Storica Fiano di Avellino 2013 in 26 etichette, a mosca cieca vince Clelia Romano!
Una orizzontale completa di Fiano di Avellino 2013 per cercare di capire. Si aveva voglia di farla da tempo, e il gruppo Slowine-Fisar Campania lo ha esteso anche agli amici Porcelli e Bellelli della Puglia e a qualche altro che non ha potuto esserci.
Una orizzontale coperta che Andrea Capobianco ha organizzato alla perfezione nella sua bella enoteca a Montemiletto, la più fornita dell’area del Taurasi.
Bottiglie coperte, senza capsule e servite da chi non beveva per evitare il riconoscimento di quelle più pesanti.
Ognuno ha votato per se, senza discussioni di gruppo per evitare l’effetto colonnello, fatte dopo e non durante le quattro batterie (7+7+7+5).
Infine nel conteggio, il voto era in centesimi, sono stati eliminati i punteggi più alti e quelli più bassi per ciascuna bottiglia in modo da evitare il trucco, frequente nelle degustazioni delle guide, di sparare alto o basso a seconda delle antipatie e delle amicizie.
Non è certo un metodo scientifico da laboratorio sensoriale, nella prossima procederemo facendo anche rotare l’ordine di servizio per evitare che un vino influenzi il successivo in modo seriale. Ma almeno l’assoluta buona fede di chi ha partecipato è stata garantita.
Per correttezza dobbiamo dire che due aziende, Mastroberardino e Pietracupa, non avevano inviato i campioni. Li abbiamo acquistati perché certo non potevano mancare essendo l’una leader storica del territorio e l’altra pluripremiata.
Infine come ospite graditissimo abbiamo avuto il professore Moio che era curioso di vederci al lavoro e di assaggiare. I suoi contributi sono stati preziosi ma soprattutto a me è piaciuto che sia venuto perché pochi produttori hanno le palle di sopportare di essere giudicati in diretta e senza rete. Anzi, adesso c’è la moda di mandare i vini solo alle guide che li premiano.
Ovviamente, dovrebbe essere scontato ma lo scrivo visto che in rete la velocità istintiva supera spesso l’approfondimento, che il professore non ha votato, così come Andrea Capobianco, patròn dell’enoteca che ha anonimizzato le bottiglie e Alessandro Barletta che ha curato il servizio..
Ed ecco i risultati (tra parentesi, per i più curiosi, i miei voti)
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1-Fiano di Avellino, Colli di Lapio 87,4 (91)
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2-Fiano di Avellino, Tenute Scuotto 87 (89)
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3-Exultet Fiano di Avellino, Quintodecimo 86,8 (87)
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Fiano di Avellino, Pietracupa 86,8 (87)
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5-Fiano di Avellino, Feudi di San Gregorio 86,6 (85)
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6-Fiano di Avellino, Filadoro 86,6 (91)
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7-Fiano di Avellino, Rocca del Principe 86,5 (88)
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8-Vigna Acquaviva FdA, Montesole 86,5 (86)
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9-Alimata Fiano di Avellino, Villa Raiano 86,1 (89)
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10- Fiano di Avellino, Terredora 85,8 (88)
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Fiano della Stella, FdA Joaquin 85,6 (85)
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Radici Fiano Avellino, Mastroberardino 85,4 (84)
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Fiano di Avellino, Feudo Apiano 85,2 (88)
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Fiano di Avellino, Tenuta Sarno 85,1 (82)
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Fiano di Avellino, Ciro Picariello 85 (85)
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Pietracalda FdA, Feudi di San Gregorio 85 (84)
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Fiano di Avellino, Villa Diamante 84,8 (83)
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Bechar Fiano di Avellino, Caggiano 84,8 (85)
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Fiano di Avellino, Donnachiara 84,7 (89)
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Fiano di Avellino, Di Meo 84 (88)
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Brancato FdA, Tenuta Cavalier Pepe 83,8 (84)
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Fiano di Avellino, Traerte 83,4 (87)
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Fiano di Avellino, Marsella 83,4 (82)
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Studi Sant’Angelo, Feudi di S. Gregorio 83,3 (85)
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Fiano di Avellino, Masseria Murata 80 (84)
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Fiano di Avellino, Contrada 79 (82)
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Le osservazioni che potremmo fare sono infinite. Provo a sintetizzare non senza aggiungere prima che io personalmente non ho il mito delle degustazioni alla cieca. Sono sicuramente un ottimo esercizio per i degustatori professionali ma raccontare il vino è un’altra cosa. Significa conoscere le vigne, le condizioni pedoclimatiche, la storia del produttore, l’andamento dell’annata, gli alti e i bassi di un’azienda, sottolineare i propri gusti personali, fare i conti anche con la capacità di comunicare di chi produce, del territorio (in questo caso è vicina , sempre più vicina, allo zero). Il vino è emozione e i numeri possono essere solo un riferimento orientativo.
Questa è la sintesi del mio pensiero dopo questa serata stupenda.
1. Anche considerando il fatto che i voti più alti sono stati tolti la media ponderata si ferma a 88. Questo vuol dire che c’è ancora un grandissimo margine di miglioramento, la mia personale convinzione è che questo potrà avvenire quando sarà centrato il rapporto tra frutto e legno.
2.Il peso dell’areale di Lapio è assolutamente preponderante: tre ai primi tre posti e sette nei primi dieci, appena insidiato da Montefredane che però oscilla tra il vertice e la coda.
3. Le conferme sono sotto gli occhi di tutti. Semmai il vero colpo di scena, rispetto ai mostri sacri, riguarda il posizionamento del Fiano di Marsella. A mio giudizio il motivo è che è ancora molto giovane. Altra sorpresa è la grande performance del Fiano base di Tenute Scuotto che supera tutti i mostri sacri.
4. La cosa positiva, direi centrale, è comunque che il Fiano di Avellino sta acquisendo dei profili identitari abbastanza precisi ed omogenei pur nella diversità delle interpretazioni. In fondo tra il primo e l’ultimo ci sono solo poco meno di undici punti e nei primi cinque c’è la mano, o il protocollo, di cinque enologi diversi il che è davvero un grande segnale positivo: Angelo Pizzi, Luigi Moio, Angelo Valentino, Carmine Valentino e Michele D’Argenio. Per curiosità vi diciamo che il più gettonato è Angelo Valentino (Tenuta Scuotto e Filadoro) che piazza due su dieci ai primi posti (mancava quello della sua azienda, Macchialupa, perché senza 2013).
5. Il Fiano di Avellino, lo abbiamo verificato anche nella degustazione dell’Ais Castelli Romani , a due anni dalla vendemmia è ancora troppo giovane. L’ideale sarebbe metterlo in commercio dal terzo anno in poi anche se l’equilibrio viene raggiunto in genere verso il quinto anno.
Hanno degustato e votato: Ugo Baldassarre, Guglielmo Bellelli, Alberto Capasso, Pasquale Carlo, Lucia Cioffi, Elisabetta Adele Granieri, Simone Lucchisano, Teresa Mincione, Luciano Pignataro, Pasquale Porcelli, Lello Tornatore con Alessandro Barletta, Andrea Capobianco e Luigi Moio.
17 Commenti
I commenti sono chiusi.
Mi sorprende il Tenuta Sarno con soli 82 punti.
82 è il mio punteggio personale, vale quello collettivo 85,1. Sarebbe molto bello, tra un anno, ripetere l’esperienza e confrontarsi con i punteggi. Speriamo di poterlo fare e inviatiamo le aziende a conservare sin da ora le bottiglie:-)
Grazie a Luciano e a questo splendido blog che mi sono avvicinato al mondo del vino bianco ed in particolare al Fiano di Avellino. Seguendo il sito ho avuto modo di conoscere tante eccezionali cantine irpine. Mi sorprende però non vedere la cantina di Mario Struzziero ed il suo fiano Vigna Pezze 2013 per me eccellente!
Buonpomeriggio, spero che presto sia dedicata una serata anche al Greco di Tufo …. :)
Il Fiano dell’azienda Villa Diamante è il Fiano Vigna della Congregazione o il Clos d’Haut?
Mi sorprende l’assenza di alcune aziende. Essendo nell’areale avellinese non avrebbe dovuto essere difficile procurarsi altri Fiano. Poi, magari fare 2-3 manche e successivamente una finale. Chi manca? A mente mi viene in mente DI PRISCO (forse perché ne sono il rappresentante in provincia di Salerno), ma trovo buoni anche FONZONE, STRUZZIERO, COLLI DI CASTELFRANCI, D’ANTICHE TERRE, I FAVATI, URCIUOLO, A CASA e altri. Peccato.
Non sarà che i ruvidi e rocciosi lupi irpini stanno maturando un’indole più gentile e soavemente fruttata? ;-))
…era il Vigna della Congregazione…(che a me è piaciuto moltissimo) !!! ;-)
Caro Diodato, per la verità mancano tante altre aziende che producono il Fiano. Ciò non toglie che questa è la più grande orizzontale di 2013 mai fatta e, in assoluto, tra le più ampie di sempre e ha richiesto uno sforzo organizzativo non indifferente perché manca un consorzio, prima causa secondo me del calo commerciale del Fiano nel 2015, molti non hanno conservato le bottiglie perché senza archivio, eccetera, eccetera.
E poi, per dirla tutta, dopo oltre vent’anni, forse ci siamo anche stancati di inseguire chi non risponde al telefono o non richiama o non conosce mail.
Caro dott.Pignataro, spero che testimoniarle la mia riconoscenza di semplice appassionato che trova nutrimento grazie alla condivisione di esperienze come questa la possa spingere davvero a ripeterla e a raccontarcela ogni anno. Magari anche col greco, come già suggerito da qualcuno. Oppure, perchè no, anche col verdicchio o i vini friulani per raccontarci cosa distingue, nel bene e nel male, il nostro amato fiano dagli altri vini italiani. Che, se anche ha avuto un calo di vendite, non è stato certo per colpa mia, visto che il mio contributo alla causa lo sto dando tutto! Chiuderei con qualche domanda, se posso. Le degustazioni per le guide sono o non sono alla cieca? Perchè le piacerebbe che fosse maggiormente utilizzato il legno? Non è forse più territoriale un vino che fa solo acciaio?
Gentile Francesco
ogni risposta meritebbere un post a parte.
In sintesi
1-Si, no e ni. Dipende dalla guida ma anche dalla conoscenza che i degustatori hanno dell’areale.
2-L’uso sapiente e non caricaturale del legno è sicuramente il passo in più che ogni zona vitivinicola deve fare se aspira ad entrare nell’Olimpo. Che l’acciaio sia territoriale è uno dei mantra comuni, soprattutto in Irpinia, ma dobbiamo considerare che è difficile pensare che sia territoriale lo strumento in se, per non dire che si parla di acciaio lavorato da aziende del Nord o estere e che è stato introdotto da poco più di vent’anni! Può mai essere l’acciaio che ha poco più di cento anni più territoriale del legno che esiste da prima dell’uomo?
L’acciaio anzi è più omologante perché più facile da usare ed è un contenitore neutro. Certo, poi dipende dal progetto enologico ma un dato è sicuro: se ho grande materia prima in condizioni di evolvere come il Fiano, il legno è uno strumento indispensabile. Magari per il Greco no e per la Falanghina ni
Personalmente concordo molto con il punto di vista di Luciano: il banco di maturità, nazionale ma soprattutto internazionale, del Fiano sarà il riuscire a dimostrare di poter guadagnare ulteriore eleganza dal rapporto con il legno.
Non è che l’uso del legno l’abbia prescritto il medico, nè tantomeno il paradigma vino+legno=qualità va considerato un dogma senza il quale non si può ascendere nell’olimpo dei vini mito (vedi Riesling), ma io credo che al momento al Fiano manchi proprio questo, una dimostrazione convincente di poter essere grande (o diversamente grande) anche con il legno.
Al momento le etichette che fanno legno risultano, nel migliore dei casi, poco convincenti, nel peggiore quasi caricaturali: poi può anche darsi che, dopo studi approfonditi e numerose vinificazioni, il Fiano non si mostri atto al passaggio in legno, e sarà bene prenderne atto, ma fin quando non ci si investirà seriamente e concretamente, resterà un bellissimo prodotto, ma incompiuto nella sua possibilità di espressione.
@Vittorio
500 minuti di applausi:-)
Non riesco a capire in che modo un contenitore “neutro” possa essere “omologante”.
Sull’acciaio del nord o del sud non ho capito se è una provocazione.
Nel senso che un legno ben usato potrà sempre dare una impronta stilistica più significativa dell’acciaio.
Quanto alla battuta dell’acciaio prodotto al Nord, è un riferimento ironico a quanti in Irpinia sostengono che l’acciaio è una tradizione locale. Può darsi, ma da non più di vent’anni.
Quali di questi fiano assaggiati l’ha sorpresa di piu in maniera positiva e negativa ,grazie.
Ottima iniziativa.Molto utile ritengo queste modus operandi alla cieca , perchè si evitano condizionamenti.
Sarebbe interessante organizzarla anche per i vini del vesuviano, ritenuti un pò da tutti figlio di un Dio minore. E’ un modo per guardare bene “in fondo al bicchiere” cosa realmete c’è.