Trebbiano d’Abruzzo 2011 doc in anfora
Nell’oceano di vini abruzzesi che da sempre ha inondato l’Italia diventando spesso altra denominazione con qualche tocco di bacchetta magica si distinguono le aziende che hanno avviato un discorso regolare e preciso. Senza compromessi.
È il caso della bella azienda biologica appollaiata su una collina di Atri con vista sul mare della costa teramana. Qui tutto è biologico certificato e, oltre alla vite, si coltivano olivo, grano, ortaggi, aglio in armonia con la natura. Un progetto a ciclo completo, che prevede anche la produzione di salumi, conserve oltre che di vino e olio e dove è possibile alloggiare.
Quando nel 2003 Francesco Cirelli decise di avviare la cantina aveva le idee ben chiare: fare qualcosa di diverso che caratterizzasse questo sforzo avviato proprio in concomitanza con la prima grande crisi di mercato del vino a livello mondiale.
Bevendo il suo Trebbiano selezionato da cloni locali e fermentato in anfora troviamo una conferma: un bianco semplice, di buona freschezza anche se del 2011, estremamente caratterizzato dal frutto a pasta bianca integro, note di macchia mediterranea, rimandi di mandorla e nocciola. L’ingresso è suadente, la dolcezza del naso si ritrova anche al palato, ma è una sensazione di frutta matura, non di zucchero, subito bilanciata da una buona sapidità, dall’acidità ancora in azione e dalla chiusura amara che lascia la bocca ripulita.
L’abbiamo provata sulla prima parte della cucina di Gennaro Esposito, ben goduto sul risotto al peperone giallo o sul conchiglione ripieno di baccalà mantecato. Su questi patti, strutturati, ha retto senza difficoltà mentre ha ceduto quando c’era la necessità di un vin odall’acidità tagliente ed esuberante senza compromessi di stile campano.
Bellissimo bianco, appagante, confortante, molto simile per certi verso al Trebbiano di Emidio Pepe. Ve lo consiglio soprattutto sulle paste come i maccheroni al grattè o con i piselli, i fagioli, i cavolfiori. Un bianco, questo del 2011, che ha ancora molto da raccontare.