Tema: i pranzi stampa servono veramente per far conoscere un locale?
di Luciano Pignataro
Oggi voglio parlarvi di un tema particolare: i pranzi riservati alla stampa. Una prassi che ormai sta dilagando come uno tsunami.
Di cosa si tratta? Di questo: un invito collettivo a provare cucina e menu. Ma questo modo di fare ha un valore per il cliente normale? E se invitati si potrà mai parlare male di chi ti ha ospitato? Temi vecchi come vedete, ma che si ripropongono puntualmente e sempre più spesso perché ormai pure il carretto dei limoni ha l’uffficio Pr.
Quando un ufficio stampa o di consulenza prende come cliente un ristorante o una pizzeria per far conoscere il locale a chi ne scrive opera in due modi.
Uno, più raffinato, ma anche più lungo e dispendioso, consiste nell’invitare giornalisti, blogger ed influenzer a piccoli gruppi, se non a singoli o a coppia, per presentare il menu e il cuoco. L’esempio classico è stato il Kresios di Telese cliente dello studio Antonioli che nell’arco di due o tre mesi del 2018 ha visto tutti o quasi tutti i principali protagonisti del circo gastronomico italiano andare lì, magari talvolta spesati di viaggio, più spesso di vitto e magari di alloggio e rilasciare entusiastici commenti, foto e recensioni.
Dal punto di vista dell’ufficio stampa e del committente un ottimo risultato vista la mole di articoli fotocopia uscita. Ma per i lettori? E per i clienti?
L’altro, molto terra terra, in gran voga a Napoli e Roma, consiste invece nel buttare una rete a strascico inviando lettere fotocopia un po’ a tutti per organizzare il pranzo stampa che illustra il menu del nuovo cuoco o della nuova stagione.
Abbiamo spesso provato a fare resistenza a questa prassi ma vi assicuro che è molto difficile.
Le pressioni sono tante, tantissime: ora viene dalla proprietà del locale, ora è il rapporto di contiguità con l’ufficio stampa, altre volte con il cuoco che si conosce da tempo. Fatto sta che quando ti rifiuti di essere presente vieni guardato come un animale strano, uno che vuole rompere le scatole e noi stessi abbiamo subito una vera e propria chiamata alle armi di alcuni uffici stampa napoletani che nel febbraio 2017 volevano e pretendevano che noi fossimo presenti alle loro iniziative a prescindere. Organizzarono persino una sorta di assemblea poi finita in vacca sulla Pizza Libera. Il più incredibile episodio kafkiano che mi sono trovato a vivere in cui chi faceva il proprio lavoro era sul banco degli imputati mentre i corruttori, o comunque quelli che non seguivano la deontologia, erano gli accusatori e per un momento anche giudici. Tra cui un vecchio giornalista del gruppo Repubblica in pensione abituato a usare i ristoratori come autisti.
Molto spesso accade che gli uffici stampa, conoscendo la linea di questo blog su questi temi, aggirano l’ostacolo e chiamano direttamente qualche collaboratore. E’ accaduto in passato e purtroppo registriamo continui segnali in questa direzione ancora oggi.
E una metafora della continua tentazione del Demonio che insegue san Girolamo anche nel deserto.
Come fare? Lasciar andare per quieto vivere? Noi non ci stiamo.
I progetti 50TopPizza e 50TopItaly contribuiscono molto a chiarire finalmente la situazione: si tratta di guide che vengono (e verranno) stilate in anonimato. Qualcuno è stato individuato? O qualcuno si è manifestato? Appena lo abbiamo saputo lo abbiamo sostituito. Anonimato pagante e ben pagato è il nostro mantra, non conosciamo al momento un sistema migliore per garantire quanto meno l’autenticità dei giudizi.
A questo punto io posso anche venire come forma di cortesia in un pranzo stampa, ma affiderò il giudizio ad un recensore anonimo che va dopo senza preavviso.
Del resto le recensioni fatte qui sono invece dei racconti di esperienze che cercano di avere come riferimento non i pizzaioli e i cuochi ma i lettori e i clienti. Recensioni fatte con passione e spirito di servizio pagando conti su conti al di là di quello che può pensare qualche cretino. Questo è il motivo per cui, nonostante tanti attacchi, o forse proprio per questo, il blog è diventato così prestigioso e resiste sulla piazza da 15 anni, che sono un tempo enorme nel web. Se andiamo, come pure è capitato, insieme a qualche addetto stampa lo scriviamo e in ogni caso vale sempre poi la verifica anonima, successiva alla nostra visita.
Ma non vogliamo dipingere un mondo in cui noi siamo i buoni e gli uffici stampa i cattivi. Ognuno deve fare il proprio lavoro. Forse gli uffici stampa devono comprendere che il modo migliore per servire i propri clienti non è fare una sceriffata di gruppo per buttare fumo nell’occhio al committente, ma che un rapporto si costruisce lentamente curando i dettagli, costruendo una buona immagine sui social, creando vere opportunità di notiziabilità che facciano venire i giornalisti, i critici, i blogger e gli influenzer. Ce ne sono di uffici stampa e pr molto professionali e non improvvisati, certamente meglio quelli che hanno il tesserino dell’Ordine.
Ma tutto questo per dire, infine, per favore, basta con i pranzi stampa.
Non servono a noi, non servono ai clienti e non servono ai lettori.
Il nostro lavoro, la nostra passione, è rendere un servizio ai lettori cercando di dare voce alla qualità.
Tutto il resto è fuffa.
Ps: un segno dei tempi tristi che viviamo è che un tempo queste cose appena scritte erano scontate, ora non più e c’è chi nega persino la possibilità che si possa fare libera critica in libero Stato. Noi dimostriamo che è possibile senza per questo entrare a far parte del Circo.
PPs: collegato a questo tema c’è il tema del nero. Un tema che certo la fatturazione elettronica non elimina. Pare sia scattata l’indagine su alcune doppie contabilità di locali, anche molto famosi. Da lì si eroga il non dovuto a chi incassa senza fatturare. Ma questa è un’altra storia. Forse la racconteranno i cronisti di giudiziaria a breve più che noi.
PPPs. Nessuno è autorizzato a chiedere soldi o gratuità per conto del blog. Chiunque riceva queste richieste è pregato di farcelo sapere ad horas scrivendo a [email protected]
4 Commenti
I commenti sono chiusi.
Cosa penso dei Pranzi Stampa?
Io critico non uso insulti per argomentare.
Ma un tema come questo mi espone al rischio di doverli usare.
Sono il segno dei tempi.
C è chi paga per farsi arrivare 4 disperati che fanno foto e poi pubblicano sulla loro pagina fb…..contenti loro.Tanto poi chiudono ugualmente.
L’argomento è assai delicato, etico e sociologico più che gastronomico e pare il dilemma del prigioniero a cui oggi assistiamo in ben altre faccende, tra cui quelle istituzionali e politiche. Se ho i soldi necessari per andare in tutti i locali che voglio recensire o sono un professionista o sono ricco. Non è un caso che i blogger nascono anche per parlare di quel pop food che prima era bellamente ignorato dai giornalisti: pub, pizzerie, take away, ristoranti etnici, pasticcerie, panifici ecc e su cui si è fatta nuova luce.
Vero è, però, che si rischia così di aprire molto le maglie e avere solo promozione e non comunicazione. Le guide con ispettori anonimi sono una soluzione. Una. Siccome il problema è complesso, io mi interrogo da tempo e cerco di capire se esistono anche altre soluzioni.
Mangiare è una cosa seria: non bisogna cedere al food porn in nessun senso. Ma come non cadere nell’autoreferenzialitá?
Sperando in un buon lavoro degli uffici stampa: che selezioniamo, informino, arricchiscano, scardinino i soliti giri senza troppo degradare. Per fortuna, qualcosa pur di muove.
Caro Luciano Pignataro dal mio punto di osservazione, devo dire che qualcosa sta cambiando. Il sistema è imploso su se stesso e i vecchi pranzi “stampa”, genericamente definiti, (su questo c’è da aprire un gran dibattito) non tengono più come strumento di comunicazione. Superati forse proprio per l’esasperazione del sistema e il ruolo non sempre chiaro degli organizzatori degli stessi. Pranzi stampa sono stati chiamati con un incremento esponenziale, anche i pranzi solo con food blogger e persino con autori di semplici fotogallery su Fb. Quale stampa dunque? Saró all’antica, ma sono convinta che per “stampa” si debba ancora intendere il giornalista (professionista o pubblicista) accreditato da una testata riconosciuta e sono pure convinta che l’organizzatore di eventi riservati alla stampa debba essere egli stesso un giornalista (con ruolo di addetto stampa). Ricordo che un tempo nelle conferenze istituzionali per indicare che l’accesso era allargato anche ai fotoreporter nei comunicati si scriveva “giornalisti e operatori dell’informazione”. E cosa è accaduto. È accaduto che in questa deriva social il ristoratore incappato in uffici stampa improvvisati, la maggior parte delle volte non giornalisti professionisti e neppure pubblicisti, non abbia ottenuto il risultato sperato. Che ci abbia rimesso il pranzo, il pagamento della consulenza e pure qualche fine pasto di pregio, per non ottenere nulla oltre che qualche fotografia su fb e qualche bella parola. Mi immagino una bilancia: più il piatto della felicità dei food blogger accorsi alla cena va giù colmo di soddisfazione per ciò che sono riusciti a ingurgitare, più sale il piatto dell’insoddisfazione del titolare dell’attività che, per essersi impegnato tanto, avrà certamente speso una fortuna. Insomma: il gioco, dal punto di vista dell’imprenditore, non vale la candela.
Nasce il problema a monte : considerato il calderone attuale dove i presentatori fanno eventi stampa, i blogger fanno eventi stampa, professionisti di altri settori fanno eventi stampa come fa il titolare di un’attività ristorativa a scegliere a chi affidarsi ed essere certo che non sia un pacco???
Proprio per questo la professionalità se n’è andata a quel paese e c’è stata una corsa verso il basso: a chi offre l’organizzazione di un evento stampa a 500 euro, 300 euro e anche gratis!!! Ma la “colpa” è anche nel fatto stesso che i giornali perdono lettori e allora il risultato degli articoli, sul piano del ritorno autentico per l’immagine del ristoratore, è sempre quello dovuto alle condivisioni social degli articoli che l’ufficio stampa riesce a fare pubblicare, con gran fatica.
Concludo dicendo che per me gli eventi stampa sono ancora quelli dove c’è una NOTIZIA spendibile giornalisticamente. Che il risultato di un ufficio stampa si misura ancora con la RASSEGNA Stampa, ossia il numero di articoli e interviste fatti pubblicare da giornali o testate televisive.
Il resto per favore, non chiamiamoli eventi stampa, ma serata social, mangia che ti passa…
Viva il tesserino!!!