Vigna dei Russi 2006 Aglianico Paestum igt
COBELLIS
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Parallelamente alla rinascita della viticoltura campana, anche il Cilento negli ultimi anni ha vissuto la sua palingenesi, il suo radicale rinnovamento che lo ha condotto in poco tempo ad una completa e positiva trasformazione. Sono sorte, infatti, molteplici aziende che hanno rivoluzionato tutto il comparto vitivinicolo.
Tanto è vero che l’enologia cilentana, improntata ad un management serio e propositivo, in poco tempo è diventata terreno fertile per la produzione di vini eccellenti, che hanno conquistato i mercati regionali e nazionali.
Tra queste nuove realtà emergenti si trova ben collocata l’azienda Cobellis di Vallo della Lucania, che soltanto dal 2004 ha spiccato il volo, sotto le direttive del valente enologo toscano Lorenzo Scotto. Il patron Massimo Cobellis è un giovane dalle idee chiare e concrete. Gestisce con i suoi collaboratori una vasta proprietà agricola di 300 ettari, posizionata interamente sui dolci declivi, che dalle prime propaggini del monte Gelbison si stende languidamente, come una donna nel suo letto, fino alla frazione Pattano.
Qui si coltivano tutti i prodotti della terra e, soprattutto, olivi centenari, dai quali si ricavano ottime olive da frangere nel frantoio di proprietà di famiglia per un olio extravergine superlativo. Si allevano anche animali domestici come bufale, mucche, pecore, capre, maiali e cavalli. All’interno di questo vasto territorio è stato avviato recentemente un vigneto di 12 ettari, che comincia a dare buoni frutti. E così vengono prodotti ottimi vini, tra i quali il migliore è sicuramente il “Vigna dei Russi Paestum igt”, un full di Aglianico.
Ed ecco allora che, come i Nostos omerici, ritornano per similitudine le affinità e le analogie col mondo greco classico. Non si può negare, infatti, che l’Aglianico (Vitis Hellenica) sia di estrazione greca, importato sulle coste campane dai coloni Tessali (gli stessi del “Vinum Album Phalangium”).
La località Vigna dei Russi, che dà il nome al vino in questione, ha una buona esposizione a sud-ovest, posizionata su un terreno franco-argilloso, con lieve presenza di scheletro. Il sistema di allevamento è quello classico di cordone speronato basso. La vendemmia viene effettuata solitamente nella seconda settimana di ottobre, con l’uva nel pieno della sua maturità e, quindi, ricca di zuccheri, tanto che dopo la vinificazione e la fermentazione, il vino acquisisce una gradazione alcolica intorno ai 15 gradi!
La macerazione avviene in vasche d’acciaio termocondizionate per 21 giorni e l’affinamento viene completato in barriques di rovere francese nuove di primo passaggio per 12 mesi ed altri mesi ancora in bottiglia. Siamo quindi a livello di un buon AOC bordolese. Il millesimo 2006, che è stato assaggiato, si presenta nel bicchiere con una veste rosso rubino, tendente al granato, lampeggiante e luminoso.
L’effetto “Marangoni” si fa notare con una marcata consistenza sulle pareti del bicchiere, per la forte carica alcolica e glicerica. Al naso svela subito i suoi aromi prorompenti ed eleganti di frutta rossa ben matura, come i lamponi e le ciliegie, con nuance calibrate ed accattivanti e sfumature balsamiche di vaniglia e tostatura. Le note fruttate vengono richiamate subito al palato e regalano sensazioni gustative piacevoli e molto persistenti, con aggiunte percettive di pepe, prugne e liquirizia e con un finale caldo, speziato, corposo ed equilibrato, in cui i tannini si sono dolcemente fusi e stemperati. In ultimo, proprio nella fase di retrogusto, una sottolineatura di un lieve tono amarognolo per niente fastidioso. Anzi, capace di dare l’ultimo tocco di classe, come un’imprevedibile stoccata di fioretto di un elegante spadaccino. L’abbinamento classico prevede formaggi stagionati, come il provolone del Monaco, il caciocavallo silano, oppure grana; selvaggina, carne alla brace, agnello al forno con patate e ragù peppiato.
Un’ultima nota, a proposito di questo vino. Qualche mese fa l’ho presentato in una serata di degustazione all’enoteca, wine-bar “Sogno di…vino” di Gallarate: i consensi unanimi, nell’occasione, sono stati entusiastici. Successivamente ho replicato la serata di degustazione, questa volta alla “cieca”, presso l’enoteca “Rossodisera” di Busto Arsizio, a confronto con bottiglie di ottimi Taurasi. Ebbene, il “Vigna dei Russi” è uscito netto vincitore di questa sfida fratricida! Chapeau!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Azienda Agricola Cobellis – Sede a Vallo della Lucania, località Prevetelupo, frazione Pattano. Telefono e fax: +39 0974/78955 – www.aziendaagricolacobellis.it – [email protected] – Enologo Lorenzo Scotto – Ettari di proprietà 300, di cui 12 vitati. Bottiglie prodotte circa 20.000 – Vitigni: aglianico, barbera, sangiovese, fiano, coda di volpe, trebbiano e malvasia.
18 Commenti
I commenti sono chiusi.
Enrico, bella l’ immagine di ” una vasta proprietà agricola di 300 ettari, posizionata interamente sui dolci declivi, che dalle prime propaggini del monte Gelbison si stende languidamente, come una donna nel suo letto, fino alla frazione Pattano”, ma questo non ti esime dal solito richiamo amicale . Non c’è verso!!! Come dicono in Toscana. Per quanto cerchi di spiegartelo ci ricadi sempre!!! Sarà per il tuo spirito di giovane ventenne, ma ti voglio ricordare che anche se non li dimostri, di anni ne hai trentadue e” vabbè” che sei cilentano fino al midollo, e ” vabbè” che “anche il Cilento negli ultimi anni ha vissuto la sua palingenesi”,
ma a continuare a paragonare le carote con le cipolle, sa di diabolico. Ancora una volta non discuto la qualità delle uve cilentane, questa volta parliamo di aglianico, ma l’aglianico di Taurasi è un’altra cosa.
A cominciare dai cloni che hanno un DNA diverso (l’aglianico di taurasi originario nella pigna ha sempre quell’acino verde che non matura mai), per poi parlare del terroir che è completamente diverso dal cilentano.
Tant’è che i 15° di tenore alcolometrico che tu indiscriminatamente assegni al “Vigna dei Russi” a prescindere dalle annate, il Taurasi li raggiunge solo in qualche caso, ma poi chi l’ha detto che la forte alcolicità di un vino debba essere per forza un elemento positivo? E se poi vuoi proprio che te la dica tutta, a mio modesto avviso, parte del territorio cilentano è deficitario di escursioni termiche che sono in diretta correlazione con i profumi del vino…Perciò questa sfida che tu definisci “fratricida”, per me tutt’al
più tra cugini di 2°grado, ” non s’aveva proprio da fare”. Per curiosità, Enrico, per quale squadra di calcio
tifi? Per quale squadra di basket, per quale squadra di pallavolo,per quale squadra di…
Un forte abbaccio.
Impagabile Lello, nonostante tutto, è molto gratificante per me questo nostro reiterato confronto-scontro sulle grandi potenzialità dei “nostri” vitigni autoctoni. Dopo il Fiano, ecco adesso l’Aglianico. Due piccole premesse in proposito. Primo: tutto quello che scrivo è sempre veritiero, documentato ed accertato. Secondo: il Taurasi è il miglior vino rosso da uve autoctone di tutto il Mezzogiorno, secondo me. Punto. Detto questo, comunque, non mi spiego perché ti ostini a a non voler considerare altre alternative valide di diversi territori, non necessariamente in contrapposizione con quello irpino. Lo ripeto per l’enmnesima volta: il Fiano di Avellino e il l’Aglianico di Taurasi sono irraggiungibili, ma permettimi di dire che, sempre in alternativa, un Naima, un Cenito, un Respiro, un Pietraincatenata, un Valentina, un Perella, un Antece un Vigna dei Russi ed altri ancora sono comunque degi ottimi esempi territoriali. Ed è vero al 100% poi che il Cilento negli ultimi anni ha fatto passi da gigante sulla strada del miglioramento vitivinicolo, proprio grazie ad alcuni grandi interpreti locali, già ampiamente citati da me. Qui non si ha nessuna pretesa di arrivare ad un confronto fratricida, si afferma solo che i vini cilentani sono sulla buona strada e che, in alcuni casi, possono competere con tutti gli altri regionali. Devo poi contestarti il fatto che qui nel Cilento non ci sono escursioni termiche e, quindi secondo la tua teoria, non si innescherebbero quei profumi nel vino. A parte il fatto che questo problema riguarda soprattutto i vini bianchi. più che i rossi, ti posso assicurare, comunque, che quasi tutta la viticoltura cilentana si produce in collina, anche ad altezze superiori ai 400-500 metri. Ed in più, tieni presente, che quasi sempre le viti si avvalgono di brezze marine, così indispensabili per evitare muffe, pioggia stagnante ed altro. E’ vero che che un alto grado alcolometrico non è indice di assoluta qualità, ma sicuramente, e questo me lo puoi insegnare, aiuta i vini ad esprimere carattere, corposità e personalità. La mia squadra del cuore è il Napoli (non dimenticare che i natali li ho avuti proprio nella città partenopea). Vorrei invitare tutte le persone esperte, specialmente i produttori cilentani, ad esprimere un giudizio su questa blanda diatriba. Hoc erat in votis! Ti abbraccio fraternamente. Ah dimenticavo. Alla fine di tutto, il confronto vero lo ha vinto purtroppo il Petrus che vedi fotografato nella mia mano sinistra… Ciao.
Su questi dati pedoclimatici, avrei qualcosa da obiettare…
Tifi per il Napoli? Pensavo per… la Cilentana! Ancora una volta, hai innestato velocemente e magistralmente la retromarcia… Tu replichi : “Qui non si ha nessuna pretesa di arrivare ad un confronto fratricida”, ma intanto lo hai fatto e ne hai pure riportato i presunti esiti!!! Lungi da me dal contestarti gli enormi miglioramenti della viticoltura cilentana, frutto della serietà e della professionalità dei suoi produttori, molto spesso impegnati quanto e forse più di alcuni dell’Irpinia, ma il nocciolo della questione è sempre lì : sono due cose diverse!!! Ed in seconda battuta, ma solo in seconda battuta, ti do atto che lo riconosci sempre. Non c’è niente da fare, è la l’esuberanza dell’ “animus” che ti porta a ciò, d’altronde cosa ci si può aspettare da un trentaduenne che ha lo spirito di un ventenne? Per ciò che afferisce alle escursioni termiche, anzitutto ti invito a rileggere il mio commento, potendo così verificare che ho scritto “parte del territorio del Cilento” e poi, sempre a mio modestissimo avviso, esse influenzano i profumi nel vino sia per le uve bianche che per le rosse. Questa cosa del Petrus proprio non la capisco : ma come fai tu, accesissimo tifoso degli ” Chateau Cilentani” solo a tenere in mano una bottiglia di Petrus?
Au revoir
Riprendiamo dopo la pausa pranzo. Avevo invitato prima ad un pronunciamento ii produttori cilentani, ma si vede che sono in altre faccende affaccendate e non hanno tempo da sprecare. Maffini glissa, De Conciliis è in Portogallo, Rotolo è timido e non si espone, Botti sonnecchia, Cobellis ha altro per la testa, Barone si accontenta del poco, Marino non ha interesse, Di Bartolomeo pensa più alle marmellate che ai vini, Di Polito non ha tempo. Potrebbe intervenire Tony Vicidomini (non è un produttore, ma un grande esperto locale), ma preferisce l’anonimato, oppure il nostro carissimo Luciano, il quale è filo-cilentano e conosce anche meglio di me la realtà locale, ma forse è troppo impegnato. E allora, caro Lello, fino a che ci sarà del tempo,mi sa che la palla ce lo dobbiamo passare solo noi due. A me, questa cosa non dispiace affatto. D’altronde non si sente nemmeno Maffi, solitamente così attento, presente e preciso, Mah.. Per non tediare troppo il vasto uditorio ti dico solo poche cose. Primo: io nasco come cronista sportivo, alle dipendenze nientemento del grande Antonio Ghirelli e poi di Antonio Scotti, e Ciro Buonanno. Quindi conosco bene il calcio e poi, te l’ho detto sono nato a Napoli. Per quanto riguarda poi il Petrus, cioè il miglior vino di Merlot del mondo, tieni presente che io non mi interesso soltanto di vino cilentano o irpino, ma mi picco di conoscere un pò anche la vitielogia francese. Un piccolo inciso in proposito, che magari potrebbe stuzzicare all’intervento anche il grande GdF, gli antichi Romani ,che colonizzarano quasi tutta la Francia vitivinicola, impiantarono le prime viti nel bordolese nel territorio di Boug e Blaye, sulla sponda destra della Gironda, e per passaro poi nell Libounais, dove a Sant-Emilion esiste ancora uno Chateau che si chiama Ausone, dal nome del poeta romano Ausonio, oltre che altri due famosi Chateau chiamati Cheval-Blanc e Figeac. E con questo ti saluto affettuosamente.
Dico la mia:L’irpinia ha fatto la storia del vino campano ma il cilento ha per me suggestioni impagabili.Lo so,qualche mal pensante potrebbe pensare che dico così solo perchè legato ad una bella cilentana ma l’emozione che si prova sorseggiando un fiano locale al tramonto guardando la torre di Velia colpita dagli ultimi raggi di sole non ha prezzo.Il cilento inoltre è scoperta,dei produttori irpini si è detto quasi tutto mentre quelli cilentani ancora riservano sorprese.Certo il margine di miglioramento è molto e ancora in media non si è arrivati ai livelli irpini.Concludo dicendo che paragoni non se ne possono fare,è come mettere a confronto un pur ottimo maiale bianco con il mio piccolo pelatello,non c’è battaglia………chapeau!!!!!!!
Ho trovato finalmente un alleato in questo contenzioso irpino-cilentano, il quale ha saputo pure cogliere l’attimo fuggente, cioè ha descritto meravigliosamente la location asceota della torre di Velia (l’antica Elea fondata dai Focesi). Grazie Marco, sei un amico. Anche Lello, però, nonostante tutto, è un vero amico. Vuol dire che sarò lieto di ospitarvi entrambi a casa mia per un tour tipicamente cilentano, con tanto di fusilli, castrato e aglianico va bene? Naturalmente è invitato pure il nostro caro anfitrione Luciano e qualcun altro… Con molto affetto.
iO CI SARO’.ADORO IL CILENTO E LA SUA CUCINA.A QUANDO VUOI :-D
P.S
ENRICO MA DI DOVE SEI?IN UN TUO POST DICESTI CHE ANDAVI AL MARE AD ASCEA,SEI DI Lì?
Breve storia della mia vita per Marco ed altri… Nato a Napoli alcuni anni fa. Studi classici in provincia di Pisa. Soggiorno in Francia per poco tempo. Ritorno a Napoli, dove ho lavorato nel giornalismo. E poi la svolta definitiva: trasferimento nel Cilento per lavoro di tutt’altro genere, insieme con mia moglie. Colpo di fulmine, innamoramento di questi luoghi fantastici, figli e bla…bla…bla…
“Nato a Napoli alcuni anni fa” (quanti? Trentadue o trentaquattro?). Allora sei figlio adottivo del Cilento?
Ancora una volta, alla luce di ciò, devo rilevare che il tuo amore sconfinato per questa terra ti fa molto onore!!!
Enrico non ti chidevo dse eri di Ascea per farmi i fatti tuoi ma perchè poichè io sono lì dalla ragazza quasi tutti i week end ti portavo ad assaggiare una bella bottiglia magari di birra di Simone.L’hai mai provata?
Lello sei sempre molto gentile nei miei confronti. Si vede che hai un animo nobile ed altruista. Vuoi sapere la mia età. Ebbene te lo dico (tanto potrei essere tuo padre) ho da pochi giorni compiuto 63 anni, anche se ne dimostro 33 0 333. Va bene.? Leggi il prossimo mio post, sono sicuro che ne innamorerai.
Qualche cilentano verace potrebbe anche farsi sentire, però. Cari abbracci.
@Mauro non ho capito bene il tuo intervento. Ce l’hai con me o con Lello?. Potresti gentilmente spiegarti meglio? Grazie.
“che quasi tutta la viticoltura cilentana si produce in collina, anche ad altezze superiori ai 400-500 metri”
Sono ben poche le vigne che arrivano a quelle quote altimetriche anche quando si trovano in comprensori come quello di Aquara, uno dei paesini più in alto. La maggior parte delle vigne non si allontana mai troppo dalla costa e le quote altrimetriche vanno dai 30 metri ai 300 nella gran parte.
“Devo poi contestarti il fatto che qui nel Cilento non ci sono escursioni termiche e, quindi secondo la tua teoria…”
Ovviamente non esiste territorio dove non ci sia una differenza di temperatura tra giorno e notte, ma stando ai dati dell’unica stazione metereologica, quella di Stella Cilento, l’escursione termica non è elevata, anzi, sotrattutto negli ultimi anni.
Sono d’accordo con Lello di non mischiare carote e cipolle.
Ciò non vuol dire che non ci siano buoni vini nel Cilento.
Se hai piacere (anch’io sono un partenopeo con seconda “casa” nel Cilento) sul sito dell’Acquabuona trovi un lungo reportage diviso in due parti dove è possibile approfondire il discorso con un buon numero di dati.
Ciao, buona domenica.
Caro Mauro, ti ringrazio per il tuo preziosissimo e specifico contributo dato a questo post. Ti premetto che sono andato a leggere con molta attenzione il tuo articolo apparso sulle pagine web di Acquabona e devo dirti che l’ho trovato sinceramente interessante, istruttivo ed esauriente. Permettimi comunque di esporti alcune precisazioni in merito. Tralasciando la viticoltura di montagna a livello nazionale che può superare anche i 1200 metri di altezza, come nel caso del vitigno Prie’ della Valle d’Aosta, col quale si ricava il vino Blanc de Morgex et la Salle e addirittura questa quota viene superata in certe zone della Valtellina e nell’Alto Adige a volte siamo sui livelli intorno ai 1000 metri, riferiamoci al nostro caso. Probabilmente ho torto io quando affermo che “quasi tutta la viticoltura cilentana si produce ad altezze anche superiori alle 400-500” Diciamo che una fetta di questa produzione può raggiungere e superare questa altezza, anche perchè – e tu me lo insegni senz’altro – i discipinari Doc Cilento e Igt Paestum contemplano alcuni comuni cilentani che sono posti ad altezze anche superiori a questa quota. E’ il caso del comune dove abito io, cioè Novi Velia, che si trova sui 700 metri s.l.m. e ti posso assicurare che qui la viticoltura, non al massimo, è comunque praticata. Ci sono poi anche altri comuni inseriti nei due disciplinari suaccennati che superano questa quota. Ti posso anche assicurare, a proposito delle escursioni termiche, che qui da noi questa differenza si sente abbastanza. Tanto è vero che in pieno luglio, di notte sono costretto a coprirmi con la coperta. D’altra parte tu stesso affermi che “nei primi tre mesi dell’anno la temperatura scende sotto i dieci gradi”. Ti invito, cortesemente, a leggere il mio prossimo post – se Luciano mi concede spazio e avrà pazienza di sopportarmi – nel quale si potrà leggere una diretta testimonianza di un illustre produttore cilentano, proprio a proposito della sua preferenza di impiantare vitigni ad alta quota. Con affetto e stima ti abbraccio. Enrico.
Con piacere, anche perchè è proprio in quella direzione che bisogna andare: ossia siti a quote più alte ed esposizioni più adatte. Un abbraccio.
Scusa Marco, non avevo notato il tuo ultimo intervento in data odierna (direbbe Totò). La birra di Simone non l’ho mai assaggiata. Facciamo così, ti lascio il mio indirizzo di posta elettronica e così mi fai sapere quando sei da queste parti: [email protected]. Ti abbraccio.
ok.a presto allora :-D