Villa Dora, sul Vesuvio i bianchi vini invecchiano bene
di Simona Quirino
Ettari vitati: 13
Enologo: Fabio Mecca
Agronomo: Fabio Mecca
Allevamento: tendone vesuviano per le vigne antiche, spalliera per gli impianti nuovi
Composizione chimico-fisica del terreno: vulcanico sabbioso
Esposizione vigne: nord est
Epoca di impianto delle vigne: tra il 1947 e il 2003
Altezza media: 250-350 metri sul livello del mare
Lavorazione del terreno: manuale con protocollo biologico
Concimi: biologici
Conduzione: trinciatura in conversione biologica
Lieviti: indigeni
Mercati di riferimento: nazionale e internazionale
Bottiglie totali prodotte: 70 000
Percentuale di uve acquistate: nessuna
Uve coltivate: Piedirosso, Caprettone, Falangina, Aglianico
Altre produzioni: olio extravergine d’oliva e prodotti cosmetici al vino rosso
La storia
Villa Dora, alle falde del Vesuvio, nasce nel 1997 da un’idea di Vincenzo Ambrosio, “terzignese doc”, come i suoi vini e come ama definirsi. Vincenzo prende spunto dall’attività condotta già nel lontano 1880 da suo nonno, che coltivava i vitigni dei suoi moggi, sopravvissuti a guerre ed eruzioni del vulcano. L’ultima, quella del 1944, ha lasciato tracce ancora visibili nel terreno della villa, pieno di magma e lapilli. Vincenzo li prende tra le mani e li mostra agli ospiti incuriositi che ogni giorno visitano la sua tenuta.
Turisti che vengono da ogni parte del mondo, ma anche visitatori autoctoni, desiderosi di conoscere un pezzo di storia. Questa storia, gli Ambrosio la raccontano attraverso date sulle botti, piante centenarie e vini longevi che accompagnano il lavoro di tre generazioni: quella di Vincenzo, della figlia Giovanna e del nipote che porta il suo nome. Il giovane Vincenzo è ancora al liceo, ma ha già le idee molto chiare su quello che vorrà fare da grande: restare. Non scappare come tutti i ragazzi del paese, ma rimanere a lavorare per la sua terra e per i suoi vini. “Se mi dicono di andare a zappare la terra, mi fanno un complimento”, dice scherzando.
Le vigne
Immerse nel parco nazionale del Vesuvio, le vigne si estendono per ben 13 ettari, mentre altri 9 fanno spazio agli uliveti. Oltre ai vini, infatti, fiore all’occhiello di Villa Dora è l’olio extravergine d’oliva: fresco, profumato, servito su fette di pane che accompagnano ogni tipo di cibo e bevanda. Il 70% del vigneto è coltivato col metodo del tendone Vesuviano, o meglio “pergola”, come preferisce definirlo più tradizionalmente Vincenzo, mentre il restante 30% è composto da filari, soprattutto se si tratta di piante più recenti. Le uve sono quelle tradizionali delle zone vesuviane: falanghina, caprettone, piedirosso e aglianico.
I vini
Il vino prodotto è uno, il Lacryma Christi, ma tante sono le versioni proposte: bianco, rosso, cru e “quotidiano”. Quest’ultimo è un appellativo dato ai vini “Vesuvio” proprio perché possono essere bevuti tutti i giorni, a scanso di dieta, senza però perdere le caratteristiche che dovrebbero avere: mineralità, freschezza e odori fruttati. La loro etichetta è stata disegnata da Vincenzo che, come dice, è stato preso “dalla schizofrenia del produttore”. Sul fondo bianco si delinea una foglia stilizzata con pennellate nere come la cenere, e verdi o rosse a seconda del tipo di vino. Un disegno che ricorda molto quello dell’etichetta dell’olio, opera questa di Salvatore Emblema, amico degli Ambrosio e artista di Terzigno di fama internazionale. Graditi agli ospiti di ogni parte del mondo, invece, sono soprattutto i vini più vecchi, 2001 per i rossi e 2002 per i bianchi. Un merito da riconoscere agli Ambrosio, infatti, è quello di aver conservato vini per così tanto tempo, cosa che, soprattutto al sud, può definirsi una rarità.
Conclusioni
Tutto concentrato in azienda e in famiglia, è questa la filosofia degli Ambrosio che da tre generazioni si dedicano ai loro prodotti. Dal vino, all’olio, fino ai prodotti cosmetici al vino rosso. Verrebbe da dire, per “invecchiare bene”. Ma come si fa ad invecchiare bene? Per Vincenzo senior “bisogna evitare lo stress”, mentre Giovanna, la figlia, dice che bisogna “avere cura di tutto, anche delle piccole cose”. Vincenzo junior, invece, non se lo pone ancora il problema. Tanto, quando si stappa una loro bottiglia, anche la più vecchia, sembra avere ancora tanto tempo davanti. O meglio, sembra non averlo il tempo. Come non lo ha chi lo impiega dedicandosi con amore alle proprie passioni. La loro è il vino.