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Franciacorta Extra brut, Camossi

Franciacorta Extra brut, Camossi

di Fabrizio Scarpato

La schiuma si allarga bollicionosa, quasi un pizzo a larghe trame, impalpabile, che subito svanisce, lasciando il vino pressoché immobile, di un giallo paglierino tenue. L’effervescenza pare non percettibile, se non per due o tre infinitesimali risorgive, piccole punture di spillo che sgasano lievi sulla superficie. L’hai già visto questo effetto spiazzante, manco fosse una prova di abilità, un surplace sulle due ruote sbattuto in faccia al pistard tutto muscoli. Come dire: vedi, noi non abbiamo bisogno di bolle, di catene di perlaggio, per essere a tutti gli effetti un Franciacorta. Noi, sta per quelli del metodo «solo uva», vale a dire i vignaioli che hanno scelto di raccogliere le uve solo a piena maturazione fenolica: un bel po’ di zuccheri endogeni da far lavorare senza aiuti esterni, con il mosto della stessa vendemmia messo da parte e usato sia per il tiraggio in bottiglia, che per l’eventuale dosaggio finale. Qui mi fermo, e non saprei dire se quella introversione nel bicchiere, come anche la timida, delicata intensità olfattiva, trovano ragione nel metodo, e chissà magari nel sentimento anche paesaggistico del territorio: certo è che il pistard astuto, che respira il parquet della pista, i muscoli li mette nello scatto repentino. Che poi sarebbe il sorso di questo spumante che viaggia velocissimo, orizzontale, teso e puntuto, i muscoli di seta che esplodono, come l’effervescenza, inopinatamente avvertibilissima al palato, fine, piena, irruente. Una beva appagante ed elegante, della bellezza nitida e tersa di certi gesti di campioni, con un rimbalzo finale sapido e lungo, venato di fragole e agrumi. Al traguardo, in souplesse, non c’è nemmeno bisogno del colpo di reni.