Vitigno Italia, la degustazione di nove Greco di Tufo 2007
di Gaspare Pellecchia
Una bella “orizzontale” di Greco di Tufo si è tenuta ieri mattina mattina al padiglione n.2 di Vitigno Italia, l’impeccabile eno-manifestazione napoletana giunta ormai alla sua quarta edizione. In batteria nove calici provenienti dal più potente bianco campano: il blasonatissimo Greco irpino. I vini in degustazione erano provenienti da piccolissime realtà irpine e tutti dell’ultima annata (la calda 2007).Passiamo subito alle mie note di degustazione. Si inizia con l’azienda Calafé, enologo Sebastiano Fortunato (sempre più apprezzato dalla stampa specialistica di mezzo mondo): questo suo Greco veste un bel colore paglierino brillante, si presenta fine al naso e in bocca convince per il suo deciso impianto gustativo. Ottimo lavoro, Sebastiano! La seconda bottiglia è di Fattoria De Lillo, azienda di Santa Paolina: un Greco dal colore insolito, appena già ossidato (la buccia del Greco è molto complessa da lavorare, in quanto cede facilmente colore), naso tostato ed erbaceo, poco tipico; in bocca appena piatto e con retrogusto alla vecchia scuola dei Feudi (percepivo una scia di frutta esotica). Il terzo calice è firmato Macchialupa: Angelo Valentino ci dona un Greco fine, poco ruffiano (alla Moio, per intenderci); buona questa sua acidità, sfiziosa ed estiva; lungo e coerente in bocca, termina con retrolfazioni di mandorle pralinate. Quarta bottiglia, quarto gruppo di sensazioni: Colline del Sole gioca un naso fatto di note fiorali molto spiccate adagiate su un letto speziato (ecco, questo è il bello delle degustazioni: c’è chi percepiva olive, chi capperi; io ho percepito il chiodo di garofano, invece), comunque sia questo, di Colline del Sole, era un Greco troppo poco tipico al naso; o, forse, solo una partita difettata. (In bocca, per la cronaca, s’è ripreso con una eccellente sapidità). Quinto calice, azienda Angelarosa (famiglia Aurisicchio), ancora una creazione di Sebastiano Fortunato, questo Greco ci ricorda un po’ il primo calice della batteria ma è più minerale, e ha note più dolci e più tostate ancora, di frutta secca; chiude più lungo e più vivo in bocca: il mio preferito di questa mattinata è una piccola poesia, un Greco, eccezionalmente, di grande palatabilità. Sesta azienda, l’enologo di Cantine dell’Angelo (già allievo di Moio) ci presenta questo buon calice, molto tipico, proveniente da un suolo prettamente sulfureo: naso debole (purtroppo era stato appena prelevato dal fusto), seguìto da un ingresso in bocca piacione e suadente (da ricontrollare). Buona la freschezza, l’estratto e la lunghezza. Un po’ di bottiglia e ne vedremo delle belle. Settimo calice, azienda Contea di Altavilla: buona finezza al naso; mineralità vera e lunghezza da vendere sono le cifre distintive di questo Greco duro, perciò assolutamente tipico (per me, al terzo posto, subito dopo l’Angelarosa e il Calafé). Siamo all’ottavo calice, ancora una creazione di Fortunato, azienda Petruro: un altro campione di forza. Troppa freschezza abbinata a una già possente mineralità rendono questo calice esasperatamente maschio, anche se appena diluito e carente a centro bocca. Infine l’ultimo Greco, azienda Bambinuto: Antonio Pesce termina la batteria con un sorso criptico e minerale, giocato su note olfattive abbastanza dure; si riprende in bocca, chiudendo con un’elegante, mediterranea balsamicità.Alla prossima!