Riso di “qualità extra”: cosa significa?
di Sara Cordara*
Il riso rappresenta l’alimento base per la maggior parte della popolazione mondiale, si tratta di una graminacea e, precisamente, di un cereale. Gli scaffali dei supermercati offrono ormai un’ampia scelta di riso: quello ideale per il risotto, quello versatile per l’insalata di riso o quello più adatto per le minestre. Il riso è un alimento altamente digeribile ed il cereale con il minor potere allergenico in quanto privo di glutine. Io, come molti di voi, adoro ad esempio il carnaroli (vedi foto), quello autentico, un riso quasi senza imperfezioni, dal retrogusto dolce che vale la pena di provare.
Ma non vi è mai capitato di acquistare, indipendentemente dalla varietà, delle confezioni di riso con scritto riso “ extra ” ? sono molteplici le segnalazioni che ho ricevuto riguardo al significato della parola “ extra ”. Effettivamente se si effettua una breve ricerca sul web non se ne viene a capo di nulla, nessuna spiegazione in merito, neppure se si sbircia sui siti web delle aziende produttrici in questione. Eppure i negozi e gli ipermercati pullulano di scatole di riso di qualità extra, anche di marche commerciali stranote. Ho così preso la palla al balzo e mi sono documentata a riguardo, confrontandomi anche con degli esperti del settore. Innanzitutto, per comprendere la dicitura “ extra ” è necessario sapere che la lavorazione del riso è una tra le più importanti variabili che intervengono a determinare la qualità. Durante queste fasi, possono infatti sfuggire dei chicchi verdi, rotti o imperfetti, che prontamente vengono individuati da lettori ottici ed espulsi attraverso dei getti d’aria, prima di inviare il riso lavorato al confezionamento.
Secondo il decreto ministeriale del 14 dicembre 2012 il riso per venderlo deve possedere una percentuale di grana o più volgarmente di chicchi rotti o frantumati, originatesi dai processi di lavorazione, inferiore al 5 % in peso. Se però questa percentuale scende al di sotto del 3 % il riso si definisce “ extra ”, di qualità sicuramente superiore, e specificandolo chiaramente sulla confezione. I furboni però sono onnipresenti e può capitare che qualche azienda illegalmente definisca, con tanto di caratteri cubitali, il proprio riso di qualità extra, aumentandone ovviamente il prezzo di acquisto, quando in verità non lo è. Ma allora, come facciamo noi consumatori a capire se il riso che stiamo acquistando è davvero di qualità extra oppure è un falso? Naturalmente il consumatore non lo può individuare, sono necessarie delle specifiche analisi, il mio consiglio è quindi di cercare sempre di effettuare degli acquisti consapevoli rivolgendovi a produttori o aziende fidate.
Un ulteriore aspetto riguarda poi la presenza sul mercato di confezioni di riso vendute come riso carnaroli, ma che in realtà contengono al suo interno delle varietà diverse come il karnak. Affronterò questo piccante argomento a breve, quindi continuate a leggermi.
*Nutrizionista – specialista in scienza dell’alimentazione
4 Commenti
I commenti sono chiusi.
Sei stata veramente chiara Sara, in quanto l’ EXTRA molte aziende te lo fanno passare come se ti dessero il miglior cosa al mondo ma non e cosi, se fai qualità i chicchi rotti non li devi confezionare con il riso bello, può succedere che ti scappi qualcosa in quanto il confezionamento avviene per scorrimento e questo può portare delle successive rotture del riso dopo la selezione, ma e il modo che molte aziende ne approfittano delle leggi sul riso le quali sono molto lacunose ed il consumatone non conosce questi ” buchi ” normativi. Continua a far chiarezza brava
Grazie Dino, anche delle info aggiuntive
A me pare che per i risi EXTRA il limite siadi 1,5% di impurità…siano esse rotture, grani gessati, verdi, rossi o macchiati.
A me risulta che la denominazione riso extra sia consentita solo per i risi che hanno tolleranze inferiori a 1/3 rispetto a quelle di legge e grani rotti inferiori al 1,5 invece del 5%.