Verticale Fiano di Avellino Mastroberardino 1994, 1995, 1997, 1998: jump back
di Marina Alaimo
Il piacere di poter ritornare indietro nello stile di interpretazione e di produzione di un vino bianco straordinario come il Fiano di Avellino ha il sapore dell'incontro raggiunto dopo una lunga attesa. Al momento la Mastroberardino può offrire opportunità di questo tipo, sia perché sono poche ancora le aziende campane che hanno acquisito la mentalità di conservare una memoria vitivinicola propria, sia perché certi numeri di bottiglie sono ancora esclusiva di pochi, ma anche per il fatto che i Mastroberardino sono gli unici a rappresentare una vera e propria famiglia di produttori storici.
Le evoluzioni maturate nel tempo di un vino rosso sono molto intriganti, ma quelle di un bianco acquisiscono il fascino dell'unicità, acuiscono il piacere dell'attesa perché si ha consapevolezza piena della fragilità di quell'equilibrio e dell'esclusività dell'esperienza che si sta per vivere.
Di questi Fiano ci ha colpito lo stile, oltre che la capacità di abbracciare il tempo: un Fiano di annata in genere esprime un corpo ricco, grandi concentrazioni, in questo caso invece il vino al sorso è agile e snello, pur mantenendo una certa verve.
Una bella esperienza fatta in occasione di Fiano Music Festival con le bottiglie conservate da Lello Del Franco.
Si comincia con l'annata 1994, dal colore oro brillante, i profumi sono un po' troppo maturi, cotognata, note mielate, fieno dorato, in bocca mantiene una certa freschezza, ma ha ben poco da raccontare ormai.
La 1995 è vestita di giallo paglierino intenso tendente all'oro, vuole il suo tempo per lasciarsi andare, ma poi si racconta con profumi intriganti di anice stellato, zenzero candito, note fumè ed erbe mediterranee e mandorla tostata. Il sorso è sottile e stimolante per la freschezza ancora vivace e lungamente sussurra le note citrine e balsamiche.
Il millesimo 1997 ha gran fascino, piuttosto simile al 95, ma con maggiore intensità di profumi: prevale una certa mineralità unita alle note fumè e di nocciola tostata, in maniera più discreta affiorano i sentori di zenzero e di erbe mediterranee. In bocca è agile e sorprende per la spinta freschezza citrina e le note saline.
La 1998 è intensa nel colore dorato e nei profumi leggermente dolciastri di mela cotogna, miele di acacia , fieno secco e delicato lo zafferano. In bocca anche quest'annata esprime una certa agilità del sorso leggermente più ricco, reso particolarmente stimolante e piacevole da un' acidità pungente e dalla lunga spinta salina.
Un commento
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Il mio dovere di becchino di Bianchi Irpini è stato svolto. Mio personale giudizio sulle bocce: E’ la prima volta che mi capita di trovare 4 bottiglie di fiano vecchi (e vi assicuro che ne ho portate molte al cimitero) tutte molto simili per impatto aromatico e spinta acida. la ’98 per me al primo posto, per la prima volta trovata in stato di forma. Tutte figlie di una viticuktura un pochino più abbondante e quindi con estratti e alcol più leggeri, sale come se piovesse. La dimostrazione che forse le basse rese non sono la soluzione ideale per qualsiasi vino e/o territoriio. Infine, annotazione estetica: quanto mi mancano le vecchie bottiglie di Mastro.