Vico Equense, Torre del Saracino. I nuovi piatti di Gennaro
Mi sento talmente a casa mia da Vittoria e Gennaro da programmare un pranzo veloce domenicale prima di recarmi al lavoro, per la disperazione dei sommelier che oltre un bicchiere di Fiano di Antoine Gaita e una bollicina di Tasca non sono potuti andare.
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Per cui questa non è una recensione/ispezione, ma un modesto aggiornamento giornalistico della migliore cucina del Sud, tra le prime in Italia e in Europa. Ove siamo venuti per mangiare alla carta provando le novità, con rimpianto per portate a noi care lasciate nel menu.
La sintesi che vi vorrei rappresentare è questa: i piatti dei fuoriclasse si distinguono subito da quelli buoni perché sono essenzialmente semplici nel risultato finale, facilmente leggibili da chi li prova e, sopra ogni cosa, maledettamente dinamici nel palato.
Direi che l’acido citrico è l’arma segreta di Gennaro, segna il suo menu come il limone il panorana rurale della Penisola Sorrentina, il suo cibo rappresentato graficamente è una freccia, gli altri a compensazione un cerchio, nella migliore delle ipotesi un ovale.
Prendiamo questo piatto: il richiamo internazionale è ovviamente il fish and chips, chiunque lo riconosce. Poi c’è il cefalo, il pesce povero che le nostre mamme ci obbligavano a mangiare da piccoli e che ancora oggi costa nulla nei mercati rionali. Il colpo di genio, oltre la leggera affumicatura, è il cenno proustiano di insalatina di rinforzo, altrimenti Saclà per chi è nato negli anni ’60 e ’70, con cavolfiore e peperone sottoaceto che mentalmente richiamano la vigilia di Natale, praticamente regalano una spinta sensazionale ad un piatto che altrimenti sarebbe buono ma pericolosamente stopposo tra grasso del pesce azzurro e patate. Invece lo mangi e maledici perché è finito subito.
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Stesso discorso con il Benvenuto, dove la verza sarebbe preponderante. Ma è fresca e croccante ed è aiutata dal limone oltre ad essere impreziosita con miele diluito.
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Gennaro non cerca la piacevolezza rotonda nel piatto, ma costringe ad una forte accelerazione verso un tema unico dominante, a volte spiazzante senza gigioneggiare nel virtuosismo. Punta su una materia e ci costruisce la trama senza mai perderla di vista e soprattutto senza l’ossessione della compensazione. Questo è il motivo per cui i suoi piatti decollano e i pesci continuano a nuotare quando ve li servono a tavola.
In questo antipasto l’acidità è chiesta alla pesca nettarina, biodiversità dei Monti Lattari in un tripudio dolce di consistenze con il debole richiamo alla serietà, inascoltato, da parte del pesto. Un modo per risolvere la banalità del foie gras, anche con chi, come me, ne è ghiotto.
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Anche qui è la sublime salsa di pomodoro fresco a regalare dinamicità. Complessivamente il piatto meno riuscito della giornata: tutti gli elementi molto buoni, ma sostanzialmente slegati fra loro e senza trama.
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Tra gli altri antipasti (25-30 euro): la mitica zuppa di tarallo di Agerola con conserva di pomodoro e varietà di pesce azzurro, alici in tortiera con crema di burrata e broccoli calabresi, il polipo verace arrostito con carciofi dorati.
Tra i primi (tra i 24 e i 28 euro), saltiamo il risotto con i fichi secchi del Cilento e baccalà confit che abbiamo provato nella serata a quattro mani con Paolo Barrale e, molto a malincuore, la minestra di pasta mista con ragù di pesci di scoglio che da sola vale il viaggio.
Vi segnaliamo i paccheri di Gragnano con ragù di polpessa e broccoli, il timballo di ziti con ragù napoletano, i fusilli di Gragnano con vongole, carciofi e guance di pesce.
Grande primo della tradizione campana pasta più pesce azzurro (leggi spaghetti con le alici). Cottura della pasta semplicemente da manuale, il pesce cammina con la spinta del limone ed è ingentilito dal finocchio. Da mangiare nella zuppiera.
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Questo è un piatto destinato a dividere. Il protagonista vero è l’ortaggio, il mollusco fa da spalla. Perciò, se siete patiti delle ostriche mangiate senza neanche il limone è meglio che non vi avvicinate. Ma se siete amanti della pasta con i cavolfiori, propileo napoletano servito in genere con abbondante formaggio, fatevi sotto con il mestolo. La stopposa pesantezza dell’ortaggio, anziché essere risolta dal pomodoro come si fa nelle case, o inchiummata ancora di più con il formaggio, è risolta dalla sapidità salmastra dell’ostrica appena scottata dal calore della pasta. Uahuuuuu
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Grande conoscenza della materia prima campana, piatto di mestiere
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A me sono toccate le triglie. Mio padre che ne era goloso avrebbe apprezzato questo piatto. E’, infatti, un piatto di pancia, non cerebrale. Direi classico vissaniano.
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Per i secondi segnaliamo la triglia ripiena di gamberi, la spigola cotta e cruda, la frittura di pesce, o, per le carni, l’agnello laticauda con parmigiana di carciofi, la variazione del ragù napoletano, la zeppola di coniglio al miele di rosmarino. Dai 25 ai 28 euro.
Questo è un grande dolce e ve lo consigliamo, una discesa negli inferi della piacevolezza ben sostenuta dalla gelatina di limone. Freschezza e piacere
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Avrete poi il pralinato di mandorle, il babà con crema pasticcera e fragoline di bosco, il millefoglie di miele con frutto della passione, sorbetti e gelati a volontà. A 12 euro.
In carta, tra gli altri, anche quelli di Capolino Perlingieri di Castelvenere e Russo di Vico Equense.
Della carta dei vini ho poco da aggiungere a quanto detto in più occasioni: tutto, ben approfondito, ricarichi onesti. Gennaro, oltre i sommelier di sala, è uno attento e che gira molto. E si vede.
Ora due note personali per chiudere. Il piacere di ritrovare Gianni Piezzo, grandissimo sommelier, amico dai tempi della Cantinella a Napoli di cui avremo modo di parlare a breve
E poi…vabbé. Vi confesso il mio personale conflitto d’interessi.
Me ne sono andato portando con me…
Nuova dop della Campania, coccolato dalla condotta Slow Food dell’Agro Nocerino Sarnese. Con un filo d’olio e il pane cafone di San Sebastiano è la fine del mondo
Ora scoppierà il cipollotto- gate :-)
Due menu degustazione
Proposta di Ciro, con tre piatti, dolce e selezione di formaggi a 80 euro
Proposta di Salvatore, cinque piatti più il dolce a 100 euro
Alla carta sui 120 euro al massimo
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
DICO …. MA SEI SERIO O COSA ?!!!!!!!!!
ERA ORA posto squallido. CUCINA squallida
pesce vecchio – frutti di mare che sanno di lago o fiume ( da nausea per una che compra il pesce ed altro solo se vivo e profumato “di mare “) a causa di un ristagno in acqua di acquario ( quello presente all’entrata del locale subito dopo la porta a destra )
LUNA GALANTE : IDEM .
mi sento di dissentire dall’opinione di cui sopra che oltretutto manca del minimo rispetto per il lavoro altrui.Si può criticare ma in modo più signorile,soprattutto in modo meno astioso.Di Era Ora non conosco la cucina ma potrei parlare della bella persona del titolare Parisi,di Luna Galante conosco la ricerca della materia prima tra cui gli ottimi pomodorini Corbarini di “I sapori di Corbara”con cui preparano lo scarpariello,piatto simbolo del locale.E giusto per restare in tema,sono gli stessi pomodorini che usa il mitico Gennarino Esposito.Un singolo piatto poi può piacere o meno ma nell’esprimere giudizi negativi così drastici credo ci voglia molta più prudenza.