Steve McCurry, Cibo – Fotografie dal passato per tratteggiare il futuro
di Lorenzo Allori
“Oh pane d’ogni bocca, non t’imploreremo, noi uomini non siamo mendicanti di vaghe divinità o angeli oscuri: del mare e della terra faremo pane, semineremo frumento sulla terra e sui pianeti, il pane d’ogni bocca, di ogni uomo”. (Ode al Pane, Pablo Neruda)
Come all’ingresso della mostra di Steve McCurry campeggia una citazione dell’”Ode al pane” di Neruda, così anch’io ho sentito di introdurre queste mie spicciole riflessioni su una delle mostre fotografiche più attuali e importanti del mondo con un passo della stessa composizione.
Terminato l’ultimo congresso di LSDM dedicato all’etica, alla sostenibilità e all’estetica- che per la prima volta nella sua storia ha messo da parte le padelle per creare una due giorni di riflessioni, progetti, lezioni a livello multi disciplinare (sono intervenuti non solo cuochi e ristoratori, ma giornalisti, studiosi dell’alimentazione e dell’antropologia, esperti di settore, giornalisti) per fare un punto sullo stato del pianeta e sul ruolo del cibo e della gastronomia al suon interno, emancipando il settore gastronomico dallo stereotipo televisivo che lo rilega a mero spettacolo, o artigianalità folkloristica di basso livello, buona solo a far cassa- terminato il congresso dicevo avevo bisogno, più che di risposte di ulteriori domande. Come è possibile vivere eticamente quando sappiamo che milioni di persone non hanno accesso al cibo o vengono sfruttate all’interno della catena produttiva? È possibile cambiare il nostro paradigma per riuscire a salvare il pianeta dalla irreversibile crisi climatica che si sta manifestando e creare un nuovo stile di vita e di produzione sostenibile che renda il cibo protagonista sacro delle nostre esistenze?
Possono l’etica e l’estetica assieme, figlie della Bellezza, attraverso l’arte gastronomica e la cultura, salvare l’Uomo da se stesso?
Queste sono anche le domande che si pone Steve McCurry con la sua nuova mostra Cibo a Forlì, all’interno dei Musei San Domenico, che cerca di raccontare il nostro pianeta, la sua fragile bellezza attraverso foto raccolte durante una vita di viaggi; fotografie che descrivono il rapporto degli uomini con la fonte del loro nutrimento.
La prima sala è dedicata al pane emblema di civiltà, figlio dei cereali che hanno portato l’umanità a diventare agricoltore e stanziale, e per questo simbolo di vita per eccellenza. Un stanza blu lapislazzuli dalle luci basse, concepita come un sacrario, che racconta il pane attraverso gli usi e costumi dei vari popoli.
La seconda sala è un’esplosione di verde, come le foglie e l’erba estiva, è la stanza della Madre Terra che intende raccontare il rapporto primordiale dell’uomo con l’ambiente che lo nutre.
Grazie alla sua estetica carica di studio prospettico e ai colori saturi e mesmerici, McCurry racconta il cibo e la sua preparazione come un saper fare e un saper stare assieme, in sostenibile armonia con il Mondo che dona queste vitali risorse.
La terza sala si presenta come un grande mercato delle spezie, infatti ai piedi di ogni foto vi sono cumuli di spezie e alle pareti scorrono i suoni dei mercati di varie regioni della Terra. Un grande arazzo in cui ogni ritratto è un paradigma, una sineddoche visiva, che diventa sinestesia di suoni e profumi.
Dal lavoro, allo scambio al consumo privato o conviviale del cibo la sala mostra una quotidianità eroica, orientata a cercare il cosmico nel dettaglio.
L’ultima sala spoglia e grigia racconta attraverso lo spazio e il tempo i luoghi, ricchi e poveri, dove il cibo viene consumato o gettato via.
La produzione di cibo è di quattro miliardi di tonnellate sufficienti per sfamare 12 miliardi di persone, eppure più di ottocento milioni di persone muoiono di fame. Lo sconcerto aumenta se si pensa che oltre un miliardo di tutta la produzione va gettata, di questo scarto circa il 40% nella fase di consumo finale, che riguarda ognuno di noi.
“È difficile fare il bene, senza volersi bene” ci ricorda Bergoglio e ci mostra McCurry, secondo cui bisogna finirla con la tendenza iconico-edonistica e la virtualità fine a se stessa (manifesta nel fenomeno web del “food porn”).
Se si prendono per vere le ormai celebri parole di Barthes, il cibo “è sempre e dovunque un atto sociale”, ebbene etica estetica e sostenibilità costituiscono quei sottili fili di ragno che tengono appesi la spada di Damocle sul nostro pianeta. Tocca a noi abitanti di Gaia rendere saldi e robusti questi fili esili, poiché sono l’unico confine che separa un nuovo possibile futuro dalla fine di ogni possibile futuro.
Musei San Domenico
Piazza Guido da Montefeltro 12, Forlì (FC)
Tel: 0543-712659
www.mostramccurry.it
Orari: 21 sett 2019- 6 genn 2020
Mar-Dom: 9.30/19.00
Un commento
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imperdibile. spero di riuscire a vederla.