un pizzaiolo famoso può anche mettere la sua margherita un prezzo che varia dal 60 al 100 dei suoi costi rientrando delle spese senza problemi.
*Fonte: Ristorazione Italiana Magazine
9 Commenti
I commenti sono chiusi.
CHE TE NE FOTTE? Chi t’ha ditto ca nun può scassà…(P.D.)
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“Certo a questi costi mancano quelli nuovi, 2.0.
Gestire i social costa dai 400 a 1200 euro al mese.
Le attività di consulenza anche sino a duemila, soprattutto se gestite da fuori Napoli” (dal post)
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Quindi,con l’AVVENTO del MITICO WEB 2.0 … sono aumentati i costi di produzione.
Non ho approfondito la tematica ma, essendo un lettore di food blog, l’argomento viene trattato anche se in modo discontinuo, frammentario e sintetico.
Quello che non è molto chiaro è questo:
che rapporto c’è tra queste nuove figure (consulenti, pr, influencer marketing, web marketing ecc…) e i FOOD BLOG?
Perché spesso rilevo, in vari food blog, che CHI(?) scrive i post svolge anche una di queste nuove attività legate al mitico WEB 2.0.
Qualcuno potrebbe obiettare “Che te ne fotte?”
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CHE TE NE FOTTE(Pino Daniele)
“Guagliò ma che te ne fotte
si parla quaccheduno
allucca cchiù forte
e giù finchè non hai ragione tu
accussì nunn’o faje parlà’ cchiù.
“Chi t’ha ditto ca nun può scassà
tutto chello ca te fà ‘ncazzà’
chi t’ha ditto ca è fernuto
ca nun ci capimmo cchiù
i’ parlavo sulo ‘e chello
ca mò nun faje cchiù
Guagliò ma che te ne fotte
‘a vita è sulo culo rutto
e niente cchiù
è voglia ‘e se scetà
‘mmiezo a chello ca nun va
Ma che te ne fotte
basta ca staje bono ‘a sotto
e tu non ti stancare più
ma faje chello ca vuo’ tu”
(Pino DANIELE)
Faccio notare che il basilico, che qui non viene conteggiato come se l’orto lo avessero tutti e fosse prodotto sempre (inverno ed estate) è il costo più elevato di una pizza in proporzione.
Infatti una cassetta di basilico pesa in genere 300 gr. e costa euro 5,50 (ossia il prodotto finale costa circa euro 17,50 al kg.) di questi 300 gr però se ne utilizzano solo le foglie che in media non superano i 50 gr. (ergo il prodotto costa 5,50 x 20 ossia 110 euro al Kg).
Ovviamente senza contare il cd sfrido per ingiallimento, macchiatura ecc… che supera in alcuni casi anche il 15% del prodotto e non è mai inferiore al 10% (ovviamente in una gestione top della pizza come i calcoli richiedono). Ad una Margherita fatta bene aggiungerei perciò un 20 cent. di basilico medi.
I costi del web 2.0, il quale può produrre anche benefici da villa con piscina, sono contenuti in quei costi di pubblicità perchè fatturati e scaricabili al 100%.
Ma vanno fatturati e pretesi come tali.
Mi fermo qui … non voglio far piovere nel deserto .. ;)
Luca, grazie per la canzone di pino Daniele, ma i costi del 2.0 sono semplicemente sostitutivi di quello che prima si investiva nei manifesti 6×3 oppure volantini e depliant o spot televisivi e radio.
4000 pizze a settimana sono 500 al giorno significa almeno: 2 forni 2 pizzaioli 2 aiuto pizzaioli 15 camerieri (sabato quasi il doppio) 60.000 euro a settimana, 3 milioni di fatturato annuo. CI SONO POCHE PIZZERIE COSI’.
Ps. un pizzaiolo con aiuto fa 250 pizze a sera e costano 300€ a sera, un cameriere serve 60 persone costa 90€ a sera. Già sono quasi 3€ a pizza poi c’è tutto il resto….
un pizzaiolo se prende 50 a sera è fortunato…..un cameriere 30…….300…..90…..ma forse a Montecarlo.
Bravo Marco!
Bravo Marco!!,
è un conto farlocco che gira da qualche tempo, è un compitino che sviluppa uno studente del ragioneria oppure te lo fanno quelli dell’agenzia dell’entrate per poter giustificare un accertamento induttivo.
for
“è un conto farlocco”
Sarebbe meglio chiarire in che senso.
@ Marco Contursi
Non nascondere la realtà è un atto di coraggio e morale in un’epoca in cui prevale la mistificazione.
@ Luciano Pignataro
La mia perplessità è, più precisamente, questa:
quelli che svolgono attività di marketing, di consulenza ecc… spesso sono gli stessi che scrivono sui food blog.
Vi faccio un esempio clamoroso: una consulente ha recensito su un food blog la stessa pizzeria a cui aveva dato consulenza.
Cioè l’attività di food blogger e di consulenza o di marketing(web ecc..) spesso vengono svolte dalla stessa persona.
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In questo senso i food blog , per me, hanno perduto in credibilità negli ultimi anni.