Viaggio nel Piedirosso di Grotta del Sole
di Angelo Di Costanzo
Da sinistra: Francesco "Piccolo", Tommaso Luongo, Francesco "Grande", Marco Starace e Angelo Di Costanzo
Aspettando la due giorni di Battipaglia… Il vino, ah il vino. Uno dei fattori per i quali certi vini possono risultare sorprendenti è sicuramente l’imprevedibilità della sua evoluzione, elemento spesso imponderabile prima della sua degustazione che può delineare un confine di demarcazione facilmente traducibile in una grande emozione o in una grande delusione. Di vino si parla tanto, qualche volta troppo e spesso la critica che ne segue sia essa propositiva o negativa non nasconde lacune e limiti legati a preconcetti che conducono di sovente a conclusioni affrettate e (peccato veniale, nda) non di rado ciò capita senza nemmeno aver ben ficcato il naso nel bicchiere. Qui, dietro l’angolo, la forza imprevedibile dell’evoluzione in bottiglia, l’attimo che stravolge le ferree convinzioni che vogliono il Piedirosso come un vitigno minore, anzi “ il fratello minore”. Potenza di Facebook, con Francesco Martusciello Senior, abbiamo messo su in quattro e quattr’otto un panel di degustazione verticale di Piedirosso dei Campi Flegrei in quel di Cantine Grotta del Sole a Quarto. Un giro di sms era d’obbligo per invitare chi per competenza e quotidianità potesse avere un occhio benevolo all’iniziativa, quindi superate un paio di defaiance dell’ultimora ci siamo ritrovati intorno ad un tavolo, il sottoscritto, Marco Starace (delegato Ais Ischia) e Tommaso Luongo (delegato Ais Napoli) con il supporto tecnico di Francesco Martusciello Junior e Commerciale di Salvatore Martusciello. La mezza maratona ci ha messo di fronte una decina di bottiglie tra le quali non potevano mancare quattro annate del crù aziendale, la Riserva Montegauro ma dove certamente non sono mancate argomentazioni più profonde è stato nell’assaggiare i vini Campi Flegrei Piedirosso “base”. Nei quattro bicchieri tre annate, la più giovane 2007, due lotti d’imbottigliamento differenti dell’annata 2006, il n.7082 di febbraio ’07 ed il n.7184 di Luglio ’07 e per chiudere l’annata 2005.
Il vino cambia di annata in annata ma è straordinario come può colpire l’entusiasmo del degustatore il cambiamento del vino della stessa annata: il maggiore contatto sulle fecce fini in vasca del secondo lotto 2006 imbottigliato a luglio rinnova nel bicchiere la convinzione (ove ve ne fosse ancora bisogno) che oltre al grande lavoro di qualità in vigna ed in cantina il futuro del Piedirosso come per molti altri vini campani (per esempio alcuni bianchi si gioca anche nella partita infinita tra l’essere i primi ad uscire in Febbraio dell’anno successivo la vendemmia e l’intelligenza (per qualcuno coraggio) di attuare una giusta e consapevole politica commerciale aziendale, uscire cioè con i vini d’annata più tardi sul mercato, ciò può significare consegnare al consumatore avveduto un prodotto maggiormente espressivo, franco nella sua consistenza e non di meno con una piacevolezza ed un equilibrio più godibili. Il filo conduttore dei primi tre vini assaggiati sono emblematici per la nettezza del colore ancora con riflessi violacei, per la vinosità abbastanza intensa ed avvolgente sorretta da un bellissimo ventaglio di sentori varietali tra i quali dolci frutti rossi. In bocca il gusto è asciutto e caratterizzato da un frutto integro, pulito e sincero nella sua appena accennata asperità non senza carattere, di buona piacevolezza. Dove ci siamo trovati tutti d’accordo è sulla sorprendente performance del 2005, un vino davvero imperdibile a volerlo consigliare per un prossimo acquisto, peccato che non ve n’è più in commercio. Un colore rubino tendente al granato, poco trasparente e di discreta consistenza. Al naso si fa fatica a stare dietro a tutte le note olfattive che vengono fuori man mano che il vino evolve nel bicchiere, più si ossigena più tira fuori un’anima inaspettata; Terra bagnata, note balsamiche, polvere di cacao, sfumature tostate. Sorprendo Salvatore e Francesco Jr in una smorfia come quella che fa solo chi non crede a quello che ha appena fatto, e alzando lo sguardo mi accorgo che siamo tutti d’accordo che quello che abbiamo nel bicchiere merita sicuramente di essere raccontato, di essere discusso, ci invita a riflettere ed a ricercare una verifica in una espressione territoriale che certamente può avere un futuro diverso da quello che molti gli disegnano, cioè di un vino su cui non scommettere, o almeno non scommetterci tanto. Il Piedirosso se è capace di esprimere questo vino dopo tre anni, questo carattere, questa anima è un gran bel vino, “…pensate che usciva franco cantina a poco più di cinque euro” ci tiene a sottolineare Salvatore mentre con i due Francesco si delineano le tracce di una vendemmia che fù per molti versi travagliata ed indimenticabile: “Annata siccitosa e molto difficile anche per le condizioni in cui operammo, fù l’anno in cui Zio Gennaro stette proprio male, ce la vedemmo brutta in cantina e alle vasche ci fù il debutto di Francesco Jr alla supervisione dell’evoluzione dei vini, pertanto il merito di questo risultato è anche frutto dell’istinto”. Gli argomenti dibattuti si fanno molto interessanti e profondi, parcellizzazione e microvinificazioni per capire le varie anime del territorio, zonazione addirittura in un futuro se vogliamo lontano, ma tutti auspici che ci auguriamo di vedere realizzati per una denominazione come quella dei Campi Flegrei che può certamente divenire un piccolo gioiello dell’enologia campana di facile approccio e di grande fruibilità.