Vinicola Tiberio, il ritorno della mitica Capri Blu
di Mariangela Barberisi
Fondata da Carlo Brunetti ad Anacapri nel 1909 in un ex monastero del quindicesimo secolo, nel cuore dell’Isola Azzurra, la Tiberio – Cantina Isola di Capri, dopo 115 anni rivive nella stesso luogo ed è la più antica azienda vinicola dell’isola e d’Italia. Scelta per le sue bellezze paesaggistiche, per il suo mare, amata dall’imperatore Tiberio che la preferì ad altri luoghi amèni, Capri ha rappresentato da sempre la punta di diamante anche per le eccellenze dei suoi vitigni. Amato sia da Hemingway, che ne ha scritto nei propri libri, sia da Curzio Malaparte, il vino caprese fa parte della storia dell’isola e la famiglia Brunetti ne è testimone e custode. Richiesto dai ristoratori capresi negli anni ’90, il vino che ebbe più successo fu sicuramente il Capri Blu, in bottiglia renana blu, con un’etichetta che raffigurava il profilo dell’isola vista da Posillipo con due barchette a remi adagiate sulla battigia.
Oggi, dopo oltre 20 anni dall’ultima annata, è tornato sul mercato con la stessa bottiglia, con un’etichetta leggermente rivisitata, e con un vino ottenuto da un blend di falanghina e greco con un veloce passaggio in botti di rovere. L’azienda al momento ha prodotto poche centinaia di bottiglie, ma sono in corso i lavori di ammodernamento dello stabilimento enologico, situato nel centro di Anacapri, che sarà possibile visitare a partire dalla prossima estate. «Non sono mancate le difficoltà in passato – racconta Tiberio Brunetti, amministratore della Tiberio Cantina Isola di Capri, che con orgoglio porta lo stesso nome del nonno, che fu figlio del fondatore dell’azienda – ma con tenacia e ostinazione abbiamo tenuto duro per mantenere un filo di continuità con la storia della nostra famiglia e dell’isola. Il nostro interesse non è quello di industrializzare il processo, ma quello di tenere viva una tradizione autentica». Ad oggi la produzione prevede, sotto la guida dell’esperto enologo Roberto Mazzer, anche uno spumante di falanghina, Azzurra, in versione brut e una riserva di aglianico, Vis, prodotta in collaborazione con Vis Factor, società leader a livello nazionale nel posizionamento strategico e nella comunicazione integrata, con sedi a Roma e Milano di cui lo stesso Tiberio Brunetti è fondatore.
Dal Mattino 26 maggio 2001
La meschina vendetta postuma di Tacito, storico ostico, mediocre e fazioso, ci ha trasformati in simpatizzanti di Tiberio sin dai tempi del liceo. Ma solo il passar del tempo ha consentito di disvelare la causa recondita di questa stravaganza adolescenziale. Primo, chi abbandona Roma la Cinica per andare a governare l’impero da Capri è persona che ha capito l’essenza della vita e per questo va ammirata e possibilmente imitata. Secondo, il grande Tiberio era un appassionato gastronomo, preferiva dedicare i suoi pensieri alle ostriche di Lucrino e organizzare nell’isola i migliori banchetti dell’epoca con prodotti di prima qualità ricercati e selezionati con cura in ogni angolo della Terra dominato da Roma. Terzo, Tiberio è il nome della prima azienda vitivinicola caprese, una delle più antiche della Campania, fondata nel 1909 da Carlo Brunetti. Sicché davanti ai classici ravioli capresi, quelli con la farcia di cacio e spezie la cui combinazione è gelosamente tenuta segreta dalle ultime massaie (a noi piace pensare e scrivere questo anche se non è più vero) o davanti ad un totano imbottito, il Capri rosso doc è un buon abbinamento. Piedirosso, Falanghina e Biancolella sono coltivate su circa 200 ettari ai piedi del Monte Solaro. La Vinicola Tiberio (via Trieste e Trento, 29, Anacapri. telefono 081 8371261) è nel cuore dell’Antico Convento di San Michele, ex monastero di Vergini Teresiniane Calzate, fondato dalle suore nel 1683. A condurre l’azienda quattro nipoti del cavaliere Brunetti, Carlo, Salvatore, Lino e Maria Laura coadiuvati dall’enologo Roberto Mazzer. Da sempre i produttori devono difendersi da velenosi sospetti alimentati dai tipici sempliciotti che si piccano di essere furni («Dov’è l’uva per fare tutto questo vino?») ai quali va ricordato che la Doc sull’etichetta è garanzia per il consumatore. Sul vino e sul calcio in Italia non si scherza.