Villa Diamante, il Fiano biologico artigiano di Antoine Gaita: verticale Vigna della Congregazione 2008-1997
L’avevo già scritto ma lo ripeto Antoine Gaita sta al Fiano come Luigi Tecce all’Aglianico. Viticoltori anarcoidi, testardi, con precisa idea del vigneto, talmente precisa da non inseguire mode e tendenze imposte dall’esterno. Di più, Antoine, insieme a Raffaele Troisi e Ciro Picariello, costituisce il trittico no-winemaker del bianco, e questo non come nota di merito o di demerito, ma semplicemente per dire che bisogna essere molto ingenui, o molto furbi, per definire vigneron chi ha un enologo che vanta una ventina di consulenze nella stessa provincia e compra uva.
Il clima non cambia mai quando si gira in Irpinia in questi mesi: ieri erano 2 gradi a Montefredane, la magica collina dove Antoine è insediato da molte generazioni e da cui il padre era fuggito per cercare lavoro all’estero. Sei gradi in meno di Napoli, media perfetta e sempre mantenuta per tutto l’anno. Ma piove, solo le teste del Terminio e del Partenio sono innevate. Piove, piove troppo. “Forse qualcosa del genere è avvenuta nel 1930 -dice Antoine – per la prima volta devo occuparmi di drenare il terreno argilloso della mia proprietà. Mai successo prima”.
Antoine da due anni ha lasciato il lavoro, adesso si dedica esclusivamente alla sua proprietà in conduzione biologica. C’è passione per l’Irpinia mediata da un approccio al vino di stile francese: concentrazione d’impianto e pienezza nel bicchiere, anche in annate sottili come la 2004 e, soprattutto, la 2002. Oggi è di moda far stare il vino bianco sulle fecce, Antoine è stato il primo a farlo in Irpinia nell’era vitivinicola moderna, quella post-metanolo. Ma, a parte questo, interventi ridotti al minimo da sempre: sosta in acciaio e in bottiglia e poi, ovvio, uscire sempre con un anno e mezzo di ritardo per cui la 2009 arriverà in commercio al Vinitaly di aprile. La vigna, dice Antoine affiancato dalla moglie Diamante, anche lei figlia di emigranti, è solo la mediazione tra il suolo e la bottiglia: “La capacità di un buon viticoltore deve essere quella di trasferire il terreno nel bicchiere, perché quello nessuno ce lo può rubare”.
Come li proviamo? Uhm, vediamo un po’: non certo secondo il solito ordine cronologico a salire o a scendere, ma cercando di capire l’anima delle annate.
Vigna della Congregazione 2008 Fiano di Avellino docg |Voto 95/100
L’ultima annata in commercio, nuovo tappo da invecchiamento, ha già acquisito la sua complessità. Forse il vino più anomalo che abbia fatto, spiega Antoine. E infatti c’è una polpa di frutta gialla ben evidente, croccante si direbbe, immersa in un contesto di note balsamiche, e poi un accenno di fungo e di fume, due marker che ritroveremo ovunque e sempre in questa nostra piacevole viaggio nel tempo. In bocca l’acidità è tagliente, si impone in modo deciso, al limite della scissione gustativa, tenuta a freno dall’alcol e della materia prima. Non è un vino ciccione, gli estratti viaggiano sempre intorno quota 21,22, dunque ben lontani da quelli del Greco di Tufo attestai in genere dai 25 anche a salire, ma è tonico, scattante. Ci ritroviamo poi improvvise anche note di pasta di mandorla non zuccherina. La concentrazione di cui ci ha parlato Antoine la ritroviamo soprattutto nel colore, un giallo paglierino carico, sempre molto brillante.
Vigna della Congregazione 2004 Fiano di Avellino docg |Voto 93/100
Tocca poi alla 2004, di cui ci colpisce la perfetta integrità con note agrumate leggermente in primo piano rispetto alla precedente, uno splendido corredo di macchia mediterranea nel finale e ovviamente a bicchiere vuoto. In bocca l’acidità è vibrante, si fa carico di un’annata giusta giusta per i bianchi, non è un vino magro ma sottile: tutto il palato è alla fine occupato ma ci si rende conto di una progressione più lenta, quasi faticosa. Una volta completata questa fase, il vino inizia a rimandare i sentori vissuti con il naso con decisione. Impressionante in questo caso la persistenza oltre che l’intensità. Ci ritroviamo in quello che abbiamo scritto qualche mese fa e che ritroverete cliccando sul neretto.
Vigna della Congregazione 2005 Fiano di Avellino docg|Voto 88/100
Confesso di non essere anora riuscito a decifrare questa annata, né per i rossi e tanto meno per i bianchi. Rispetto alle sorelline 2006 mi sembra sempre che stia un passo indietro soprattutto in termini di complessità, quasi sempre un po’ monocorde. Avvertiamo in maniera preponderante il fumé con lievi rimandi alla frutta bianca e all’agrume. Benissimo il corpo, pieno e snello grazie alla consueta acidità. Il vino si completa con un buon corredo di zafferano, salvia, menta fresca, lungo e intenso. Sono convinto che forse questa è l’annata più inespressa da cui ci possiamo aspettare ancora molto di più nel prossimo decennio. E quanto lavorano bene i tannini in questo bicchiere! Sì, avete capito bene, i tannini.
Vigna della Congregazione 2003 Fiano di Avellino docg. Voto 91/100
Annata calda? In questo capolavoro enologico lo capisce dalla nota di frutta piena con note appena candite e di pasticceria e dall’acidità perfettamente integrata nel corpo, pieno, voluminoso, intenso e persistente. Per Diamante è questa l’annata preferita e d’ora in avanti se la conserva nel bicchiere sentendo le successive da quello di Antoine. Da questo capiamo la lettura di stile francese che il nostro amico viticolture ha in testa: frutta, sapidità, note fumé, sottobosco e, ancora a bicchiere vuoto, la macchia. Un vino in pieno equilibrio, maturo, da bere in questi periodo in cui forse ha raggiunto il nadir anche se ho capito che con il Fiano non si può mai dire, la grandezza di questa uva è proprio nella sua capacità di elevarsi con il passare degli anni. Lo riteniamo assolutamente competitivo anche se, nostro gusto personale, continuiamo a preferire il 2008 in prospettiva.
Vigna della Congregazione 2006 Fiano di Avellino docg 89/100
Questa è sicuramente millesimo per chi ama i vini senza corredo fruttato, giocati cioé su acidità, sapidità, mineralità. Per capirlo, sulle note rimandiamo alla scheda di appena un anno fa, bisogna aver bevuto molto. E’ forse questo il Fiano meno Vigna della Congregazione di tutti per quanto paradossale possa sembrare questa affermazione. Molto più vicino, ad esempio, al 2006 di Ciro Picariello che alle altre annata create da Antoine. Qual è il limite di questa strada? Probabilmente il fatto che non possiamo aspettarci una ulteriore evoluzione, ma soprattutto la tenuta. In poche parole ha una velocità di crociera ormai raggiunta, ma anche un’autonomia infinita. Tra dieci anni sarà ancora così, ci potete scommettere. Se amate vini essenziali, diretti, senza fronzoli, senza neanche le ruffianerie di cui il Fiano è naturalmente capace, ecco la vostra bottiglia.
Vigna della Congregazione 2007 Fiano di Avellino docg |Voto 82/100
“Ho capito l’errore che ho fatto” dice Antoine. Dopo la svinatura ho aspettato troppo tempo per l’imbottigliamento. L’incidente olfattivo che declina verso l’ossidazione conferma la mia antipatia verso questa annata che non riesco a sopportare: bianchi piatti e rossi fruttati e palestrati. Poi magari, chissà, staremo a vedere. In bocca però si difende bene, è ben fresco e a posto in tutti i suoi parametri. Che dire? Bevetelo e finitelo subito.
Ne approfittiamo per completare il quadro con le le note di
Vigna della Congregazione 2002 Fiano di Avellino doc
Vigna della Congregazione 1998 Fiano di Avellino doc
Vigna della Congregazione 1997 Fiano di Avellino doc
Il Fiano di Antoine è alto artigianato, ha il difetto di costare troppo poco: 12 euro franco cantina non possono assolutamente valorizzare l’emozione, la complessità, la tipicità che diventa unicità, della migliore espressione del migliore territorio su cui è coltivato il Fiano di Avellino. In questa collina sempre immersa nella nebbia e dal freddo per gran parte dell’anno, circondata da boschi, davvero si realizza la magia del bianco irpino.
Se davvero dovessi consigliare un investimento del tempo, il Vigna della Congregazione è quanto di meglio ci possa essere, in questo momento, per gli amanti dei vini bianchi da invecchiamento. Nessun ristoratore che ambisca ad avere una cantina italiana può farne a meno.
Sede a Montefredane, Via Toppole
Tel. 0825.30777, fax 0825.22920
Email: [email protected]
Enologo: Antoine Gaita
Bottiglie prodotte: 10.000
Ettari: 3,5 in agricoltura biologica
Vitigni: fiano
5 Commenti
I commenti sono chiusi.
Eccetto che per la 2007, incidente di percorso per un banale errore, tutti stupendi!!!
@ francofili : questo è uno dei casi in cui l’Irpinia è molto vicina alla Francia… ;-))
che personaggione. ha un che di magico, di alchemico il suo approccio. non ha nulla a che spartire né con gli ultra naturalisti, né tantomeno coi modernisti iperestrattori iper tecnologici. il suo è davvero un approccio da land-artist: artista della terra. non vigneron, no no: lui sperimenta! ma nemmeno artista, no no: lui mette davanti il terreno.
ripeto, è un approccio di tipo creativo da un lato (libera interpretazione dell’uva, annata dopo annata) a cui fa però seguito un approccio terricolo, di amore per la zolla argillosa, per la linfa che c’è nel frutto-fiano.
il prodotto rispecchia questa anomalia, questa che sembra anarchia ma in realtà è quasi una forma di primitivismo, di riconoscimento religioso del fattore naturale, e, insieme, espressività, bisogno di comunicare il suo punto di vista, costi quel che costi.
bIOLOGICO????? IN COSA???NELLA SCELTA DEI LIEVITI SELEZIONATI?????O NEI TRATTAMENTI IN VIGNA??NON HO CAPITO….
non ho ben capito l’introduzione:no-winemaker vuol dire che il signor Gaita non è un enologo e quindi ha un enologo oppure non ha un enologo perchè egli fa l’enologo del suo vino;
per Lucio: si spieghi meglio.grazie.
un’aura d’indefinibilità è la cifra dello stile di villa diamante: impossibile da rinchiudersi in un tag: il percorso così tortuoso di questi fiano lo dimostra