Invecchiato IGP| Taurasi 2008 docg Riserva Perillo
di Luciano Pignataro
A dire il vero non so se un Taurasi, vino eterno, possa essere considerato invecchiato dopo appena 14 anni, ma diciamo pure di si. Almeno rispetto alla media dei rossi italiani. Questa longevità lo iscrive tra i vini strutturati che rendono spesso il bere indimenticabile e irrinunciabile. Michele è assistito adesso dal figlio Felice che ha studiato enologia e insieme curano la vigna di nove ettari, aglianico, coda di volpe e in piccola parte qualche altra varietà autoctona come la coda di volpe rossa. Lui stesso procede cuoncio cuoncio, piano piano con attenzione: alle guide ha mandato quest’anno il Taurasi riserva 2010 e il Taurasi 2011: viaggia, insomma, con una media di dieci anni.
Questo dedicare il tempo giusto al vino lo rende unico nel panorama degli autentici vignaioli, tra i pochi insieme a Mastroberardino e Di Meo a rispettare l’Aglianico senza forzarlo in alcun modo. Siamo su un territorio irrorato dal Vesuvio, il suo è argilloso, calcareo ma anche tufaceo, a circa 500 metri, quasi sul tetto della denominazione, ma in questo caso possiamo dire che il global warming favorisce questa viticultura che è sempre stata abituata a combatte con il freddo più freddo e le escursioni termiche più incredibili se ci sistemiamo con la testa a Sud. Lento pede, fra un travaso e un assaggio, Michele caccia i suoi vini nonostante l’enorme pressione commerciale: poco meno di 20mila bottiglie per nove ettari sono il risultato di un anno in vigna, mentre nella cantina quasi non si cammina per lo spazio occupato dalle diverse annate oltre che dalla squisita Coda di Volpe.
Questa bottiglia era dimenticata a casa, dentro l’anta di un mobile, protetta dalla luce e dai colpi di calore. La tiriamo fuori volentieri perché abbiamo ospiti non campani e la accompagnano a un sartù di riso fatto a mestiere, ossia con ragù e piselli, e un pollo che ha camminato molto avanti e indietro fra le vigne degli Astroni prima di finire al forno. Il Taurasi riserva appare subito pronto, non ha sentori di ridotto, il tappo è perfetto, neanche residui in fondo alla bottiglia e non abbiamo bisogno di fare sceneggiate con il decanter. Lo versiamo a inizio pranzo in bicchieri mpi e tanto basta per farlo respirare.
Colpisce la frutta matura, l’amarena, immersa in piacevoli note balsamiche e segnata da un tono fumè. al palato i tannini sono vivaci ma ormai domati, la freschezza si sente e si percepisce subito come prima sensazione, prima del ritorno al palato delle promesse del naso La chiusura è lunghissima, piacevole. Un vino di potenza, magari oggi un po’ fuori moda, ma assolutamente coerente con il suo progetto, in perfetto equilibrio nelle sue diverse componenti, con un legno magico che fa da comparsa senza sgomitare ne al naso e tanto meno in bocca.
Il tocco magico di Michele fa la differenza, una sensibilità innata che solo chi conosce le proprie uve può vantare.
Il 2008, annata perfetta, scorre adagio in un pranzo che si protrae sino al tardo pomeriggio. Fuori piove. Tutto perfetto.
Sede a Castelfranci, contrada Valle, 19. Tel. 347 1640170. www.cantinaperillo.it. Nove ettari di proprietà, 18mila bottiglie. Uva coltivate: aglianico e coda di volpe.
2 Commenti
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Per me Perillo è il Taurasi.Ce ne sono tanti altri con più potenza eleganza e storia ma qui trovo tutto quello che cerco in perfetto equilibrio e che poi sia un “signor” sartù o un pollo che ha camminato su e giù è relativo perché a fare la differenza sarà sempre quel che ci viene dalla bottiglia senza nessun ausilio dello “scenografico”decanter perché il vino, che è vivo, va goduto sin dallo stappo e per tutto il tempo che abbiamo a disposizione affinché acquisti la perfetta ossigenazione.PS Mio padre amava ripetere che quanta più acqua vien giù tanto più vino bisognava mandar giù FRANCESCO
Il taurasi più buono del mondo, indimenticabili gli assaggi da botte di 10 anni in cantina. Ho la 2009 a casa, ed è la bottiglia per gli ospiti speciali