#stwEATterature / I Ravioli di Coregna. L’Angolo dei Sapori, La Spezia
di Fabrizio Scarpato
Belin fanti, a ne g’è ciù niente da mansae...
Si racconta che a una Festa dell’Unità, più o meno nella seconda metà del secolo scorso, per un qualche accidente non meglio precisato, gli organizzatori realizzarono che non c’erano sufficienti provviste per sfamare la moltitudine di compagni e compagne (mica vero, c’era un po’ di tutto, politicamente parlando), al tempo affamatissimi di tutto e vagamente emuli delle famigerate estati romane, certo non meno entusiasti e partecipi. Come spesso accade pare che un gruppo di donne prese l’iniziativa: erano di Coregna, un gruppo di case sparse sulla collina che domina la città, separando il Golfo dei Poeti dalle Cinque Terre. Decisero di fare i ravioli, una montagna di ravioli. Con cosa fecero il ripieno, come tirarono la pasta, con quali farine impastarono, pur sotto pressione e con l’abnegazione che caratterizzava i militanti di un tempo, ancora oggi non è dato sapere con precisione: un po’ di carne, forse mortadella, erbe aromatiche, forse l’erba persica ma non il timo, e la pasta stesa alla bell’e meglio, un po’ alta, nodosa. Oggi i ravioli di Coregna sono nelle mani e nella memoria di nonne e zie ottantenni, che insegnano come si fa a donne più giovani, ognuna a modo suo, scartando qualche trucco come piccoli regali, col vezzo di trattenerne qualcuno ancora per sé, ché i regali vanno centellinati e solo quando fa piacere farlo. Alimentano un mito, di per sé vago nei confini, tuttavia potente, radicato. Così oggi la Paola, all’Angolo dei Sapori, un alimentari con cucina a vista, impasta e cuoce i ravioli come le hanno insegnato, anche se la zia ogni tanto si fa viva in cucina per mettersi mica tanto allegramente in competizione: sono buoni i ravioli della Paola, pieni pienissimi, duri e di morso, i bordi imperfetti seghettati dalle rotelle, tutti d’un pezzo e uno diverso dall’altro. Profumano di campagna e di fibre di grano. Forse anche di feste e di balli, di canzoni cantate a squarciagola, di fatica e passione, di senso della comunità, di altruismo, di fantasia e sano stupore. I ravioli di Coregna sono il racconto di quello che non siamo più.