Birra? Un calice di Orval


Orval

Orval

Frequentare persone da stereotipi crea pericoli? Anche no. Forse…Sì. Nicola Bartolucci stava lì, spiaggiato, più o meno come me, al solito bar con le sedute da regista. Che, detto per inciso, sarebbe anche tempo di bruciarle e farsele nuove. Inavvicinabile secondo i miei standard. Tatuaggi sul 97% del corpo, spero escluso l’impianto idraulico, maglietta con pistola disegnata sulla schiena, barba pesante (molto pre-hipster), capelli fluenti ma raccolti a codino.Tipo da Harley-Davidson, insomma. Una fetta dell’inarrivabile salame di mora romagnola di Igles-4-stelle-Corelli (però mi era parso gli piacessero le bionde, ultimamente ;) sciolse il sociopatico Nicola, una sera da Libero Musetti.

Nicola Bartolucci

Nicola Bartolucci

Da li’ si sviluppa qualcosa di diverso dai soliti grugniti – buongiorno, buonasera- di entrambi. A marcare il territorio me la cavo pure io. Scopro che il personaggio e’ notissimo. Ha una birreria, dove ci sono erette da 20 anni barricate contro i birrifici italiani in genere e artigianali nel particolare, ma non voglio scoprire troppo le sue corpose munizioni. L’aprì, a 22 anni, folgorato sulla via di Azzate e di un grande di quel mondo, Franco Re. I monologhi del pietrasantino intorno a sentori e sapori delle birre sono lunghissimi e affascinanti, il suo stinco cotto in tre façon e’ molto interessante, la birra Oude Geuze di Boon proposta in abbinamento con torta di mele e crema  fa correre unghie femminili sulla schiena. Ho deciso, da ministro degli Esteri del blog, che da oggi dovrete assolutamente leggerlo. Vi provocherà, anche, più avanti, sugli scabrosi temi del mondo birraio. E magari vi verrà voglia di andare a trovarlo o, perfino, qualora siate ristoratori curiosi, di avvalervene per abbinare piatti intorno al suo mondo.
Giancarlo Maffi

di Nicola Bartolucci

Il monastero di Orval è situato in una delle più piacevoli valli boschive delle Ardenne. Fondata da monaci Benedettini partiti dalla Calabria intorno al 1070, questa fu la prima di una serie di comunità che segneranno la storia del Belgio.

Sulla splendida ed unica bottiglia l’etichetta raffigura una trota con un anello in bocca.

Esiste una leggende sull’origine di questa effige e vi invito, il prima possibile, a fare una piccola ricerca per poter godere al meglio del mito di Orval.

birrificio trappista Notre Dame d'Orval

birrificio trappista Notre Dame d’Orval

Il campione preso per la degustazione è stato imbottigliato il 29/04/2014 ed è da consumarsi preferibilmente entro il  29/04/2019.

Sulla temperatura di servizio potremmo aprire un vero e proprio dibattito; personalmente trovo che ci sia differenza tra andare in birreria a bere qualcosa e trovarsi nel mezzo di una vera degustazione, ma senza tediarvi ulteriormente, vi consiglio una spillatura mai sotto gli otto gradi, lasciando ai più audaci ed esperti la voglia di sperimentare verso l’alto.

Questa birra effettua l’ultima rifermentazione appena prima la messa in commercio, quindi , se volete un consiglio, non bevetela mai prima dei sei mesi dall’imbottigliamento.
Durante la spillatura la schiuma si mostra abbondante, e messa sotto esame risulta fine, compatta, persistente, aderente e cremosa come poche volte ho avuto il piacere di osservare.

La birra è di colore ambrato con riflessi ramati, mentre all’aspetto risulta al limite del torbido a causa dei lieviti in sospensione che, in fase di spillatura, ho cercato accuratamente di sollevare dal fondo della bottiglia e servire nel bicchiere.

All’esame olfattivo, inizialmente  l’erbaceo del luppolo la fa da padrone mettendo in evidenza anche alcune note resinose che, se non parlassimo di Orval, potremmo annotare non proprio come un pregio.

In un secondo tempo, sale un commuovente trionfo di albicocca matura che si lega magnificamente a tutto ciò che lo precede. Questo profumo vi accompagnerà fino alla fine della vostro bevuta, nella quale comunque noterete un crescente sentore di lievito.

Mi fermo a quelle che sono le evidenze olfattive, perché ben mi guardo dall’entrare nell’intimo di una vecchia signora che conosco da molto e rispetto da sempre. Vi confesso che spesso da una degustazione puramente tecnica prendono le distanze anche i più esperti, ché una volta appreso il mestiere, tornano inevitabilmente a parlare di emozioni, senza cadere pero nell’equivoco del romanticismo fine a se stesso.

Al primo sorso la frizzantezza sulla lingua è tangibile, fine e stuzzicante; mentre quasi assente è la gassatura che trova le sua spia nelle pareti interne delle guance.

Buona l’ acidità e di conseguenza la salivazione che ne deriva.

Notevole la sapidità, che nelle bottiglie più “mature”, se siete o sarete così fortunati da averne in cantina qualche bottiglia ferma da qualche anno, potrà darvi l’illusione di bere acqua di mare.

I lieviti caratterizzano indiscutibilmente anche il gusto di questo nettare e lo “sporcano” magnificamente, mentre la luppolatura, più che decisa, è sempre di eccellente qualità.

La sensazione di amaro al palato, pur sconfinando nel ruvido, risulta oltremodo complessa, durevole ed emozionalmente appagante.

Orval è una birra profondamente tradizionale ma con una timbrica contemporanea. Risulta infatti molto più asciutta delle dirette rivali ed è prodotta da sempre con la tecnica del dry hopping*, variante produttiva molto in voga negli untimi anni nelle birre moderne, ma che invece ha origine in tempi non sospetti.

Orval

Orval

Su un capolavoro del genere si potrebbe tranquillamente scrivere un libro, che avrebbe  l’effetto opposto del voluto – e del dovuto – se vi illudesse di poter padroneggiare questo nettare essendovi nutriti di ogni informazione al suo riguardo.

Per questo motivo vi invito, il prima possibile, a mettervi nelle migliori condizioni per poterne sorseggiarne una o più.

Per chi volesse assaporarla a tavola, suggerisco di collocarla a fine pasto con un abbinamento tanto semplice quanto soddisfacente: compratevi un buon gorgonzola naturale lasciando a casa, almeno per questa volta, mieli o confetture varie. Buon appetito

Nicola Bartolucci

Nicola Bartolucci

Dati tecnici
Tipologia: Trappista
Fermentazione: Alta
Nazione: Belgio
Gradazione alcolica: 6,2
Formato: 33cl
Colore: Ambrato
IBU**: 40

*dry hopping o luppolatura a freddo: tecnica utilizzata in fase produttiva per conferire alla birra i profumi del luppolo senza che questo ceda a quest’ultima anche la parte americante

**International Bitter Uniti: unità utilizzata per misurare la quantita di amaro presente nella birra

4 Commenti

  1. Benvenuto. Molti di quelli che sono passati da qui poi hanno scritto libri, fatto biglietti a comitive di forsennati di food, fabbricato orologi. Altri hanno preso 30 denari, ma anche meno. Altri hanno tradito amici e scialacquato intelligenze non da poco. Altri ancora sono diventati manager di food. Sta ora a te….scegliere … A parte i sassolini e gli scherzi …. auguri davvero ;)))

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