Un pranzo domenicale sul Vesuvio nella cantina di Maurizio Russo in slide show
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di Marina Alaimo
E’ vero che questo è il mio territorio, ma ritrovarmi con le suole tra i lapilli, passeggiare tra i filari che risalgono a fatica la china del Vesuvio, è per me sempre un’esperienza profonda e molto coinvolgente. I colori di questo territorio sono unici, il terreno è grigio nerastro e fa risaltare il verde acceso dei vigneti, circondati dalla macchia mediterranea del Parco Nazionale del Vesuvio, dove imperano i pini ad ombrello e la profumatissima ginestra.
Ad ovest i filari guardano lo spettacolo del golfo di Napoli, quindi le varie sfumature di azzurro del mare si confondono all’orizzonte con quelle del cielo. Tra i filari l’ uva è in attesa della vendemmia, ormai alle porte, qui e là qualche sporadico e rarissimo grappolo di uva greco di Torre, tra le prime varietà ad essere impiantate in questo territorio ancor prima che arrivassero i Romani, i quali, tra l’altro, pensavano che Bacco abitasse sul Vesuvio. Altro testimone delle antichissime origini vitivinicole di questi luoghi, dove la storia dell’uomo è strettamente legata ai tralci di vite, è il piedirosso, in dialetto locale per’ e’ palumm’, chiamato dagli antichi Romani columbina purpurea.
Poi ancora il caprettone, spesso confuso con la coda di volpe, ma che invece ha una identità ben definita, pur essendo ritenuto un clone di quest’ultima, dai chicchi grandi e dorati, buccia coriacea e grande concentrazione di zuccheri. Il vecchio tendone vesuviano, che per secoli ha protetto le uve dal forte irraggiamento solare, ormai celermente cede il passo alla spalliera sulla quale falanghina ed aglianico completano le varietà allevate alle pendici del Vulcano. In occasione della terza edizione della kermesse Vesuvinum, ho invitato diversi amici ad una colazione speciale tra i vigneti dell’azienda Cantina del Vesuvio, nel comune di Trecase, per condividere con loro la bellezza dei vigneti di questa piccola azienda, solo 11 ettari.
Un bel pranzo con, tra gli altri, Gianpaolo Necco, dirigente nazionale Arga Campania; Carlo Zucchetti, presidente Enoteca Provinciale della Tuscia, il mitico Luciano Lombardi, alias Vigna del Mar in giro per la Campania con la compagna e due amici; Antonio Pesce, l’enologo del Vesuvio; Romina Sodano, fondatrice della scuola di cucina Mise en Place; Giulia Cannada Bartoli delle Officine Gourmet, Serena Albano, consigliere della Provincia di Napoli; Karen Phillips, wine and food blogger, Tonia Credendino, degustatrice AIS.
Ha cucinato per noi Carmine Mazza, chef e patròn del ristorante Il Poeta Vesuviano, di Torre del Greco. A tavola sono stati serviti: crema di ricotta agerolese con passata di pomodorini del piennolo e crostini di pane al rosmarino e basilico, variazione di zucchine con provola di Agerola, spaghettoni con pomodorini del piennolo olive di Gaeta e polvere di finocchietto selvatico, stoccafisso con crema di acciughe, pinoli e scarola, pastiera napoletana.
Maurizio Russo, il padrone di casa, ha servito e raccontato personalmente i suoi vini agli ospiti: Mariè 2009, falanghina pompeiano igt, Lacryma Christi del Vesuvio bianco e rosso2009, Maestro “004, aglianico riserva pompeiano igt.
8 Commenti
I commenti sono chiusi.
Ma chi è quel brutto ceffo seduto di fronte all’ottimo Pignataro???!!!
Hai ragione,,,inquietante: secondo me gli spaghettoni con pomodorini del piennolo olive di Gaeta e polvere di finocchietto selvatico erano risottati, e non si fa, non si fa, perdincibacco. ;-)
Va detta e sottolineata la delicatezza della postura per rispetto all’oratore: son cose che non si vedono più, dai tempi dei cineforum su Eisenstein. :-))
Ho riconosciuto Luciano dal fatto che il cestino del pane che ha davanti è VUOTO… :-))
Oh, ma non avcete proprio un ca@@o da fare ??? ;-)
Grande e splendida ospitalità, panorama da urlo, insomma, siamo stati proprio bene.
Grazie
Ciao
Un posto incantevole!! A differenza tua, mia cara Marina sono di Caserta e il Vesuvio l’ho sempre considerato come un luogo dal quale scappare, come d’altronde hanno fatto tantissimi vesuviani che si sono rifugiati nella mia città. Per questo giunta in cantina non ho potuto fare a meno di riflettere sul paradosso della valorizzazione e difesa del vulcano tra i cinque piu’ pericolosi al mondo. La mia curiosità si è spinta fino alla vigna, alla cucina, alla bottaia, ai vini… tutto sapientemente curato e invitante. Il territorio ma ancor di più il panorama hanno lasciato una sensazione
…una sensazione…di rivalutazione e di scoperta. I miei complimenti vanno a Maurizio Russo che con tenacia e lungimiranza ha saputo abbattere i preconcetti storici e i paletti delle istituzioni con l’unico obiettivo di fare qualità. Ho acquistato due tra i suoi prodotti: la riserva 2004 e il distillato di albicocche del Vesuvio che ritengo siano davvero dei fiori all’occhiello della sua produzione. A breve mi sono promessa di ritornare per condividere con i miei cari quello che se non si vive non si può spiegare!!
E’ stata un’esperienza magica attraversare i vigneti analizzare le caratteristiche delle uve e saperle riconoscere!!! Capire quali sono le condizioni del terreno e quelle climatiche tali da favorire la crescita di tipologie diverse!!!
Ma e’ stato fantastico bere un buon bicchiere di vino in ottima compagnia e riconoscere dal colore il sapore e la temperatura la sua qualità !!!
Tutto questo mondo magico inizia a regalarmi ogni giorno emozioni nuove, diverse ;DDD
Grazie a Giulia, Marina e Luciano !!!! ;)))
Ovviamente …. non mancherò alla prossima occasione !!!
Marina complimenti per la descrizione dettagliata che ci hai regalato… ;DDD
Napoli, 20 settembre 2010. QUESTO NON E’ UN COMMENTO MA UN RICORDO, PIACEVOLE E GUSTOSO.
L’appuntamento con Maurizio Russo, patron della Cantina del Vesuvio, una vigna nata sopra i residui di lapilli del Vesuvio, ce l’aveva fissato Marina Alaimo, una specialista in fatto di comunicazione, circa quattro mesi fa. Non l’avevo dimenticato, ma il vicepresidente dell’Arga, Luciano Pignataro, me lo ha ricordato e così dopo la cerimonia mattutina del Premio Amodio Pesce,il “Vesuvinum” inventato da Michele dividendolo tra Terzigno e il castello Mediceo di Ottaviano, abbiamo raggiunto Marina e Maurizio nella bottaia sotto il cono del Vesuvio che, visto da vicino e da sotto, fa veramente impressione tanto da chiedersi come faccia la gente a viverci. La risposta la dà senza troppo pensarci Maurizio, il Vesuviano: ma cosa vuoi di più vivibile? Guarda: alle spalle i vigneti, di fronte la conca del golfo di Napoli, sullo sfondo si vede già Capri e nelle giornate limpide anche Ischia e Procida. E poi, vuoi mettere l’aria? Tutto si concilia con un ambiente pressochè salvaguardato naturalmente (complice la paura del Vesuvio?). Qua il richiamo al bio non serve: è da secoli che si coltiva al naturale. Nelle campagne attorno alla città ve lo sognate! E racconta di quando suo padre usciva di notte, raccoglieva il vino dei vicini in piccole botti, andava in città e vendeva tutto. Di notte? Sì, così evitava il dazio…Ricorda che quando Luciano arrivò da lui non aveva che il vigneto, un pò di frutteto e qualche pianta di ulivo, in più un’enorme botte e un salottino di plastica sotto una pergola: insieme fantasticavano sul futuro vino che sarebbe sgorgato dopo qualche anno da vigne asciutte sorte su un manto di trucioli di lava, leggerissimi, che non trattengono l’acqua e che danno alle uve un sapore diverso da quelle che si gusta nelle province vitivinicole campane. L’enologo Pesce, avvezzo a sistemi moderni, scuote il capo, gli piacerebbe cambiare qualcosa, ma Maurizio crede in quel che la natura gli dà e pensa ad altro. Lui il suo vino lo vende solo là. Non lo manda in giro, chi lo vuole deve comprarlo da lui, magari prima fa un assaggino di salumi e formaggi, poi ascolta la storia di quel posto che il padrone di casa racconta ai visitatori che arrivano in torpedone, e infine compra una di quelle 35mila bottiglie che la vigna produce ogni anno. Un’azienda che ogni anno diventa sempre più grande, ma sotto l’occhio attento e vigile del patron. “Sì, ma il Vesuvio, e se erutta?”. ” Lo spegniamo col vino”.
E se la ride di gusto, scappando verso una comitiva chiassosa che arranca sul viale verso le panche,al fresco, sotto il pergolato dove tra un bicchiere e l’altro ascolteranno la storia di papà Russo…
Beata gioventù, Gianpaolo Necco