Tenute Poggio Bonelli: al lavoro per l’eccellenza tra Chianti Classico e Chianti Colli Senesi


Tenute Poggio Bonelli

Tenute Poggio Bonelli


di  Maurizio Valeriani

Avere più di 800 ettari a disposizione nel comune di Castelnuovo Berardenga, di cui 33 dedicati agli oliveti (da cui si ricava uno splendido olio extra-vergine) e 88 vitati, danno l’idea della dimensione dell’azienda di cui stiamo parlando: Tenute Poggio Bonelli, di proprietà dei Monti di Paschi di Siena.

Oggi la gestione delle Tenute Poggio Bonelli è affidata ad Agriconsulting SpA guidata dall’ Amministratore Delegato, Niccolò Di Paola. La consulenza enologica è affidata a Carlo Ferrini e Gioia Cresti.

Tenute Poggio Bonelli

Tenute Poggio Bonelli, Carlo Ferrini, Leonardo Pini e Gioia Cresti

Vediamo come sono composti questi 88 ettari: 17 ettari di Chianti Classico di Tenuta Poggio Bonelli e circa 41  nella zona del Chianti e del Chianti Colli Senesi, ed i restanti sono iscritti ad IGT.

In particolare l’area dedicata al Chianti Classico è composta da vigneti che sono tra 250 e 300 metri s.l.m., esposti principalmente a sud-est (alcuni vigneti sono però esposti a nord-nord-est).

La maggior parte dei terreni è composto da suolo caratterizzato da sabbie e arenarie gialle, solo alcune vigne insistono su argille grigio-azzurre, localmente fossilifere.

La varietà prevalente degli 88 ettari vitati è il Sangiovese. Dagli anni 2000 sono state introdotte varietà alloctone quali Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot.

La forma di allevamento principale è il cordone speronato.

Dai nostri assaggi la sensazione che emerge è che il percorso qualitativo dei vini sembra essere stato avviato, ma che l’eccellenza è ancora da raggiungere.

Ma entriamo nel dettaglio delle nostre degustazioni:

Villa Chigi Chianti DOCG 2015: agile, scorrevole, con sensazioni fruttate e speziate, veramente di grande bevibilità  (8 euro a scaffale enoteca);

Chianti Classico DOCG 2013: realizzato con il 90% di sangiovese e 10% tra cabernet sauvignon e merlot, non brilla per bevibilità,  anche se ha materia e note speziate e di piccoli frutti rossi.  Il finale è su toni amaricanti; (50 mila bottiglie prodotte; 14 euro a scaffale enoteca)

Chianti Classico DOCG 2012: probabilmente soffre l’annata calda, e quindi vengono in evidenza alcool e maturità del frutto, mentre l’acidità rimane in secondo piano;

Chianti Classico DOCG Riserva  2013: deriva da sangiovese in purezza e da uve selezionate; freschezza, materia ed eleganza si uniscono a sensazioni speziate e fruttate; vino tecnico ma di bell’impatto gustativo, e con forti legami territoriali (10 mila bottiglie. 22 euro a scaffale enoteca)

Chianti Classico DOCG Riserva  2010: deriva da sangiovese con un 10% di cabernet sauvignon; l’assaggio evidenzia le buone possibilità di evoluzione della Riserva , con potenza ed equilibrio, sapidità e succosità e lunghezza gustativa;

IGT Toscana Poggiassai 2012:  da sangiovese con forte presenza di cabernet sauvignon.: scorrevole, succoso,  lascia ricordi di spezia,  frutti rossi e melograno ( 10 mila bottiglie; 25 euro a scaffale enoteca);

IGT Toscana Poggiassai 2011: una grande profondità gustativa e sensazioni agrumate e speziate, caratterizzano l’assaggio di questo vino elegante e dal sorso dinamico;

IGT Toscana Poggiassai 2010: rispetto alle altre annate dello stesso vino, vede la sapidità e la freschezza in primo piano, un po’ meno di materia, ma una bellissima bevibilità;

IGT Toscana  Tramonto d’oca 2011: realizzato da Petit Verdot in purezza, è potente ma leggermente sovrabbondante in termini di concentrazione e di alcool;

IGT Toscana  Tramonto d’oca 2010: la bottiglia degustata era in una fase di evoluzione marcata con netta tendenza ossidativa.

IGT Toscana  Tramonto d’oca 2008: similitudini con la 2011 (e quindi sovrabbondanza e alcool) con un’ olfattiva caratterizzata da note di frutta secca e rabarbaro.