Vitigno Italia 2010, la verticale di Taurasi Mastroberardino: 1968,1977, 1980, 1997, 1999 e 1999 dei 130 anni, 2001 e 2003
di Sara Marte
E’ decisamente imponente: Verticale di Taurasi Riserva di Mastroberardino con le annate ’68, ’77, ’80, ‘97, ’99 e ’99 “130”, 2001 e 2003. E’ un percorso guidato che poco cede a schemi fissi, con un vino che nel bicchiere di minuto in minuto si apre e cambia.
Qui la sua incredibile vita che ogni annata indirizza come storia a sé eppur comune nei passi dell’azienda e del territorio. Dai vigneti di Montemarano e Mirabella Eclano viene il Taurasi mentre il riserva nasce esclusivamente da quelli di Montemarano.
Luciano Pignataro assieme a Dario Pennino, amministratore delegato della Mastroberardino e Massimo Di Renzo, responsabile enologico dell’azienda, ci accompagnano in questo percorso indirizzati da Antonio del Franco, presidente AIS della regione Campania cui si uniscono spunti di degustazione del giornalista Antonio Paolini.
E si comincia. Partiamo dal Taurasi Riserva ’68. Annata straordinaria, vino pure! Ci spiega Massimo Di Renzo che ancora tutto il mondo lo richiede ed è un vino che ha segnato l’eccellenza Irpina. E’ stata un’annata calda e con poca pioggia. Il vino ha un naso complesso che cambia e si apre proponendosi arricchito man mano che sosta nel bicchiere. Ha un naso di estrema pulizia e intensità. Si sente la ciliegia sotto spirito e sentori come note di china ed il cacao amaro che accompagnano il bicchiere; le spezie e le erbe aromatiche secche prolungano il naso. La bocca è incredibile. Morbido e lungo nella persistenza è un vino presente e consapevole che fa dei suoi 42 anni punto di forza e simbolo di eccellenza.
Il 1977 è frutto invece di un’annata definita” la tipica annata irpina” per le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Fine agosto poi ed inizio settembre furono caratterizzati da forti piogge. E’ un vino che regala subito un naso di bella complessità, certo meno sconvolgente del precedente. Percepisco delle note di cuoio ed al palato ci dirigiamo verso qualche nota medicinale e certamente una bocca di lunga, lunghissima persistenza e profondità. Il tannino c’è, rotondo ma presente.
L’annata 1980 ha molto da raccontare. Ci piace nella storia e nel bicchiere. Ci furono quasi 200 ml di pioggia nel mese di ottobre ed un Novembre dal caldo innaturale. Questo fu anche l’anno del terremoto in Irpinia e in cantina furono ospitati i terremotati. Da qui anche la svolta nel nome: Radici. Orgoglio per la terra in cui sono nati ed in cui, nonostante le difficoltà, decisero di affermare la loro appartenenza a quel luogo. Il vino ha sentori di spezie che si accompagnano alla percezione di humus. Sento il tabacco in foglie secche. La bocca è solida, di grande materia, con un bel tannino ed un finale intenso lungo di spezie dolci.
Passiamo poi al 1997. Qui affrontiamo un’annata asciutta e calda. Al naso sembra meno intenso delle precedenti bottiglie, forse perché si propone più ostico nell’apertura olfattiva. Man mano ritroviamo però sentori di frutta rossa in confettura e note speziate. Riscopro poi una punta floreale ed un sentore minerale abbastanza evidenti. Il palato è molto equilibrato.
Il 1999 ci viene proposto invece in una doppia versione: Taurasi 1999 Riserva e Taurasi 1999 “130”. L’annata è stata caratterizzata da freddi non eccessivi e caldo moderato. Qui la vendemmia è stata spinta temporalmente più in là del consueto. Il ’99 ha inoltre un’importanza storica per l’azienda che introduce l’utilizzo delle barrique di rovere francesi assieme alle botti di rovere di Slavonia. Il “130” è poi simbolo celebrativo dei centotrent’anni d’iscrizione alla Camera di Commercio di Avellino dell’azienda, con una bottiglia che ricorda i volti di Angelo, Michele e Antonio Mastroberardino. Il naso risulta intenso e verticale con una buona complessità. Percepisco il sottobosco, i frutti rossi maturi. Sento la spezie come il pepe nero e note di tabacco. E’ un bicchiere di grande equilibrio ch esprime, maggiormente nel 130, una grande lunghezza gusto –olfattiva.
L’annata 2001 ricorda un’estate estremamente calda seguita da un settembre e ancor di più da un ottobre con piogge che rinfrescarono le temperature. Seguirono forti escursioni termiche. Questa bottiglia in degustazione si esprime elegantissima, completa, presente e con grandi prospettive. Ha un bel naso di ampia complessità ma è il palato di questo vino che lascia davvero sopraffatti. Si sviluppa con una buona progressione e forte eleganza. Esprime una bella finezza e risulta di buona freschezza. Davvero un bel bicchiere per il qui ed ora e nelle previsioni per il futuro.
La 2003 è un’annata infine molto calda. E’ stata un’estate torrida e siccitosa e l’azienda trovò il coraggio di raccogliere le uve in anticipo. Il vino si presenta con un naso di frutta rossa, un po’ di quei frutti rossi di sottobosco maturi. Ancora sentiamo le spezie dolci . Al palato si esprime con un tannino di bella vivacità, una certa struttura presente, ed una bocca fresca ma equilibrata.
Ecco una passeggiata indimenticabile attraverso gli anni di un vino che è storia e territorio.
Un commento
I commenti sono chiusi.
la bravura del degustatore è capire come si sia modificato lo stile del taurasi nel corso degli anni, scartate ovviamente tutte le modificazioni dovute alla variabile terziarizzazione, cercando piuttosto il nucleo del messaggio che l’enologo voleva trasmetterci e/o la qualità dell’annata.
qui ci fermiamo, intorno al mezzo secolo. oltre è privilegio solo di poche bocce.
il vino (almeno quello di oggi) è arte a tempo.