Sushi all you can eat: il destino degli AYCE
di Ugo Marchionne
Inchieste, scandali, indignazione. Di recente il mondo del sushi è stato sconvolto nel senso più puro del termine da una vera e propria polemica. Un terremoto che aveva un solo protagonista: Gli All You Can Eat. Generazioni di ristoranti a buon mercato, gli AYCE sono spesso tristemente noti per essere i ristoranti giapponesi più frequentati dalla clientela in genere in virtù della convenienza e del risparmio. Ahimè, gli AYCE sono altresì noti per essere i ristoranti giapponesi in cui la qualità è l’ultimo degli attributi. A incidere sul prezzo di un vero ristorante giapponese sono, infatti, molti fattori. Primo fra tutti la provenienza e la qualità degli altri ingredienti come riso e soia. La pallina di riso che viene usata per creare un uramaki può essere fatta con riso giapponese o da piante giapponesi coltivate in Europa, oppure si può utilizzare riso comune che si vende a quintali a basso prezzo. Il pesce inoltre molto spesso benchè non sia contaminato da anisakis o affini, non è di grande qualità e spesso non è conservato alla giusta temperatura, aumentando cosi il rischio di infezioni gastrointestinali anche lievi. Se il pesce è lievemente mucoso, gelatinoso e discolorato vuol dire che è un pesce oramai andato che è vivamente sconsigliabile consumare. Attenti all’aspetto e alla consistenza, ma soprattutto attenti alle salse, spesso sono impiegate per coprire i sapori.
Un ristorante all you can eat è un locale che basa la sua offerta sulla quantità e non sulla qualità, utilizzando cioè un criterio imprenditoriale diverso, se pur rispettabilissimo. I piatti però almeno in linea teorica andrebbero comunque preparati con cura, stando attenti a cotture e consistenze. La realtà molto spesso è diversa, pietanze insapore, stracondite o stracotte. Le calorie in un AYCE sono tristemente un optional, non c’è la minima cura nè al valore nutrizionale delle portate nè tantomeno al loro impatto sulla salute del cliente. Oli esausti e condimenti scadenti sono la norma.
Inoltre oramai i ristoranti giapponesi sono diventati un buisness proficuo per gli immigrati provenienti dalla Cina i quali hanno oramai nell’immaginario collettivo contaminato la cucina e l’idea di cucina giapponese. Gli AYCE sono un po’ l’evoluzione dei ristoranti cinesi degli anni 80. Maiale in agrodolce, manzo stufato, pollo al limone, pollo alle mandorle, pesce e funghi. Manca solo il riso alla cantonese, ops forse c’è!
Nel sushi non c’è devozione ne rispetto per la tradizione, solo la scelta di far business. Per carità va bene, basta solo non rischiare la salute dei commensali con standard igienici al di sotto della norma e con l’uso di materie prime oramai passate.
Tonno in scatola, quintali di riso e spesso anche patatine e nuvolette di drago. Questa è la triste realtà degli AYCE D’Italia. Certo ve ne sono alcuni virtuosi in cui il risparmio è fatto dalla grande quantità di pesce acquistato, dalla velocità e dalla rapidità del servizio, oltre che da un modesto ricarico sulle bevande e sugli avanzi. La maggioranza dei casi però vede un prodotto scadente, servito come una catena di montaggio senza la minima coscienza di ciò che si sta servendo. Certo i conti milionari dei ristoranti più in sono altrettanto scandalosi poichè meramente giustificati dalla moda del momento e dalla pubblicità, ma altrettanto ingiustificato è un conto al di sotto dei venti euro, che è altamente inverosimile quando si va a mangiare crudo di pesce, Meditate gente, meditate!