Speciale 50 Best Restaurant 2018, Pavillon Ledoyen e la cucina di Yannick Alléno
8 avenue Dutuit, Parigi
Tel. 33-01 53051001
www.yannick-alleno.com
Aperto la sera, chiuso la domenica
Ferie in agosto. Prezzo medio sui 240 euro
Ed eccoci nel regno di Yannick Alléno, vicino alla grande Avenue des Champs-Élysées, l’unica dove forse si respirava aria di Natale a Parigi durante i giorni del Grand Tasting.
Un Tre Stelle di recente riconoscimento che promette faville e che ha l’ambizione di resettare la grande tradizione francese.
Yannick Alléno si è formato al Royal Monceau e al Drouant. Nel 2003 ha assunto la direzione delle cucine dell’Hotel Meurice, dove ha preso per la prima volta le Tree stelle. Nel 2010 ottiene una seconda stella al ristorante Cheval Blanc di Courchevel, ma la sua fissazione resta Parigi.
La sala è decisamente da rifare, mentre la carta dei vini è praticamente, sorprendentemente, banalmente, inesistente.
In compenso il servizio è attento e professionale e poi in queste occasioni noi terroni troviamo sempre qualche paesano, come è capitato a Giuseppe Di Martino con Benito Cascone, stabiese, che dopo aver fatto l’apertura del Cambio a Torino è piombato qui.
In cucina invece c’è lo chef pugliese Martino Ruggiero, polso e tanta professionalità.
Non fatevi impressionare dalle cupolette di burro (dolce e salato), la cucina è dinamica, fresca e basata quasi tutta l’olio d’oliva.
Il cazzeggio iniziale e divertente ma anche un po’ scontato, senza guizzi particolari. Ma è quando si entra nel vivo del pranzo che iniziano le belle sorprese.
Ci riferiamo alla gelatina di prosciuttto, tanto per cominciare, di un sapore intenso, giocata sul dolce del grasso ma anche sulla freschezza oltre che sulle consistenze.
Il tavolo unanime rimane stordito da una batteria di piatti che fanno camminare il palato, mai scontati, ben lontani al neoclassicismo di Piege. Lo scampo con mousse di mandorla è strepitoso, il carciofo, inserito nel degustazione su richiesta di Peppe Di Martino, ci stupisce per la sua essenzialità rinviandoci a quello di Niko Romito o di Mario Sposito e, ancora, a quello di Luca Abruzzino. Adoro quando il vegetale diventa protagonista assoluto di un piatto a prescindere da pesce e carne. E non perché sia vegano, semplicemente perchè penso che ci voglia tanta capacità per fare grandi piatti vegetali.
La dolcezza del carciofo in due servizi è risolta con una vinaigrette acida che invece di accentuare il tannico delle foglie incredibilmente lo scioglie.
Mi spiazza e mi colpisce l’aragosta, addensata in olio d’oliva anziché sul burro. Spettacolo.
La triglia alla royale, in un momento in cui a Parigi tutti fanno lepre, non è solo un cazzeggio, ma un incredibile piatto di dinamicità poggiato sull’equilibrio.
E persino le due carni sono piatti in movimento e non scontati.
Batteria di pre dessert, dolci e piccola pasticceria assolutamente moderna: poco zucchero, ancora acidità e mineralità.
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CONCLUSIONI
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Insomma, una cucina che gli esperti di vino definirebbero verticale. A noi ha divertito moltissimo e pensiamo che in una sala rifatta e una carta adeguata alle proposte gastronomiche qui dentro ci siano ancora ampi margini di crescita.
A noi è sembrata una mediazione tra la bistronomie e l’alta cucina classica rassicurante borghese. Piatti che non rassicurano in uno spartito rassicurante.
Una cosa è certa, pesano molto di più i 5 euro spesi in Autogrill dei 500 e passa a testa che abbiamo lasciato sul tavolo, la conferma che niente è caro se alla fine del pranzo pensi a quello che hai mangiato e non a quello che hai speso. E soprattutto se non vedi l’ora di tornarci subito:-)
Ledoyen, piccola pasticceria, cacao puro
Un commento
I commenti sono chiusi.
Concordo in pieno. Cucina “verticale” e grande lavoro sulle concentrazioni. Sala vecchiotta sì, ma di grande storia. Da tornarci domani. :-)