Verdicchio di Matelica,conosciamo il paese, il territorio e il suo fantastico bianco
di Milena Ferrari
Attorno ad un tavolo la storia di un piccolo grande vino – il Verdicchio di Matelica – che affascina già da sé ma se a parlarne è Alberto Mazzoni – direttore dell’Istituto marchigiano di enogastronomia IME e dell’Istituto marchigiano tutela vini IMT – la vicenda si tinge di aneddoti, curiosità e infiniti percorsi.
Se mi venisse chiesto dove sono stata e cosa ho fatto dal 4 al 6 settembre risponderei <<Sono stata tra amici a parlare di vino e di vita>>. Perché queste due piccole e brevi parole sono legate l’una all’altra, in questa terra, in modo viscerale. Siamo nell’Alta Vallesina, tra le province di Macerata ed Ancona, su 268 ettari vitati con 86 viticoltori che tutti insieme realizzano 1,8 mln di bottiglie (dato 2019).
Per quanto mi riguarda, in tutta onestà, il Verdicchio di Matelica era solo il nome di un vitigno coltivato in una regione anch’essa poco nota e conosciuta. Ora, dopo la tre giorni del tour “Little Big Matelica” in quel di Matelica e dintorni, organizzato dall’amministrazione comunale con la Regione Marche Servizio Agricoltura, nell’ambito dell’iniziativa Percorsi di gusto, troppe sono le parole e tanti i pensieri che temo di dimenticare qualcosa.
Il Verdicchio di Matelica. Tipicità, carattere e longevità.
Tre le parole chiave per descrivere questo vino. La prima è sicuramente tipicità. Il Verdicchio di Matelica è inconfondibile, non riproducibile altrove. La denominazione abbraccia quasi 270 ha negli otto comuni di Matelica, Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino e Pioraco nella provincia di Macerata e di Cerreto D’Esi e Fabriano in quella di Ancona. A far loro da culla l’Alta Vallesina, l’unica vallata marchigiana che si adagia sul territorio da nord a sud, in modo parallelo rispetto al mare. È una valle chiusa in cui viene a crearsi un microclima continentale nelle ore notturne, preservando così l’acidità delle uve, e mediterraneo durante il giorno, con un’importante concentrazione di zuccheri e un alto valore in estratto secco. I terreni calcarei e l’altitudine dei vigneti (tra i 400 e gli 850 mt slm) fanno il resto. Carattere e longevità, le altre due peculiarità del Verdicchio di Matelica. Un giallo paglierino brillante, che dai bagliori verdolini delle annate più giovani vira verso sfumature dorate nelle etichette più datate, è caratteristico di questi nettari. <<Il calice sia una lampadina accesa>>, questa la descrizione più calzante della lucentezza e della vivacità del Verdicchio di Matelica fatta da Roberto Potentini, enologo della cantina Belisario. L’intensità e la complessità dei profumi portano a voler scoprire in più riprese i tanti sentori. Si passa dai fruttati di mela verde, pompelmo e ananas a quelli di anice, tè, gelsomino e ginestra. Si procede poi, con l’evoluzione del vino, con note mielate, frutta a polpa gialla matura – in alcuni casi esotica – sino a giungere ad un carattere minerale di idrocarburi, pietra focaia e zolfo. Al palato sapidità, freschezza e acidità conducono le danze con predominanza dell’una o dell’altra che varia in base al lavoro in vigna e in cantina. Il finale di mandorla amara tipico del vitigno accompagna la persistenza gusto-olfattiva. Il tempo e l’attenzione dedicata all’evoluzione prima in vasca e successivamente in bottiglia conferiscono a questi nettari un’incredibile longevità. (info: www.imtdoc.it)
Lungo ed articolato l’elenco delle etichette e dei produttori conosciuti in questa occasione e non volendo assolutamente tralasciarne qualcuno, vi invito a recarvi tra quella gente, in quella valle. In programma il prossimo weekend – 12 e 13 settembre – l’evento le Vie del Verdicchio nel cuore del centro storico di Matelica con banchi d’assaggio e degustazioni di prodotti locali. (info: www.promatelica.it, www.comune.matelica.mc.it. Per prenotazioni: Foyer del Teatro: 348 886 8022)
Enogastronomia ed accoglienza turistica. Genuinità e gentilezza.
L’enogastronomia in questa valle è un pezzo di pane e due fette di ciauscolo o di salame di Fabriano. È una porzione abbondante di vincisgrassi servita dalla cuoca del Mosaico di Matelica che per i modi affabili e cordiali ti ricorda la mamma o la nonna e le domeniche passate a bere e a mangiare in allegria. È la possibilità di assaggiare uno spezzatino di cinghiale che si scioglie in bocca come quello del ristorante La Scaletta di Genga o un vitellone di razza Marchigiana cotto a bassa temperatura di Villa Fornari di Camerino. È il semifreddo alle mele dei Sibillini offerto a chiusura del magnifico pasto dal Relais Marchese del Grillo di Fabriano.
https://www.marchesedelgrillo.com/
https://www.facebook.com/pages/Ristorante%20Il%20Mosaico%20Matelica/232302993966508/
https://www.facebook.com/ristorante.lascaletta
Quando l’iniziale timidezza di questa gente e la loro “inadeguatezza” temporale rispetto al mondo fuori cedono il passo alla loro genuinità si mostra agli occhi una realtà vera, naturale ed incontaminata. E nell’arco di poche ore ti ritrovi a parlare del passato con le antiche terme romane di Matelica riportate alla luce e del futuro, nostro e quello delle api legati indissolubilmente. E la preghiera di Pierluigi Pierantoni, a capo della Cooperativa apicoltori montani, la più grande del settore della Regione Marche con 115 soci e la gestione di circa 6.500 alveari, ti giunge pacata e speranzosa confidando nelle generazioni future e nella loro sensibilità.
Eredità e tempo.
È la storia di un territorio da valorizzare e salvaguardare. Di figli e nipoti che ereditano da padri e nonni non solo vigneti e campi ma l’amore e la totale dedizione per questa terra. Sono le parole di Paolo, giovane guida delle grotte di Frasassi, che racconta con calore e passione quel mondo sotterraneo scoperto quasi 50 anni fa per caso (l’anno prossimo ricorre il cinquantennio dalla prima calata in grotta) da esploratori poco più che adolescenti.
Qui il tempo non corre ma passeggia e ti accompagna tra i filari di Verdicchio che in questi terreni nasce, vive e si conserva.