Tortano o casatiello? Quali le differenze e dove comprarli? Ecco la risposta a due domande che danno un senso alla vita i questi giorni
Nel Sabato Santo, c’è già chi comincia a rompere la Quaresima tagliando e mangiando una bella fetta di casatiello o di tortano, le due preparazioni classiche napoletane della Pasqua. Altri aspettano invece la domenica di Pasqua, di primo appetito, in attesa del pranzo. Ma il giorno deputato è Lunedì in Albis, giornata di gita fuoriporta e scampagnate.
In primo luogo bisogna precisare la differenza tra casatiello e tortano perché in realtà si tratta di preparazioni molti simili anche se poi ognuno ha la sua ricetta. Ed tutto un problema di uova, perché il primo le ha bene in vista intere sulla crosta mentre il secondo le ha nell’impasto. Tutto qui? Si, ma questo pone in grande vantaggio il casatiello rispetto al tortano in fatto di notorietà, basta cliccare su Google le due parole per vedere che il primo arriva a mezzo milioni di file mentre il secondo è sotto i trecentomila.
Il vantaggio del casatiello è certamente di natura estetica, con le uova che distinguono le porzioni imprigionate da una striscia di pasta a croce. In questo caso è evidente anche il simbolismo religioso che lo candida a preparazione tipica della Pasqua Cattolica.
Un altro elemento importante da tenere presente è che entrambi possono essere sia salati che dolci e, anzi, alcune zone si distinguono per l’una piuttosto che per l’altra tendenza. Il più famoso è il casatiello di Monte di Procida dove si organizza anche quest’anno la competizione Re casatiello che vede in gara le diverse ricette delle famiglie del territorio. Un riferimento assoluto e indiscusso è la pasticceria Mignone. Stessa tradizione a Pompei dove viene prodotto dalla Panetteria Esposito. Questo dolce poi si trova con altri nomi anche in altre zone, per esempio nel Sannio c’è la Pigna, un casatiello dolce del Monte Titerno mentre, con lo stesso nome, Pigna, si produce anche in Ciociaria.
Sono, inoltre, spesso allegramente coperti da glassature di canditi o di diavolilli, piccoli confettini colorati.
Si tratta dunque di lievitati che però a fine pranzo devono fare posto alla pastiera, dolce indiscusso delle feste di Pasqua anche se adesso si trova a Napoli durante tutto l’anno.
Ma torniamo a tortani e casatielli. Si tratta di preparazioni tipiche di recupero, ossia di mettere assieme tutto quello che c’era nelle dispense, tra pezzi di formaggi e salumi dell’annata precedente, le cui origini risalgono ai primi insediamenti urbani di etruschi, greci e romani in Campania. Come è noto, il Cristianesimo ha poi assorbito molti riti e la Pasqua celebra la Passione di Cristo ma anche la rinascita della natura e dunque del ritorno alla abbondanza e alla fine delle ristrettezze dei mesi freddi. La motivazione religiosa aiuta ad affrontare questi periodi difficili, questo è la Quaresima per i cristiani o il ramadan per i musulmani. Si parla di digiuno, ma in realtà è un mangiare di scammaro, ossia di magro, evitando i grassi animali. Dunque a Napoli si passa dagli eccessi del Carnevale dove lo schiaffo alla fame viene dalla lasagna, a quelli di Pasqua con queste preparazioni ricche di salumi, formaggi, strutto. Almeno un tempo era così, ma queste come vedete anche oggi, nel terzo Millennio, anche se la fame è un incubo del passato, certi riti vengono osservati ben volentieri da tutti i napoletani come in nessun altra rande citte media città italiana accade. Forse perché a Napoli è ancora molto radicato il valore del cibo.
Alcune pizzerie famose, per esempio, solo in questo periodo preparano tortani e casatielli. Citiamo le Figlie di Iorio alle spalle di piazza Bovio, la Masardona di Enzo Piccirillo vicino la stazione Garibaldi e la Figlia del Presidente nel cuore del centro storico di Napoli, in via del Grande Archivio, una traversa del decumano inferiore.
Questa zona sin dal periodo greco romano era colma di mulini e forni e oggi si può definire il distretto dei pizzaioli per la presenza di molte pizzerie di tradizione familiare che si tramandano da generazioni quest’arte. Poco distante, negli scavi archeologici sotto la Basilica di San Lorenzo Maggiore, ce n’è una interessantissima testimonianza. Negli scavi, scendendo appena dieci metri sotto il manto stradale, è possibile percorrere un cardine del periodo romano (I sec. d. C.) lungo il quale sono poste diverse botteghe e salta subito all’occhio quella del fornaio dove il forno è in perfetto stato di conservazione.
Ma sono soprattutto forni di pane e pasticcerie i luoghi dove comprare i casatielli e i tortani più famosi e rinomati della città, dalla pasticceria Ranaldi nei Quartieri Spagnoli al Panificio Coppola alla Pignasecca, mentre alla Sanità abbiamo il Tarallificio Esposito e al Pendino Il Fornaio. Citiamo infine, per il Vomero, il panificio Grieco.
Il termine casatiello è entrato poi nel linguaggio comune napoletano, come spesso capita con tanti alimenti.
Sei un casatiello vuol dire che hai un carattere pesante, adesso gli rifiliamo un bel casatiello significa che stiamo per creare un probema o facendo uno scherzo a qualcuno. Un avviso di Equitalia o un atto giudiziaria sono due “bei casatielli”. Insomma, nel linguaggio comune non esprime la bontà che regala al palato. Forse perché spesso è brutto e chiatto.
Ma tutti noi a Napoli lo amiamo così.
Un commento
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La pizzeria di Maria Cacialli è in via del Grande Archivio, una “traversa” di via San Biagio dei librai (parte del decumano inferiore insieme a via Benedetto Croce).