Undici vini del Sud che hanno cambiato il 2012 insieme al Fiano di Avellino e al Primitivo
Tempo di bilanci e di buoni propositi. Mi sono accorto di essere stato talmente preso da tante cose a dicembre che per la prima volta non vi ho neanche detto quali sono i vini del Sud che mi hanno colpito di più quest’anno, considerando però l’ultimo millesimo in commercio, altrimenti diventa davvero tutto molto difficile.
In primo luogo il Greco di Tufo 2011 di Bambinuto, un esempio perfetto di integrazione tra la mineralità del suolo, il bilanciamento della frutta, l’acidità tonica e potente che consente a questo bianco di affrontare anche un ragù napoletano.
Per restare nello stesso areale, il Vigna Cicogna 2011 di Benito Ferrara è di grande spessore. Un vino che non delude mai e che soprattutto regge bene sui tempi lunghi. Ha meno rusticità del precedente, ma un pizzico di complessità olfattiva in più. In bocca sono poi equivalenti.
Passando al Fiano di Avellino, posso dire di aver maturato definitivamente la convinzione sulla grandezza di questo vitigno che non teme confronti a livello nazionale ed è in grado di battersela bene anche Oltralpe. Sicuramente il bianco più pregiato del Sud che colora di bianco la Campania. Ho già scritto sul Mattino quali sono i miei preferiti e non posso fare altro che rimandarvi a questi otto Fiano di Avellino che in questo momento sono dei mostri.
Grandi batterie di Falanghina del Sannio, c’è poco da fare: questo è il futuro della Campania.
Bellissima la Falanghina 2011 di Fattoria La Rivolta, di grande impatto e possibilità evolutive, straordinariamente capace di esprimere frutta e freschezza.
Non meno interessante è la Falanghina del Sannio dop 2011 Fontanavecchia, capace di esprimersi al massimo appena già dalla scorsa estate, più ricca e decisamente piacevole e lunga.
Questo è stato anche l’anno in cui persone che hanno avuto successo nella propria professione hanno voluto cimentarsi con il vino. La strada da seguire non è piantare merlot e amenità simili, tipico desiderio di chi ha solo orecchiato il settore, ma sfruttare le risorse per valorizzare il territorio e recuperare la storia. Come ha fatto Il Verro a Formicola con la Coda di Pecora 2011, esempio da seguire e imitare.
Questo è stato anche l’anno di rossi distensivi e distesi, di facile approccio.
Uno su tutti: l’Aris 2010 di Sergio Arcuri che insieme al Greco di Bambinuto è stato il mio preferito: un Cirò da bere come fosse un rosato, appena appena un po’ fresco di temperatura, va tracannato direttamente dalla vasca senza se e senza ma. Un vino gentile, eppure efficace e poliedrico negli abbinamenti.
Per il Piedirosso, vitigno rivelazione dell’anno, rosso del passato che è già nel futuro, vi rimando ad una degustazione tecnica preferendo non anticipare niente.
Un altro vino rosso ha un grande futuro, ma è come una bella donna che passeggia a Parigi con il burqa: la Barbera del Sannio, simile al rouché. Possiamo solo auspicare, soprattutto per i bilanci aziendali dei produttori, che si mettano d’accordo e gli restituiscano un nome antico come si è detto di recente ad una degustazione di Barbera a Castelvenere. Anche perché qualcuno in Piemonte si potrebbe pure risentire del fatto che viene usato il nome Barbera a un vino che Barbera non è.
Infine i vini più strutturati. Devo dire che sono pochi quelli che mi hanno davvero colpito: moltissimi buoni, emozionanti sulle punta delle dite di una mano. Vediamoli
Il Satyricon 2009 di Luigi Tecce svetta su tutti per quella giusta mediazione tra corpo e argomenti da cercare nel bicchiere. Un vero artigiano delle uve, si conferma grande.
Segue il Renonno 2008 di Salvatore Molettieri, che finalmente posso inserire tra i miei preferiti grazie a quello smagrimento necessario che avevo più volte sostenuto vox clamans in deserto come San Girolamo. Questi si che sono vini capaci di reintrodurre l’Aglianico del consumo quotidiano.
Bellissimo il ritorno del Macchia dei Goti 2008 di Antonio Caggiano. Un rosso che ci riporta agli splendori delle prima annate mentre questo 2013 lo utilizzeremo per preparare i festeggiamenti nel 2014 dei venti anni di Luigi Moio e l’inizio della viticoltura moderna in Campania.
Tra i vini del Sud in grande spolvero il Primitivo: svecchiato, alleggerito, rinfrescato, spolpato, è davvero un grande competitor dell’Amarone se i produttori avranno l’intelligenza di stare insieme e dismettere i panni “oltre me nessuno”, mentalità che ha disastrato il Vulture.
Tanti buoni, per questo vi rimando all’articolo fatto da Sara Marte in occasione di Radici sui Primitivo di Gioia del Colle e Manduria
Tra i tanti, mi ha colpito La Signora 2009 di Morella, bellissima azienda di Manduria, che ho segnalato come vino di Natale sul Mattino.
E sempre dalla Puglia arriva il mio vino dolce preferito dell’anno. L’Estasi di Di Filippo, grande Moscato di Trani, di bella spinta e freschezza.
3 Commenti
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E bravo Luciano, condivido in toto la tua scelta del Primitivo di Manduria della Morella, un’azienda esemplare, un punto di riferimento per tutta la denominazione e per tutto il Sud
Tutti vini degni di stare in classifica ,ma personalmente credo che il moscato di Trani sia veramente ,nella sua categoria .un grade .
Bellissima e soprattutto veritiera questa classifica….ancora complimenti per il suo Blog e per i suoi articoli , spesso illuminanti, utilissimi anche per il mio lavoro di venditore di sugheri.