Un Tramway carico di ragù (di pecora) | Garantito IGP
Antica Trattoria di’ Tramway
via Pistoiese 355, Sant’Angelo a Lecore (FI)
tel. 055/8778203 o 333/4636068
[email protected]
di Stefano Tesi
Non nascondo di avere un debole per certe vecchie trattorie da carrettiere nate millanta anni fa lungo le grandi vie di comunicazione dell’epoca per offrire un economico ristoro ai viandanti e rimaste, più o meno, tali e quali. Leggendaria, in proposito, la gag realmente accaduta nelle campagne fiorentine d’inizio ‘900 che mi raccontava mia nonna: un tipo un po’ male in arnese entra defilato in osteria, fa capire di essersi portato il pane da casa e ordina sottovoce un piatto di fagioli: al che il perfido oste, contrariato per la modestia della comanda, bercia beffardamente alla cucina: “Qui un piatto di fagioli, vino beve acqua e il pane l’ha da sè”. Altri tempi, davvero.
Erano le stesse trattorie che, con l’avanzare della modernità, si sono ritrovate pian piano incastrate in quella terra di mezzo oggi chiamata hinterland: un’area nè carne e nè pesce, sospesa tra città e campagna, nel suburbio di paesi e frazioni diventate satelliti. Molte sono defunte, ma le sopravvissute hanno saputo mantenere la propria identità e hanno continuato a fungere da punto di riferimento per la gente del posto, i pendolari, i commessi viaggiatori e i nostalgici di una certa sana, riconoscibile, rassicurante cucina tradizionale.
E’ questa la prima cosa che ho pensato quando, dopo lunghe insistenze, un amico mi ha convinto ad andare a cena a “L’Antica Trattoria di’ Tramway” a Signa, agli estremi confini occidentali della provincia di Firenze (ma in un comprensorio tradizionalmente fiorentinissimo), in bocca a Poggio a Caiano e alla sua famosa villa medicea. Già il nome dice tutto: è un vecchio negozio di tabacchi e generi alimentari, con bancone e vendita ancora in piena attività, sorto dove una volta c’era anche la fermata del tranvai (chissà perchè nel nome del locale mantenuto all’inglese, tramway) che collegava, appunto, Poggio a Caiano a Firenze. Ancora più esplicito il biglietto da visita sui cui, all’antichissima, sono stampigliati alcuni motti popolari. Tipo “Isolina, dove vai? Al Poggio col tramway!”, oppure “Piace alle donne, assai assai, girare in su sul tramway, godere in tutte e a tutte l’ore, ballare e far l’amore”.
Insomma avete capito in genere. Sempre il biglietto recita: “Alimentari, tabacchi, cucina casalinga, cacciagione, funghi e tartufi. Pagare, sorridere e ringraziare!”, specificando che l’esercizio è di “Bacchereti Morando in arte Giorgio”. Il quale Morando (la sua famiglia gestisce l’attività al 1961) si aggira ancora, ciarliero, ciarliero tra i tavoli. I camerieri sono vispi e hanno la parlantina facile. Alle pareti, in allegra anarchia, quadri di artisti del comprensorio. Mobili ingombri di bottiglie di vino e immancabile giardino per mangiare al fresco d’estate. Fronzoli, zero. Clientela diversa da quella abituale: nessuna o quasi Cucina ricca, toscanissima, nel suo genere perfino opulenta con i salumi, le finocchione, i fritti, tutto in grandi porzioni e cucinati con mano felice. Ottima la bistecca. Tanto buona che me ne sono fregato di chiedere razza dell’animale, certificati e altre amenità. Pappa e ribollita, va da sè.
Ma il vero motivo per il quale, atmosfera a parte, il mio amico ha insistito per portarmi lì e io consiglierei di farci una sosta sono l’inusuale specialità della casa: le penne al ragù di pecora. Sì, pecora: “Fatto come un ragù normale, ma con la carne di pecora”, ribadisce la cameriera ridendo. Un’antica tradizione locale, retaggio di quando le greggi pascolavano i terreno marginali della piana. Un sugo ottimo, credetemi. Tanto da far regredire la proverbiale diffidenza dei toscani verso le carni ovine diverse dall’agnello. Robusto, pieno di sapore, asciutto quanto basta, rustico ma suo modo gentile e niente affatto eccessivo nè stopposo. Un “primone” d’altri tempi e una curiosità piuttosto difficile da reperire altrove.
I frequentatori abituali della trattoria, gente dal palato esperto, mi hanno parlano anche di altre pietanze a base di pecora: pappardelle e perfino bistecche. Ma io, lo ammetto, non le ho ancora assaggiate.
Giuro, però: dopo aver testato il ragù, appena posso ci torno.
Anche perchè con 35 euro ci si abbuffa.
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