Vestalis 2009 Paestum igt
CANTINE BARONE
Uve: fiano Santa Sofia
Fascia di prezzo: da 12 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Il Cilento è una terra di mezzo, connotato da struggente passione e permeato di una sapienza antica, dove il presente è un ponte sospeso sul guado tra passato e futuro. E’ un luogo ancora distante da tutto, anche se ben posizionato al centro del Mediterraneo, di cui incarna perfettamente la storia, il sapere e la cultura in modo più atavico che moderno.
Qui, dalla vivacità di contrasti prorompenti e dall’impeto di contraddizioni vitali, scaturisce una civiltà paradossalmente ansiosa e paziente, tesa verso un progresso ineluttabile. Uuna complessa mescolanza, dove il magico e l’atemporale si stemperano nella quotidianità della fatica dei contadini, ancora dediti ad un lavoro primordiale. Proprio per questo il Cilento è slow; è diventato l’emblema di uno stile di vita lento e pieno di umanità, in aperto contrasto con la velocità e l’aggressività di altri territori. Lo spirito peculiare di questo luogo ispira e orienta i suoi abitanti verso una strenua difesa di recupero del patrimonio agroalimentare e, soprattutto, quello di una produzione vitivinicola senza uguali. E che finalmente restituisce autenticità e valore a queste terre, che tanto hanno da insegnare e da offrire. Qui le vigne, con le loro ordinate e pettinate geometrie, ridisegnano la fisionomia di un paesaggio unico ed irripetibile. E sono così numerose che a volte sembra addirittura che stiano cingendo d’assedio, come pellerossa a Fort Apache, le vecchie case coloniche.
Proprio in questo privilegiato contesto territoriale, e precisamente nel comune di Rutino, è nata nel 2005 l’Azienda Agricola Vitivinicola Barone srl, sulla scia precedentemente tracciata da Francesco Barone che già operava dal 1998. Attualmente la compagine sociale è formata dall’amministratore delegato Giuseppe Di Fiore, da Emanuele Perrella e dallo stesso Francesco Barone, coadiuvati dall’esperto e bravissimo enologo Vincenzo Mercurio. La cantina è costituita da una proprietà immobiliare di circa 1000 mq, sita nei locali dell’ex cooperativa sociale, implosa alcuni anni orsono per la solita, egocentrica inefficienza tutta meridionale di non volersi legare ad un unico sistema associativo. Questa azienda sta cercando di portare avanti, con coraggio ed abnegazione, il lodevole progetto di riscoperta e divulgazione di alcuni vitigni autoctoni cilentani, come il clone di Fiano, detto Santa Sofia. Inoltre, essa è portatrice di un messaggio pseudo-terapeutico, che vuole lanciare a tutti gli appassionati enogastronomici. La frase impressa sulle capsule delle bottiglie e sulle brochures così recita: “Il vino ogni male stuta”. Probabilmente, senza saperlo, questa dicitura ricorda “l’aulos”, di Euripide: “…in dono al misero offre, non meno che al beato, il gaudio del vino ove ogni dolore annegasi…”.
La produzione è rappresentata da una vasta gamma di ottime bottiglie: Pietralena Cilento Aglianico doc, Miles Aglianico Paestum igt, Marsia Paestum rosso igt (Aglianico e Barbera fitfy-fifty), il rosato Primula Rosa Paestum igt, con Aglianico in purezza. Vignolella Fiano Cilento doc, Marsia bianco Paestun igt (blend di Fiano in prevalenza e poi Malvasia, Trebbiano e Moscato) e per finire la neonata Vestalis bianco Paestum igt, con Fiano Santa Sofia al 100%.
Ed è proprio su questa ultima bottiglia esordiente che si vuole focalizzare l’attenzione. Come le antiche vestali, le quali custodivano e servivano gelosamente le divinità della Grecia e di Roma, questo vino vuole preservare e conservare i connotati qualitativi di questo pregiato nettare e far riscoprire ed apprezzare ancora di più i valori reali di questo territorio. Il vitigno, piantato 20 anni orsono, è quello classico di questa zona: il Fiano Santa Sofia che qui ha attecchito da tempo immemorabile. Allevamento col sistema a guyot su un terreno argilloso, posto a 350 metri s.l.m., con esposizione sud-ovest e non lontano dal mare. Viene effettuata una macerazione sulle bucce per 6 giorni (bisogna dire che questo processo di vinificazione per i vini bianchi sta prendendo piede in tutto il Cilento), cui segue una fermentazione alcolica tumultuosa e con temperatura controllata, prima in acciaio e poi nei tonneau nuovi di rovere. L’affinamento viene completato poi sul feccino nobile autoctono. Il grado alcolico è abbastanza elevato, sui 13,5, cioè in perfetta sintonia con analoghe etichette territoriali. Tiratura piuttosto limitata, con appena 2000 bottiglie prodotte, che rappresentano ognuna un vero cameo.
Colore ancora acerbo, ma limpido e riflettente, con tendenza al verdolino-paglierino. Aromi primari che ricordano i fiori di campo e l’erba fresca, con spiccato coté fruttato, in prevalenza note agrumate e citrine e sentore di fumé. La bocca è fresca, sapida, avvolgente e succosa. All’appello non manca certo il rimando agrumato percepito al naso, alimentato poi da un ricamo carico e intenso. Retrogusto lungo e piacevolmente ammandorlato. Per essere un debuttante questo vino si dimostra subito vincente, tanto da esibire un vero e proprio “coup de théatre”, alla maniera di uno Chablis Grand Cru Les Clos 2008 di Jean-Paul e Benoit Droin o di Raveneau. Ad majora!
Lo vedo bene in abbinamento su tutta la classica cucina cilentana di mare, sui formaggi freschi e morbidi, sulla carne bianca e su verdure scottate o alla griglia. Va servito ad una temperatura ottimale intorno ai 10 gradi. Chapeau!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Rutino, a Via Giardino 2. Telefono e Fax 0974/830463 – [email protected] – www.cantinebarone.it – Enologo Vincenzo Mercurio – Ettari di proprietà 10, più 2 in affitto e vari conferitori – Bottiglie prodotte circa 100.000 – Vitigni: Aglianico, Primitivo, Fiano, Santa Sofia, Trebbiano, Moscato e Malvasia cilentana.
6 Commenti
I commenti sono chiusi.
che belle foto……inappuntabile e appassionante il testo della scheda…….il vino però non l’ho mai provato…….conosco bene il vignolella ma questo no……bisogna rimediare con urgenza :-D
Grazie Marco per il tuo intervento. Aspetto adesso quello di Lello, di Maffi e di qualcun altro. Abbracci.
Naturalmente sono bene accetti i consigli di Giulia, di Vigna, di Pigna, di Mauro, di GdF, di Monica, di Gp, del notaio Tubiolo e tanti altri. Abbracci.
Leo, Fabrizio, Fabio, Luca, ecc. Abbracci.
…Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno…La prosa è identica, per il paesaggio il Manzoni ha bisogno di un linguaggio altamente liricizzato, e le piccole cose descritte con così riposata cura vibrano di un trattenuto lirismo che a tratti si scopre purissimo.Notava il De Sanctis a proposito del celebre inizio del primo capitolo: “Quando comincia il racconto, ti è innanzi una lunga descrizione, che spesso pare scritta da un geografo o da un naturalista”. Io non so l’amico Malgi che lavoro fa o che professione esercita, ma indubbiamente ha una personalità dagli aspetti quantomeno poliedrici. Bellissimo racconto! Ma come sempre al sottoscritto, che di mestiere fa il contadino (per nobilitarlo un pò l’imprenditore agrituristico),interessano di più altre storie. Per esempio la storia della cantina che egli sintetizza così : ” è costituita da una proprietà immobiliare di circa 1000 mq, sita nei locali dell’ex cooperativa sociale, implosa alcuni anni orsono per la solita, egocentrica inefficienza tutta meridionale di non volersi legare ad un unico sistema associativo”. Ma io non sono sicuro che l’implosione sia da addebitare alla mancata volontà di iscriversi alla lega coop o ad altre associazioni, anzi…. Piacerebbe saperne di più, sicuramente a me che esco da poco da una disastrosa quanto allucinante esperienza in cooperativa vitivinicola, che ho vissuto qui in Irpinia, ma penso anche ad altri lettori che hanno a che fare col vino e con l’uva dalla produzione alla commercializzazione.
@Giulia grazie per i tuoi graditi e non se meritati complimenti.
@Lello anche a te grazie per il tuo inappuntabile intervento. La descrizione di un’azienda vitivinicola o di un suo vino, secondo il mio modesto parere, non può prescindere da una sintesi dialettica anche lirica o elegiatica. Cioé voglio dire non bisogna essere didascalici, ma provare anche a raccontare vividamente oltre quello che può interessare il fruitore occasionale. C’è un bisogno estremo di estrinsecare momenti lirici o poetici, che hanno comunque attinenza col racconto in questione. E quindi disquisire dell’uomo, del territorio, della storia, della cultura che pervade tutto l’insieme. E, poi, ognuno di noi nel raccontare una storia tira fuori le sue capacità intellettive, le sue emozioni, le sue sensazioni , le sue esperienze. In una parola: la sua vita vissuta! Per quanto riguarda la tua negativa esperienza di socio di una cooperativa vitivinicola sono al corrente di questa storia e me ne dolgo per te sinceramente. Ma ciò non significa affatto che in generale questa via non sia praticabile qui al Sud. Va perseguiita, invece, e perfezionata, sul modello di quanto accade in altri territori nazionali. Certamente non bisogna affidarsi a dei maneggioni incapaci e accentratori. Ma secondo me, se si riesce ad organizzarsi seriamente e fattivamente, magari anche tutelandosi con un marchio locale, si aprono possibilità infinite, soprattutto economiche per tutto il territorio. Ti abbraccio.