La bella performance delle nuove annate de La Fortezza a Torrecuso
di Pasquale Carlo
Mentre si avvicina al primo decennio di vita, il progetto enologico de ‘La Fortezza’ inizia a prendere quella che era la forma delineata all’atto del progetto da Enzo Rillo, imprenditore torrecusano approdato al vino soprattutto perché spinto da un forte legame familiare con la vite.
Un progetto che poggia su basi solide. In partenza ci sono vigneti di eccellenza, da quelli che circondano la struttura ricettiva, diventata in questi ultimi anni punto di riferimento anche nel settore del wedding, ad altri appezzamenti sparsi sulle alture torrecusane e pontesi. A seguire una cantina attrezzata ed efficiente, con l’aggiunta della bellezza, interamente scavata nella roccia di località Tora. Infine un team affiatato e preparato, formato da professionisti da sempre impegnati nel settore del vino (Antonella Porto e Nicola Pastore) e guidato dall’enologo abruzzese Vittorio Festa. Vittorio è figlio d’arte (suo papà Carmine oltre mezzo secolo addietro fu tra gli artefici della Doc Montepulciano d’Abruzzo) e vanta una lunga lista di collaborazioni con tantissime aziende della sua regione, ma anche con realtà produttive delle Marche, del Molise, della Puglia e, ovviamente, della Campania.
Sono loro ad accoglierci (ero stato invitato in azienda con big Luciano) durante un pomeriggio in cui già si respirava l’aria delle feste pasquali. Occasione unica per poter degustare le etichette di un’azienda che in questo particolare momento storico – come raccontato dal patron Rillo – è tutta protesa ad incrementare nell’ambito della produzione totale la quota delle etichette a Dop e Docg. Le potenzialità parlano di circa un milione di bottiglie; allo stato si lavora intorno al 50% di questa potenzialità, perché il timone è orientato verso il miglioramento qualitativo piuttosto che verso l’incremento produttivo.
Uno sforzo che si legge chiaramente nei calici.
Sannio Dop Greco 2018
A chi chiede se nel Sannio si esprima meglio il fiano o il greco non ho mai esitato a rispondere optando per il secondo vitigno. Lo conferma anche la storia, che mostra come la presenza del greco nel ‘Vigneto Sannio’ sia particolarmente datata. E lo conferma questo vino. Godibile il giallo paglierino carico e piacevole il profilo olfattivo. All’ingresso in bocca il vino richiama subito alla mente la parola mineralità: un concetto di cui spesso si abusa in maniera distorta ma che in questo caso ben si addice per descrivere la piacevole sapidità e salinità che avvertiamo, dovute ovviamente a sostanze “minerali”. Tutto questo ci fa scrivere di un bianco di estrema bevibilità, pimpante, a tratti irruente.
Sannio Dop Fiano 2018
Vivacità e brillantezza segnano visivamente il calice che al naso offre un ampio ventaglio di freschezza, partendo da uno spiccato floreale che poi lascia spazio a piacevoli note fruttate. Questo fiano colpisce soprattutto al palato, dove appare delicato e fragrante, dal sapore morbido e piacevolmente aromatico, con un finale di mandorla fresca perfettamente in linea con le caratteristiche del vitigno.
Falanghina del Sannio Dop 2018
Un vino che parte tranquillo per poi esplodere in modo incredibile. Messo a confronto con gli altri bianchi, a primo impatto appare quello più semplice, non offrendo con immediatezza la mineralità del greco o le spiccate aromaticità del fiano. Basta il tempo di far raggiungere al vino nel calice la sua temperatura ideale per far esplodere le potenzialità olfattive del vitigno che virano tutte sulla mela e le note di pesca e banana, ben presto accompagnate da sentori di agrumi. In bocca spiccata acidità, che lo rende piacevole e fresco con una lunga persistenza. Una falanghina con tanto muscolo, sapida, da bere senza sosta.
Aglianico del Taburno Rosato Docg
Il vino della scuderia che è ha meno convinto. Nulla di distorto, tutto perfettamente al suo posto. Riconoscibilità del vitigno a primo impatto, per un sorso che forse pecca di mancanza di verticalità in bocca e per questo più stancante.
Sannio Dop Piedirosso 2018
Un piccolo capolavoro. Buono il selezionato frutto di partenza, che giunge da un vigneto di recente acquisto, che si dipana lungo uno dei più vocati declivi delle colline pontesi. Rosso di grande vivacità e brillantezza alla vista; tanta frutta al naso, dove il vino colpisce per la sua notevole pulizia olfattiva: lampone, fragola e ancora frutti rossi; ingresso in bocca subito fresco, corrispondenza dei frutti rossi e sostenuta spalla acida che non stanca mai la beva. Un calice di grande potenzialità a tavola, sui piatti tipici della cucina campana, ideale per le sbicchierate in allegria.
Aglianico del Taburno Rosso Docg 2015
Nelle produzioni ottenute dal vitigno principe del Taburno si coglie con evidenza l’apporto dell’enologo. I rossi di punta dell’azienda sono frutti di un processo in cantina che lavora sulla fermentazione simultanea tra lieviti e batteri. In termine tecnico parliamo di fermentazione malolattica in co-inoculo, vale a dire l’inoculo in mosto di colture selezionate (lieviti e batteri) subito dopo l’avvio della fermentazione alcolica. In effetti nel calice ritroviamo un aglianico per certi versi sorprendente, sicuramente diverso per l’imponente carica di frutto, tannino alquanto levigato, morbido e di buona rotondità. Vino di bell’equilibrio.
Aglianico del Taburno Riserva Docg 2011
Tra tutti i vini dell’azienda da sempre preferisco la riserva da uve aglianico. Se l’annata 2010 aveva colpito per l’eleganza mostrata da un calice complesso, con piacevolezza tannica e notevole spalla di freschezza, la 2011 mostra una marcia in più nonostante sia frutto di una vendemmia più critica, segnata da un’annata calda e raccolta anticipata, non sempre buoni indici per le caratteristiche delle uve aglianico. Nel calice il caldo di quell’annata mai si avverte, con la riserva che si mostra addirittura più fresca rispetto alla versione base 2015. In partenza sono vivi i frutti rossi ma emergono subito evidenti le note dell’evoluzione: spezie dolci, leggero fumé, accenni di chiodi di garofano, incursioni piacevoli di cuoio, sbuffi di tabacco. In bocca il vino avvolge grazie al calore dell’alcool e al velluto della trama tannica, prima di lasciare il campo ad un allungo fresco, capace di richiamare fortemente la beva. E, parlando di un vino aglianico, scusate se è poco.
I vari volti del vitigno falanghina
In cantina le uve falanghina danno vita a diversi progetti. In carrellata la degustazione di un Benevento Igp Falanghina Frizzante, una classica (ferma) Benevento Igp Falanghina e poi la linea degli spumanti, con l’etichetta ‘L’oro del Marchese’ (extra dry) e ‘Maleventum (brut). Abbiamo degustato la versione frizzante, dalla beva pronta e piacevole, fresca e frutta e lo spumante ‘Maleventum’, ottenuto con metodo charmat e con lunga presa di spuma, dall’avvertibile crosta di pane e belle note agrumate al naso e dalla bocca fresca e sapida. Interessantissimo alla prova si è mostrato lo spumante metodo classico ancora in fase di affinamento (siamo ora a dodici mesi), prodotto di cui sicuramente sentiremo parlare tra un po’ di mesi. Sul versante degli spumanti metodo classico sono in corso i lavori per ampliare gli spazi sotterranei della struttura, che porteranno a creare un’ampia area dedicata agli affinamenti delle bottiglie.
La Fortezza – Località Tora II, 20, Torrecuso (Benevento) – tel. 0824.886155 – www.lafortezzasrl.it – [email protected]