Verticale 2007-1979 Vaio Armaron Serego Alighieri, l’Amarone firmato dai discendenti di Dante
di Mario Sposito
Potremmo cominciare questo racconto parlando di un vino o di un territorio particolarmente vocato alla viticoltura, invece partiamo da una data: il 9 novembre 1301.
Quel giorno, Cante Gabrielli da Gubbio, guelfo nero, fu nominato Podestà di Firenze e da quel giorno iniziò la persecuzione degli esponenti politici di parte bianca, ostili all’incremento del potere temporale papale. La caccia al nemico si risolse nell’uccisione o nell’esilio di tutti i guelfi bianchi, tra i quali Dante Alighieri che, raggiunto a Roma dal provvedimento di esilio, non poté rivedere più la sua Firenze. La lunga via dell’esilio lo condusse nel 1304 a Verona dove gli fu offerta l’ospitalità di Bartolomeo Della Scala e poi Cangrande (“Lo tuo primo refugio, il primo ostello / sarà la cortesia del gran lombardo / che ‘n su la scala porta il santo uccello” – XVII Canto del Paradiso – ). Quando il Poeta lasciò Verona per Ravenna, la sua discendenza si trattenne nella città scaligera dove trovò terreno amico per metter radici. Nel 1353, Pietro Alighieri, figlio di Dante acquista dei terreni sulle colline veronesi, primo dei quali il podere di Casal dei Ronchi, possedimento che ancora oggi appartiene ai discendenti dell’autore, e divenuto punto di riferimento per la cultura del vino veronese dove il Conte Pieralvise Serego Alighieri vive con la sua famiglia.
Siamo a Gargagnago, frazione di Sant’Ambrogio, piccola porzione del più vasto territorio noto come Valpolicella, che in questo suo lato occidentale può dar vita all’omonimo vino fregiandolo del titolo di Classico.
Da più di 650 anni la viticoltura rappresenta per il Casato un’attività centrale e significativa, testimoniata tra l’altro dalla fondazione della Scuola di viticoltura della Valpolicella negli anni trenta.
Dal 1973 la famiglia Serego Alighieri opera in sinergia con il Gruppo Masi, che cura la supervisione tecnica e la distribuzione in tutto il mondo dei prodotti delle tenute.
Con un accurato restauro conservativo degli antichi rustici della tenuta del Casal dei Ronchi, sono stati ricavati 8 appartamenti in stile signorile di campagna che formano l’impianto di ospitalità della Foresteria. Da qui oltre alla degustazione di piatti della tradizione locale da abbinare ai vini ed ai prodotti della tenuta è possibile visitare le cantine ed i fruttai di appassimento.
Ed è proprio dalla Foresteria che vorrei partire per accompagnarvi fino alla scoperta di una verticale di Vaio Armaron – Amarone della Valpolicella Classico -Serego Alighieri, punta di diamante della famiglia.
Vi si giunge attraversando un lungo viale di alti cipressi ai cui lati si aprono ampie distese verdi dominate in prospettiva dalla vite, ma costituite anche di ulivi, castagni ed alberi fruttiferi.
Nel cortile della Foresteria è presente una vigna di Molinara piantata nel 1875, unico esempio prefilossera della varietà, madre genetica della Molinara Serego Alighieri, che seppur in piccola percentuale, va a costituire con Rondinella e Corvina la composizione del Vaio Armaron.
Sempre dal cortile della Foresteria si possono visitare i fruttai di appassimento freschi e areati naturalmente grazie a delle generose finestre. Vendemmiate manualmente con selezione dei grappoli migliori, le uve del Vaio Armaron vengono lasciate ad appassire per almeno 120 giorni sulle tradizionali “arele veronesi” di bambù .
Il bambù garantisce un’areazione che ostacola il ristagno di umidità che potrebbe condurre alla formazione di muffe e marciume. Durante questo periodo i grappoli vengono monitorati e girati continuamente ed un sistema di termocondizionamento può essere azionato e regolato per garantire che il processo di appassimento si svolga in condizioni favorevoli di temperatura, areazione ed umidità. La Corvina è l’unica delle tre varietà che può essere attaccata da Botrytis Cinerea, una muffa nobile che regala al vino una maggiore morbidezza, grazie ad un forte apporto glicerinico, oltre ad un ampliamento del ventaglio aromatico.
La diraspo-pigiatura soffice a rulli avviene di solito a metà gennaio, cui segue una lenta macerazione a freddo e la fermentazione, condotta dal 2004, grazie al supporto del gruppo tecnico Masi, con una selezione di lieviti indigeni.
Il vino arriva così a riposare nei tradizionali fusti veronesi di rovere e per quattro mesi in passa in legno di ciliegio.
L’uso del ciliegio è un tratto assolutamente distintivo dei vini Serego Alighieri e per capirne l’effetto basta mettere un piede nella loro cantina. Si è assaliti da un bellissimo profumo che è restituito in fragranza al vino. Seppur storico in Valpolicella il ciliegio è stato abbandonato in quanto molto poroso, difficile da gestire, caro e poco durevole, se confrontiamo il suo ciclo vita di 4-5 anni a quello di 15 anni del rovere.
L’intero processo risulta una combinazione equilibrata di tradizione ed innovazione: dalla scelta dei vigneti, l’impiego di vitigni autoctoni, l’utilizzo di antiche tecniche di produzione fino all’uso di moderne tecniche di vinificazione.
Ospite dei Serego Alighieri ho avuto il privilegio di partecipare ad una degustazione verticale del Vaio Armaron, condotta da Andrea Dal Cin, responsabile enologico Masi, nella sala degustazioni della Foresteria.
Proposte 8 annate ritenute ottimali a partire dal periodo fenologico di sviluppo della pianta fino al periodo di appassimento.
Vaio Armaron 1979
Già il colore leggermente scarico suggerisce che siamo in territori di eleganza più che di forza. I profumi testimoniano la completa evoluzione. Regala tannini setosi e sottili con una baldanzosa freschezza che libera note di nocciola tostata e radice di liquirizia con un lungo finale balsamico.
Vaio Armaron 1983
Le note amare del naso sono bilanciate da una piacevole illusione di dolcezza in equilibrio con una spalla acida ben aperta. Ancora un finale lungo e intenso dominato dal sapore di scorza d’arancia candita e cacao amaro.
Vaio Armaron 1988
E’ stato il più apprezzato, forse per l’eleganza che va di pari passo con la potenza. Nato da un’annata con appassimento molto lento, carico nel colore e nel naso, dietro le note più fruttate ha liberato aromi di fiori secchi. Un sorso pieno, caldo e con tannini che cominciano a farsi sentire. Vira verso le spezie. E’ assoluto velluto.
Vaio Armaron 1990
Assieme al 1979 è stato il mio preferito.
Il colore va facendosi più omogeneo, il naso è di grande intensità. Attacca morbido e viaggia lento verso sensazioni amare di arancia candita, cacao e terra. Polposo e appagante sotto tutti gli aspetti.
Vaio Armaron 1995
Ritroviamo inaspettatamente un vino più snello e fresco del precedente con un naso limpido di prugna cotta e ciliegia. Ha un’illusione di dolcezza inferiore agli altri. I tannini sono fini ma decisi, finale lungo e amaro.
Vaio Armaron 1997
L’equilibrio totale è la sua arma. Quasi impenetrabile al colore è infatti pieno, morbido ed opulento con tannini ben integrati. Porta in dote amarena spezie dolci e cacao.
Vaio Armaron 2006
Rosso rubino lucente mediamente intenso. Al naso emergono i frutti rossi. Nasce da un’annata fresca e promette un’evoluzione all’insegna dell’eleganza sorretta da una grande freschezza.
Vaio Armaron 2007
E’ a tutti gli effetti un’anteprima per un vino che non è ancore sul mercato. Vintage caldo.
Il colore è molto carico e verso l’esterno vira dal rubino al porpora. Il naso è deciso e le sensazioni sono quelle di frutti surmaturi. I tannini sono più aggressivi e la struttura solida promette un’evoluzione che mostrerà muscoli.
A degustazione conclusa la soddisfazione è assoluta. Tutti i vini si sono imposti al palato, accompagnando il bevitore a lungo con evoluzioni continue. Vaio Armaron non tradisce e lascia traccia.
Con una data abbiamo aperto e con una data chiudiamo e dal 1301 arriviamo al 25 aprile 1945.
Nella sala dove gli ospiti della Foresteria consumano la colazione è presente una targa di ringraziamento al Conte Dante Serego Alighieri per aver salvato Gargagnago dalla distruzione.
Le cose andarono più o meno così:
Si era sul finire della grande guerra e qui come in altri posti d’Italia l’occupazione tedesca fu imponente. I tedeschi, ormai in fuga, avevano l’ordine di far scoppiare i depositi di esplosivo collocati in Valpolicella (come accadde per Corrubio, Parona e Avesa). Il nobiluomo li ospitò per cena la sera del 25 aprile, offrendogli il miglior recioto che avesse in cantina, facendoli finire ubriachi, mentre alcuni giovani lavoratori rendevano innocuo il tritolo crucco gettandolo in una vasca di acqua piovana.
Il vino è il migliore amico dell’uomo no?