Vespa, D’Alema e Al Bano: perchè i personaggi famosi che fanno vino stanno sulle palle al 2.0?
Personaggi famosi che fanno il vino? Certo l’Italia è un paese sempre più strano. C’è un codice non scritto ma che emerge da post, dibattiti, sfottò sui blog e sui social network: sparare sulla Croce Rossa se Vespa prende i Tre Bicchieri, su D’Alema che pianta vitigni internazionali, Al Bano che vende al supermercato.
In Paesi fuori dal Medioevo come gli Stati Uniti nessuno critica le star di Hollywood se si danno alla viticultura: di fatto accendono i riflettori su un settore fondamentale per il futuro di noi tutti.
Su una cosa aveva ragione il satrapo di Arcore: in Italia il successo è invidiato, non imitato.
C’è un codice non scrittto per cui Vespa, D’Alema, Al Bano non devono fare vino. Figurarsi se lo fanno meglio di un beniamino del neopauperismo.
C’è un codice non scritto secondo il quale le grandi aziende sono cattive e raccomandate mentre le piccole sempre pure e sfavorite nelle valutazioni delle guide. Forse sarà stato vero negli anni ’90, vi posso assicurare che in genere è esattamente il contrario da almeno una decina di anni a questa parte. E in ogni caso solo grazie alle guide tante piccole aziende sono diventate wine star.
Io credo che il mondo del vino abbia bisogno di tutti e che sia un segnale molto positivo quando un personaggio famoso si impegna in agricoltura adottando le pratiche commerciali che ritene utili alla propria azienda se consentito dalla legge. Punto. Il resto è fuffa.
Poi questi vini possono piacere, non piacere, lo stile si può apprezzare o meno, ma tutto questo passa in secondo piano rispetto alla domanda di fondo:qualcuno può spiegare lo scandalo dei Tre Bicchieri a Bruno Vespa in modo analitico, esplicito e preciso? Così per capire.
In ultimo, questo atteggiamento fa si che parte della critica non parli, e spesso non metta in guida, i protagonisti del settore, quelli che fanno export e conservano le pratiche agricole, dai supertuscan al Prosecco.
Noi al Sud sappiamo bene quando siano state benefiche sui territori le aziende Giv, di Zonin, di Antinori e anche, per parlare di realtà più piccole, dei Feudi nel Vulture o dei Fratelli Muratori nel Sannio. Di fatto, per tenere sempre e solo il naso nel bicchiere, è questa critica a diventare un fenomeno nerd, state tranquilli.
E allora che se ne parli, ma sempre e solo male. Perchè alla fine scriverne porta comunque clic e criticarli fa figo nei circolo del Califfato Neopauperista Enologico Italiano (Cnei): dieci, quindici persone che stabiliscono chi è etico e chi no.
11 Commenti
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a me AlBano che fa il vino non sta sulle balle, ha l’animo del contadino, e conosce la campagna. .
gli altri due stanno sulle balle anche se non facessero vino.
Avendo assidue frequentazioni con gli altri due personaggi della foto posso assicurare di conoscere bene i vini dei tre famosi e poter quindi affermare che non sono niente male.D’Alema in particolare ,oltre che ad essere uno dei pochi in Italia ,fa un Cabernet Franc che ,a mio modesto parere ,farà presto parlare di se.PS.I Muratori hanno anche il merito di aver restaurato storiche vigne terrazzate ad Ischia dove ottengono ,tra l’altro ,uno dei vini dolci più buoni d’Italia .FM.
L’Italia è un paese di ipocriti e piagnoni. Sinceramente ben vengano personaggioni e personaggetti,come direbbe il Presidente, a fare vino e magari bene. Anzi come nel caso di D’Alema se si occuperà sempre più di vino farà un gran bene non solo a se stesso.
Questa é una delle poche volte che non mi trovo d’accordo con Lucianone mio e per una serie di motivi.
1. Non accomunerei Al Bano agli altri, Albano ha solide radici contadine e fa vino da molto piú tempo, inoltre ha resistito alla tentazione del megaenologo.
2. Non é vero che tutti i VIP stanno sulle scatole al 2.0 e questo articolo ma anche tanti altri che ho letto ne sono
la testimonianza.
3. É indubitabile che una certa invidia la scatenino e per ragioni comprensibilissime, arrivano agli onori delle cronache prima degli altri produttori che prima di vedere un articolo di giornale devono farsi un mazzo cosí; vengono considerati produttori anche quando non hanno uno straccio di cantina e vinificano ed imbottigliano altrove; vengono addirittura chiamati (o si auto definiscono viticoltori pur non avendo mai potato una vigna o raccolto un grappolo); raggiungono la considerazione di una parte della stampa (particolarmente gambero rosso) in tempi decisamente piú rapidi di altri.
Un pó di invidia se la devono aspettare…o no?
Per quanto mi concerne l’importante é che facciano vini buoni portando blasone ai vini italiani, magari evitando peró di mettersi a fare i professorini su come si fanno i vini buoni, per rispetto a chi quel mestiere lo fa bene, nei campi ed in cantina e da molto piú tempo di loro.
Sui riconoscimenti giornalistici sono un pó piú tranchant, chi non ha vigne e cantina nelle guide non dovrebbe neppure comparire.
Se è possibile fare una premessa politica, credo che il cinico realismo di D’Alema sia stato una dei mali che ha segato le gambe all’idealismo e alla voglia di fare etica nella sinistra italiana. Ed è il principale responsabile del mio desencanto. Una mutazione iniziata con lui e compiuta con Renzi anche se i due si combattono.
Detto questo però bisogna considerare i fatti: Al Bano è figlio di contadini e trovo molto bello che ran parte dei suoi guadagni li abbia investiti nel luogo dove è nato.
Vespa lo ricordo nel 1998 partecipare come un appassionato qualunque alla presentazione dei Tre Bicchieri a Roma, comprare la guida e assaggiare. Gran parte delle fortune mediatiche del vino e della cucina di qualità in Italia si devono al fatto che ha aperto lo studio per primo a queste tematiche in questa fascia oraria. Ricordiamo tutti le partecipazioni di Carlo Petrini e di Vissani.
Infine D’Alema ha investito quasi tutto in una proprietà rurale. Gran parte dei politici comprando case, lui ha realizzato un’azienda agricola.
Sfruttano le loro conoscenze per vendere il vino. Scusate, chi non lo fa?
Questo post vuole un po’ resettare le cose perché io credo che chi investe in agricoltura sia sempre benemerito.
Caro Luciano, condivido la tua lucidissima analisi. Dall’inizio alla fine. E questi giorni, dalla lontana Tailandia dove mi trovo per il viaggio di nozze, mi sto facendo un sacco di risate a leggerne di cotte e di crude su questi ultimi episodi.
Mi chiedo solo se chi scrive lo fa per alzare polveroni o se c’è della convinzione in tutto ciò.
Se così fosse, cosa che inizio a temere, bisognerebbe prender atto dello stato di acuta malattia che ha, ormai fa diverso tempo, investito il mondo del vino (o parte di esso).
E mentre noi qui ci facciamo pipponi sui tre bicchieri al Vespone e sull’azienda vinicola di D’Alema il sud est asiatico pullula di nuovi locali, di stampo occidentale, dove il vino la fa da padrone.
Quello cileno, sudafricano, neozelandese, francese.
Le poche bocce italiche che vedo in giro sono per lo più Prosecco che qui utilizzano come alternativa meno costosa allo Champagne.
Ma forse è più facile e fa più notizia il premio di Bruno Vespa e il prossimo plastico a forma di bottiglia di vino. Che popolo strano siamo!
Un abbraccio.
E.P
Di vini di Albano Carrisi ne ho assaggiati abbastanza per poter affermare che sono buoni, anche se non mi hanno entusiasmato granché. Ci sono molti vini pugliesi eccellenti che avrebbero sicuramente meritato migliori fortune, ma penso che la notorietà abbia giocato a favore dei tre bicchieri più di ogni altra valutazione. In ogni caso Albano Carrisi prosegue l’attività di vignaiolo e di produttore di vini di suo padre, secondo una tradizione propria di tante famiglie contadine pugliesi e considerarlo alla stregua dei “parvenues” è proprio fuori di luogo. Gli altri due personaggi potevano fare anche altri prodotti, come cipria, calze di natale, succhi di frutta, formaggio, ma stanno sulle balle a quasi tutti ed è normale che li si prenda in giro quando si vedono le loro etichette su qualsiasi cosa. D’Alema poi è campione di supponenza e di spocchia, è un “compagno” arricchito che vuol fare il signore e chi rifiuta il suo vino è a queste caratteristiche odiose che si riferisce, non alla qualità del prodotto che, penso, avrà pure rifiutato a priori di assaggiare. Io non ne comprerò mai una bottiglia, odio i capibastone della casta di sanguisughe che rovina il nostro Paese, perciò non mi permetto nemmeno di giudicarlo, sarei scorretto e non lo ritengo giusto.
BRAVO! BRAVO!! BRAVO!!!
Si Lucià, d’accordo, ma ad una cosa non hai risposto, che “investimento” è senza uno straccio di cantina?
Come dire che la “triade” fotografata(affrancando solo Albano)hanno fatto molta fatica ad autocelebrarsi, senza nemmeno sapere come si mette in mano una forbice per potare la vigna.E che dire allora del Falerno del Massico”Campantuono”di Antonio Papa che rappresenta la massima espressione culturale e filosofica della produzione del Primitivo in purezza?Credete che avrà mai i riconoscimenti della triade? Posso dire che mi stanno abbondantemente sulle “orchidee”? E sento di essere pure generoso,se no,si vadano a cercare l’etimop di “orchidea”!!!
Questo articolo è un piccolo capolavoro, bravo!