Una ricerca sull'enoturismo


 

IL TURISTA DEL VINO SPENDE DI MEDIA 200 EURO PER OGNI ENO-WEEKEND, HA CHIANTI, LANGHE E MONTALCINO COME METE PREFERITE E GIUDICA LA QUALITA’ DELL’OFFERTA ENOTURISTICA ITALIANA ANCORA IMPROVVISATA, EPISODICA E INDIVIDUALE


Questi i risultati di un sondaggio realizzato da www.winenews.it
e promosso dall’Associazione Go Wine
in occasione di “Vinum” (Alba, 24 aprile/2 maggio 2004)

 

Scelgono il Chianti, le Langhe e Montalcino per un weekend all’insegna del buon bere; sono disposti a spendere, in media, per questa mini-vacanza, dai 150 ai 250 euro, senza per questo rinunciare all’acquisto di qualche “buona” bottiglia; sanno riconoscere non solo i buoni produttori di vino, ma anche la qualità dell’accoglienza e del contesto che visitano; non gradiscono l’improvvisazione e sono convinti che molto ancora resti da fare nel nostro Paese. Gli enoturisti italiani si confessano. Intenditori orientati al consumo di vino di qualità, che spendono molto del loro tempo libero fra vigne e cantine, sono il “soggetto” di un sondaggio realizzato da www.winenews.it, uno dei siti d’informazione sul vino più cliccati d’Italia, condotto su 8.850 enonauti (con risposte da parte di 2.470), ovvero appassionati già fidelizzati al mondo del vino e di Internet, e promosso dall’Associazione Go Wine in occasione di “Vinum”, in programma ad Alba dal 24 aprile al 2 maggio.
Variegato ed interessante il profilo che emerge dal sondaggio-inchiesta: l’enoturista medio – maschio con un’età compresa fra i 30 e 45 anni, elevato titolo di studio e livello socio-economico medio/alto – per un classico eno-weekend (due giorni: sabato/domenica), tutto compreso (trasporto, soggiorno, musei, enogastronomia …), è disposto a spendere da 200 a 250 euro (nel 27% degli intervistati), da 150 a 200 euro (26%), da 100 a 150 euro (24%), per arrivare addirittura alla soglia massima dei 500 euro (14%). Le mete preferite sono, naturalmente, i territori di produzione, scelti sì per il fascino delle bottiglie di qualità ed atmosfera delle cantine (17%), ma soprattutto per la bellezza del paesaggio (24%), l’arte, la storia e la cultura (18%), così come per la  gastronomia tipica di ristoranti e osterie (17%) e per i diversi eventi del territorio (16%). In testa alla classifica delle mete più gettonate (dove mediamente aumenta anche la capacità di spesa da parte del turista, come pure, però, la richiesta di qualità), quasi a pari merito, svettano, tra le oltre 60 citazioni, il Chianti, le Langhe e Montalcino, territori cult dell’enoturismo; a seguire, il Collio, Montefalco, Monferrato, Conegliano, l’Oltrepò Pavese ed i Castelli Romani; in forte progressione anche la Franciacorta, l’Alto Adige e la Valpolicella. Ed è proprio sul fronte degli eno-distretti che gli enonauti hanno dimostrato un’ottima conoscenza, elencando e classificando ogni vino rispetto al territorio di origine: in vetta, nell’immaginario collettivo, il binomio “Brunello – Montalcino” (25% degli intervistati), quindi “Barolo – Langhe” (22%), seguito da “Chianti Classico – Toscana” (18%). Ad una certa distanza seguono “Barbera – Monferrato”, “Collio – Friuli Venezia Giulia”, “Sagrantino – Montefalco”, “Amarone/Valpolicella”, “Franciacorta – Franciacorta”. Ed a seguire ancora “Lambrusco – Emilia”, “Prosecco – Valdobbiadene/Conegliano”, “Marsala – Sicilia” e “Verdicchio – Marche”.
Ma gli enonauti italiani – che vanno alla scoperta dei distretti del vino non in un’ottica di fare acquisti di prodotti dell’enogastronomia a buon mercato, ma con il chiaro intento di conoscere e capire le caratteristiche di un territorio (la suggestione dell’ambiente, del paesaggio e della cultura locale, l’atmosfera della cantina, la gastronomia tipica dei ristoranti ed osterie, la ricchezza del patrimonio artistico e culturale, l’affascinante artigianato artistico e tradizionale …) – non solo arrivano, guardano, assaggiano e degustano vino: tranne una sparuta minoranza (4%), nei loro tour enoturistico, tornano a casa anche con una piccola scorta di bottiglie. Per almeno tre “pezzi” da mettere in collezione, o da bere con gli amici a cena nei giorni seguenti, i turisti del vino sono disposti a spendere da 30 a 45 (nel 30% degli intervistati), da 15 a 30 euro (23%), da 45 a 60 (21%), da 60 a 90 euro (11%); oltre la soglia dei 90 euro si spinge solo il 12% e, sotto i 15 euro, solo il 3%.
Ma, nel sondaggio condotto da www.winenews.it, non mancano le sorprese, purtroppo anche negative.  A cominciare dai prezzi, che sono letteralmente “saltati”. Ma c’è di peggio: secondo il 60% degli intervistati, l’offerta del turismo del vino è attualmente in Italia caratterizzata da improvvisazione, individualismo ed episodicità. E l’accoglienza nelle cantine (in termini di accessibilità, orari, servizi e cura del turista) è definita scarsa dal 27% degli enonauti e appena sufficiente dal 40% (è buona, invece, per il 31%; eccellente solo per il 2%). Un bilancio sconfortante che da corpo a non pochi problemi ed a tutta una serie di considerazioni, che gli enoappassionati “sondati” così spiegano: “manca per il turismo del vino una logica di sistema, un’offerta di territorio e spesso la concorrenza fra vicini prende il sopravvento sulle necessarie sinergie e sull’esigenza di valorizzare l’intera filiera agroalimentare”; “manca, ancora, troppo spesso la necessaria sincronia fra aziende, operatori turistici, istituzioni ed enti locali; e le stesse aziende, soprattutto di piccole dimensioni, non capiscono la necessità di investire e di impegnarsi anche sul fronte della qualità del servizio e dell’ospitalità, limitandosi spesso al loro interesse di vendita di qualche bottiglia di vino”; e, su questo stesso versante delle carenze gravi, c’è da registrare “una scarsa comunicazione, per di più episodica e legata ad eventi stagionali, quando la promozione di un territorio, delle sue tipicità, dei suoi prodotti, richiede invece un impegno a tutto campo e continuo per determinare ricadute omogenee e durature nel tempo”. Al tirar delle somme, siamo insomma lontani anni luce dai modelli francese e americano che hanno dimostrato sul terreno e nel tempo un’efficacia a tutta prova.
Emblematici, anche a questo riguardo, i “messaggi” lasciati a www.winenews.it, a fine sondaggio, dagli enonauti: “è un segmento del turismo dove regna il fai da te”, “è un turismo legato ancora troppo agli eventi, che troppo spesso hanno una scarsa fantasia”, “c’è tanta speculazione in tutta la filiera del turismo del vino”, “regna un eccesso di dilettantismo, anche da parte delle pubbliche amministrazioni”, “pochi produttori di media/alta qualità sono inseriti nell’offerta enoturistica”. Ed ancora “è un turismo “per spennare il pollo” …. E poi, con una famiglia di 4 persone, è possibile fare enoturismo oggi?”. Infine, sono molti gli enonauti che protestano: “è un segmento di turismo dove, almeno per il momento, domina l’aspetto commerciale su quello culturale”, “l’offerta del turismo del vino, in Italia, è davvero caratterizzata da tanta improvvisazione, che chiaramente un po’ si riduce nei territori dove è maggiore la cultura del vino”, “mancano dei controlli seri e severi sulle strutture (cantine, osterie, ristoranti …) e servono corsi di formazione per chi accoglie il turista”.
Ma chi sono gli enonauti di www.winenews.it? Ecco il loro identikit: prevalentemente maschi (82%), il 54% di loro ha un’età compresa fra i 30 e i 45 anni; hanno un elevato titolo di studio  (l’85% ha conseguito il diploma di scuola media superiore o la laurea), godono di un buono/ottimo livello socio-economico (imprenditore, bancario, avvocato, commercialista, ingegnere, medico, agente di commercio, architetto, commerciante …). Ad attrarli sono soprattutto i territori dei grandi vini, dove il paesaggio è più suggestivo, nei ristoranti è possibile assaggiare gastronomia tipica, gli abitanti sono cordiali, il clima è buono e c’è un ricco patrimonio artistico. 
 
 
Montalcino, 20 aprile 2004

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