Tre Olivi a Paestum, nuovi investimenti al Savoy Beach Hotel lanciano la prima annata da chef bistellato di Giovanni Solofra
Tre Olivi del Savoy Beach
Via Poseidonia, 41
Tel.0828 720023
Aperto la sera, domenica a pranzo
Chiuso mercoledi
La cosa che davvero mi ha meravigliato in questi due anni di Giovanni Solofra e Roberta Merolli al Tre Olivi a Paestum è stata voglia di riscrivere una storia gastronomica di un territorio. Come tutti i territori con una cultura gastronomica importante, il Cilento, amplificato dal riconoscimento Unesco della Dieta Mediterranea, è legato alle proprie tradizioni. Quando si è legati così visceralmente al passato e alle tradizioni gastronomiche, non è semplice proporre qualcosa di nuovo. La bravura della coppia, nel lavoro e nella vita, è stata quella di non scadere nel folklore, ma di usare la tecnica e l’ironia per provare a reinventare la tradizione.
Un approccio, che nella mia vita da gourmet praticante, ho visto solo ai grandissimi cuochi. Gli ingredienti sono quelli di questi posti, la prospettiva è differente, non solo nell’impiattamento e nello storytelling che accompagna i piatti. La leggerezza, prima di tutto, i sapori che lasciano la confortevolezza per diventare a volte più pungenti, a volte puri per lasciare spazio alla bontà della materia prima.
Trovare dei pani di questa fattura, con l’utilizzo di farine antiche, è davvero difficile. La ferratella, tipica cialda dolce abruzzese, viene lavorata con farina monococco, pomodoro e origano. Taralli e grissini, preparati con un misto di grani cilentani, ricordano quelli napoletani. La baguette è preparata con farine integrali. La focaccia con acqua di pomodoro, ed ha il sapore della pizza. La ciabatta con farina di semola. La pagnottella a lievitazione naturale. La brioche con il tuppo con impasto semi dolce, è fantastica. In accompagnamento tre intingoli, con una menzione speciale per la melanzana e melograno e l’humus di ceci.
I canapè iniziali sono dedicati agli artigiani che collaborano con loro. Ogni boccone è legato ad un volto, una storia. Si parte dalla Tomba del tuffatore, icona pestana nel mondo e si continua con il racconta di chi gli fornisce erbe spontanee, chi gli cura l’orto, il macellaio di fiducia e via così. E’ bello conoscere la “famiglia” Tre Olivi, come primo passaggio della cena, da il senso del lavoro della squadra.
Il carrello dei vegetali da solo vale il viaggio, l’ho travato da subito geniale. Proporre delle preparazioni così lunghe e complesse, esplorare le potenzialità del mondo vegetale è un lavoro raffinato di tecnica, ma anche umanistico, avanguardistico e ironico. Servire una mozzarella, fatta con il latte di mandorla in terra di mozzarelle di bufale è il segno della grande ironia e della voglia di provocare, che non deve mai mancare per rendere un’esperienza a tavola completa.
Bruca! Il primo boccone di un territorio. La natura che sceglie di restare, rinasce, si rigenera. Tutto vegetale con un lavoro tecnico importante sulla foglia di fico d’india, che diventa il condimento delle altre verdure. Violento, intenso, divertente, non solo nella presentazione, trova una profondità di gusto e di pensiero sul mondo vegetale strabiliante.
Il gioco sulla pasta è la cosa che mi è piaciuta di più, in un menu dove fai fatica a trovare sbavature. La voglia di divertire e di divertirsi con le parole. Asciutta o in brodo, come si mangia la pasta? Il raviolo, asciutto ha il ripieno liquido all’interno, mentre gli spaghetti alla chitarra come condimento hanno un brodo fatto di pasta ed il trittico si chiude con una scarpetta, perchè non c’è piatto di pasta che si rispetti che non termini con una scarpetta. Centrati, divertenti, golosi.
Briciole – quel che resta nel tavolo e Menaica- quel che resta nella rete, sono due diverse concezioni di intendere il mare. Nel primo caso i cannolicchi, dal gusto salino pronunciato, nel secondo le alici, delicate, eleganti, materiche.
La quaglia, con sentori di affumicatura torbata e accompagnata dalle melanzane è la giusta chiusura per la parte salata, sempre in crescendo nei sapori, deliziosa.
La chiusura dolce, anzi la continuazione del pasto nella parte dolce è di livello assoluto. Roberta è una pasticciera con tecnica ed esperienza, mette sempre in conto il divertimento e la bellezza che sono una condizione fondamentale, perché i dolci si mangiano quando non si ha più fame e solo quando sono belli e golosi, si riesce a coglierne tutta l’essenza.
Conclusioni
Giusto un anno fa scrivevo dai miei social che il Tre Olivi era pronto per entrare con prepotenza nella scena gastronomica nazionale, lo ha fatto passando da zero e due stelle Michelin in un sol colpo. Mi sbilancio, perché l’energia dei due ragazzi e della famiglia Pagano nel continuare ad investire nel bello e nel buono è davvero tanta, non mi meraviglierei di traguardi ancora più importanti anche nel breve periodo.
REPORT DEL 9 MAGGIO 2022
Tre Olivi del Savoy Beach
Via Poseidonia, 41
Tel.0828 720023
Aperto la sera, domenica a pranzo
Chiuso mercoledi
Prenotazioni
Possiamo definirlo un pranzo di mezzo al Tre Olivi da Giovanni Solofra? Di rientro dal Cilento verso il caos cittadino, decidiamo di fermarci proprio come avevamo fatto a novembre, una settimana prima che la Michelin consacrasse gli sforzi della proprietà e la cucina di Giovanni con le due stelle. Per molti è stata una novità, non per noi, come potete leggere nella recensione più sotto, in cui definiamo senza tema di smentita questa cucina una delle migliori della Campania.
Le due stelle ha convinto Salvatore Pagano a nuovi e clamorosi investimenti, praticamente siamo quasi in un cantiere aperto alle ultime battute: presto il locale raddoppia con uno spazio dedicato all’aperitivo e alla piccola pasticceria per dar modo di muoversi durante il pranzo. Prevista una saletta a parte con cucina dedicata e,ancora, una riorganizzazione nel reparto cucina che separa per sempre il percorso del gourmet dagli altri.
Nuovi investimenti in cantina, ha aperto la Spa, insomma il Tre Olivi del Savoy Beach è il terminale di un hotel esperenziale che sta cambiando pelle per incrociare nuove domande.
E la cucina? Troviamo Giovanni Solofra in splendida forma, immerso nelle sue cineserie che fanno di ogni boccone una storia, un racconto, una rivelazione su questa magnifica terra ricca di ogni cosa: mare, pianura, collina, montagna. Frenetica la sua caccia ai produttori di qualità, agli artigiani del gusto, sicché l’albergo della famiglia Pagano sta diventando una vetrina dell’eccellenza gastronomica del Parco del Cilento e della Campania. Lo sforzo dello chef è cercare di divertire il cliente oltre che appagarlo, dunque il carrello dei vegetali sarebbe degno del migliori momenti dell’Eleven Maison Park prima della china punitiva intrapresa da Daniel Humm segnalata da un Giuseppe Di Martino allarmato e deluso e confermata dal NYT.
Un po’ perché nella cultura meridionale il vegetale è festa, un po’ perchè Giovanni si diverte nel parallelo fra vegetale e carne/salumi, il piatto del carrello dei vegetali è da solo una esperienza da fare e che noi ripetiamo volentieri. Come pure bissiamo il coccodrillo, un modo per far mangiare le verdure ai bambini, una finissima ed elegante minestra maritata senza eguali.
Nel menu di mezzo, in attesa che esca quello nuovo ci sono piatti ormai storici, come l’omaggio al Tre Olivi e due nuovi, la pasta ripiena di coniglio con le alici e una stupefacente quaglia al posto di un piccione. Insomma, siamo convinti ci sarà da divertirsi.
Mangiare qui costa, vini esclusi sui 100-130 euro a seconda dei menu degustazioni che si scelgono
La carica della doppia stella è stata impressionante, ma qui non ci pare sia considerata un punto di arrivo, ma un trampolino verso nuovi traguardi, la voglia di un assalto cielo che adesso si vede da vicino.
I presupposti ci sono: la proprietà ci crede e sta investendo, la cucina è moderna, non statica, aperta alle novità, ha una base vera e non raccontata sull’orto e sull’azienda biologica di Peppino Pagano, papà di Salvatore. I piatti non hanno eccessi di sale o di grassi e sono decisamente salutari oltre che gustosi. Il racconto del territorio c’è tutto, letto però in maniera moderna, con tecnica sapiente e non esibita.
Cosa si mangia ai Tre Olivi a Paestum: il menu di Giovanni Solofra
20 novembre 2021
Giovanni Solofra lancia il primo carrello dei vegetali in Italia: proprio così, al posto dei formaggi e dei salumi, tutti i vegetali di cui è ricco il Cilento lavorati in modo ghiotto ed efficace. Ma questa è solo la punta dell’iceberg di un filo conduttore che passa attraverso l’elemento vegetale come asse portante del menu chiamato La Scatola dei Bottoni. Qualcosa che non solo si racconta, ma che è anche profondamente vera perché alle spalle c’è una grande azienda certificata biologica e perché nella cultura meridionale il vegetale ha sempre avuto dignità di portata anche quando si mangia pesce o si sogna(va) la carne.
Il risultato è un menu straordinariamente ironico e divertente, molto raccontato, in cui ogni piatto rivela l’approfondimento sul territorio della Piana del Sele e del Cilento che lo chef ha avuto modo di fare in questi mesi esaltanti e difficili al tempo stesso. Ecco allora la primula di Palinuro vegetale e marina, il muretto a secco dei legumi, la minestra, buonissima e che da sola vale il viaggio, del coccodrillo dal nome dato dai contadini a un’erba spontanea. Un crescendo di racconti e di divertimenti che da un lato ricorda molto Moreno Cedroni, dall’altro, in alcune implacabili cineserie come appunto il muretto e la caponatina, rimanda all’estetica di Nino Di Costanzo.
L’obiezione potrebbe essere un eccesso di storytellig e di estetica, ma il fatto è che dietro ogni racconto e nei piatti che stupiscono e spiazzano c’è una tecnica di cucina che riporta ai sapori veri dei prodotti, senza eccessi di sale e di grassi, in una visione decisamente moderna e, ripetiamo, vegetale anche se laicamente ci sono piatti di carne fra cui un agnello irpino che va masticato di grande sapore.
Il menu costa 140 euro mentre l’altro, il Gramigna, con piatti che già sono diventati classici, 100. Alla fine si mangia alla carta con 120, 130 euro e si gode di una cantina ampia e spesso profonda che oltre ai vini dell’azienda di famiglia, San Salvatore 1988, ha tanta Campania, Italia e ovviamente Francia tra Champagne e Borgogna.
Il risultato è tanto divertimento con un solo buco nero e un rischio. Il buco è l’assenza di pasta secca (anche dal menu alla carta manca) assolutamente straniante nella regione della pasta e in un momento in cui tutti i grandi chef la propongono da Sud a Nord. Il rischio è un percorso forse troppo lungo per questo menu di 9 portate a cui si aggiungono i canapè e il carrello dei dolci, immaginiamo soprattutto la sera. Ma comunque, a compensazione, possiamo dire che è molto equilibrato (se si resiste ai pani e ci si modera nel bere), compresi buonissimi dolci finali di Roberta Merolli, la moglie abruzzese, che si annuncia già in alcuni pani e grissini.
Oggi a nostro giudizio il Tre Olivi è sicuramente di gran lunga il miglior ristorante fine dining di Capaccio-Paestum e tra i migliori in Campania per varietà di offerta, capacità tecnica, profondità nel selezionare la materia e di estrazione di sapore oltre che di relazionarsi con il territorio (prodotti, tradizione e produttori) e la clientela. A cui si aggiungono il bonus del servizio, della cantina, dei servizi ,compresa la possibilità di parcheggiare che non è poco. La prova è che riesce a soddisfare sia gli appassionati che la clientela vera, quella che consente ad un ristorante di riempirsi e di andare avanti con il passaparola e i feedback che riceviamo in continuazione sono ampiamente positivi.
Insomma, imperdibile.
Il menu del tre Olivi di Paestum
Report 1 Giugno 2021
Ristorante Tre Olivi a Paestum
Seconda stagione per Giovanni Solofra e Roberta Merolli al Tre Olivi nel Savoy Beach Hotel della famiglia Pagano. Paestum in questi ultimi anni è diventato un luogo importante nella ristorazione italiana. Infatti in questi anni allo storico Nonna Sceppa si sono affiancati l’Osteria Arbustico e Le Trabe.
Ma la vera novità di questi ultimi due anni nella cittadina dei Templi sono certamente Giovanni e Roberta. Heinz Beck, Quique Dacosta, Ciccio Sultano tra le esperienze che hanno formato Giovanni. Lo chef di origine campana cura tutta la parte salata, mentre Roberta cura lievitati e dolci.
I canapè sono ispirati allo stretto legame tra il cibo e la parola, il mangiare e il parlare. Il sempre valido parla come mangi, diventa il mantra iniziale della cena, trasformando in cibo, alcuni tipici modi di dire. Molto divertenti, non lo spiego per non togliere il divertimento che si prova quando li presentano.
Tutti i pani vengono realizzati con le farine di Terre di Resilienza, progetto tutto cilentano, per la trasformazione di grani antichi autoctoni. La ferratella, tipica cialda dolce abruzzese, viene lavorata con farina monococco, pomodoro e origano. Taralli e grissini, preparati con un misto di grani cilentani. I taralli ricordano quelli napoletani. La baguette è preparata con farine integrali. La focaccia con acqua di pomodoro. La ciabatta con farina di semola. La pagnottella a lievitazione naturale. La brioche con il tuppo con impasto semi dolce. In accompagnamento tre intingoli, la scapece con olio alla menta, il pomodoro con olio di concentrazione di pomodoro, il burro.
Tre Olive è l’omaggio alla struttura, ma anche chiaramente alle esperienze spagnole di Giovanni. Il ripieno è di puttanesca di mare, peperonata, succo di oliva in purezza. Tre morsi completamente diversi per una piacevole sensazione iniziale.
Crudo 2021 ricorda l’insalata di tonno. Un carpaccio di tonno rosso, accompagnato da un ristretto di olive nere al nero di seppia, nocciole, cipolla di Vatolla in carpione, ravanelli e pompelmo azotato. Molto bella la presentazione, la lieve acidità e cambio di temperatura del pompelmo, l’acidità più marcata del carpione di cipolla, rendono il piatto brioso, oltre ad una materia prima sopra le righe.
Anima di primavera fave, piselli, asparagi selvatici, borragine, carciofo alla giudia, nascondono la sorpresa, un’animella di vitello. Piatto di tecnica, cotture precise, tante note vegetali. Il piatto che forse meglio rappresenta la cucina dello chef, per tecnica, stagionalità e legame al territorio. Quello che mi è piaciuto di più.
Tagliolino un meraviglioso sugo fatto con telline e ricci di mare, mentre i tagliolini sono lavorati con alga spirulina, borragine e broccolo. Un piatto dal grande impatto iodato, quasi violento. L’estrazione del mare è notevole, però avrei preferito della pasta secca, magari uno spaghettino, per smorzare e ingolosire.
Riso all’insalata “A Beethoven e Sinatra preferico l’insalata”. Omaggio a Franco Battiato, scomparso da poco. Piatto complesso, si passa dalla tecnica del freddo per l’isalata, per non perderne il sapore lievemente amorognolo in cottura, al prosciutto di tonno, all’olio di sesamo estratto a freddo. Grande complessità anche nel gusto, per un risultato finale molto interessante.
Costata bello e scenografico, anche per l’estrazione dei succhi in sala con il torchio. Ottima la cottura della carne, notevole il lavoro sulla melanzana che prende le forme di un torroncino. La melanzana diventa la vera protagonista del piatto e perchè no, potrebbe anche portare ad un doppio servizio del piatto, prima la melanzana e poi la carne.. Tanta tecnica e voglia di divertirsi e far divertire.
I dolci sono un altro dei punti di forza di questo ristorante. Grande attenzione, anche alle temperature di servizio, cosa non scontata a nessun livello. Su tutti il soufflè, che ricorda la torta caprese, magnifico e sempre difficile da realizzare. per un pasticciere da ristorazione è come l’esame di Diritto Privato per un avvocato, il resto è più semplice.
Conclusioni
Un posto in cui stare bene, ed essere coccolati, il bravissimo Alessio Tritto in sala vi farà sentire sempre a vostro agio. Tanta energia e attenzione dal pane alle coccole finali. Una cucina di grande tecnica, che trova degli spunti per far divertire gli ospiti. Un’esperienza da godere fino alla fine grazie al calore che questa terra sempre sa offrire.
Ristorante Tre Olivi
Via Poseidonia, 41, 84063 Capaccio SA
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2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Grande novità ma non solo di Paestum.Ci sono stato e ci torno per quei tagliolini di mare che al solo pensiero ti fa svenire e per i pani di Roberta tra i più buoni che abbia mangiato in un ristorante stellato FM
Ci sono tornato ora che è bi-stellato ed il salto in avanti mi ha a tal punto colpito che il percorso consigliato ,come un vestito dal sarto personalizzato, resterà per lungo tempo un sogno incantato.Che il buon Dio sia lodato e Peppino ringraziato per questo regalo che il Cilento ha ricevuto FM