Spumanti dell’Etna 2024


di Francesco Raguni

Si è chiusa domenica 1° dicembre – con un evento presso il MF Museo & Fashion di Marella Ferrera a Catania – la sesta edizione di “Spumanti dell’Etna”. La manifestazione è iniziata giovedì 28 dicembre ed è proseguita per i tre giorni successivi, tra press tour dedicati presso alcune delle cantine presenti (come Gambino e Nicosia), talk e cene ad hoc, come quella svoltasi al ristorante “Coria” (1 stella Michelin, degli chef Francesco Patti e Domenico Colonnetta).

Spumanti dell’Etna 2024

Spumanti dell’Etna 2024- L’ingresso

L’iniziativa è stata realizzata con il patrocinio dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo rurale e della Pesca mediterranea – Dipartimento regionale dell’Agricoltura. A curare l’organizzazione è stata invece l’Associazione Spumanti dell’Etna insieme alla segreteria organizzativa e marketing della Scirocco e Fondazione Italiana Sommelier Bibenda. “Vogliamo unire il vino alla storia e alla cultura del nostro territorio. Spumanti dell’Etna esalta non solo il valore economico ma anche quello culturale dei vigneti etnei e dei produttori etneo” ha dichiarato Francesco Chittari, Presidente dell’Associazione.

I banchi d’assaggio di domenica sera sono stati – in primis – la conferma di alcuni produttori presenti lo scorso anno, ma hanno anche introdotto alcune novità. In particolare, si è visto un aumento delle proposte dedicate al cibo (e dunque agli abbinamenti) rispetto all’edizione 2023, svoltasi al SAL (di cui vi abbiamo raccontato QUI).

Il nostro viaggio inizia con l’Extra Brut delle cantine Murgo, cantina rinomata per la spumantizzazione sul vulcano. Proprio questa etichetta è stata la prima con cui si è spumantizzato una base ottenuta da nerello mascalese in purezza. I suoi sentori floreali, seguiti immediatamente da note di croste di pane, e la sua bocca, di grande spalla acida e di buona persistenza, lo rendono un perfetto accompagnamento per i crudi proveniente dal nostro mare.

Extra Brut Murgo

Extra Brut Murgo

Sposandoci sul versante Sud – Est, troviamo un altro grande nome dell’Etna, quale Benanti. Il loro spumante metodo classico, realizzato con una base 100% carricante, si dimostra essere un grande vino sia nella versione 24 mesi sia in quella
48. Naturalmente, nella seconda, si ha più complessità al naso e in bocca. Secco e minerale al palato, presenta all’olfatto un bouquet intenso, ricco di frutta a polpa bianca ed agrumi: ideale con piatti a base di pesce (senza pomodoro).

Benanti Noblesse 48 mesi

Benanti Noblesse 48 mesi

In rapida successione, restando sempre ad Est del vulcano, troviamo Piccolot, il metodo classico della famiglia Iuppa, il cui nome è un omaggio all’ultimo arrivato in famiglia: si tratta di un nerello in purezza che “riposa” 42 mesi sui lieviti (già provato in occasione di “Piccolo è bello 2024”. Con sentori di zagara e agrumi al naso, in bocca offre una piacevole freschezza e una grande mineralità. Ideale da abbinare con crostacei e fritture (di ortaggi o di pesce).

Iuppa, Piccolot

Iuppa, Piccolot

Presenti anche nomi che non hanno partecipato all’edizione passata, come Palmento Costanzo. Con il loro spumante passiamo al versante Nord, trovando un altro nerello mascalese in purezza, che affina 20 mesi sui lieviti. Al naso il vino regala un trionfo di frutta secca e note di pasticceria, in bocca si presenta fresco e deciso.

Palmento Costanzo

Palmento Costanzo

Menzione d’onore per Cantine di Nessuno, che per l’occasione ha portato con sé con due versioni del loro metodo classico, Apum. In particolare, preme evidenziare in questa sede il Nature con 60 mesi di affinamento sui lieviti: un nerello mascalese che sprigiona profumi di agrumi e crosta di pane.
Al palato dona sia grande freschezza che spiccata sapidità.

“Spumanti dell’Etna” è stata anche la vetrina di diverse realtà enogastronomiche della città: dal ristorante “Coria” a “Uzeta Bistrot” passando per bar storici della città, come “Ernesto”. Particolarmente divertente (da intendere nel senso autentico della parola, [dal latino divertĕre, «volgere altrove», Treccani] è stata l’interpretazione della scacciata (piatto tipico della tradizione siciliana) proposta da “Plante”, locale rinomato in città perché basa sulla sua cucina su piatti vegetali (il menù ha sia piatti vegetariani che vegani). “Plante” sceglie di scomporre gli ingredienti della scacciata e trasformarli in creme: biete, capuliato di pomodori secchi, olive nere e salsa all’amido (per sostituire il formaggio) sono i cremosi colori da mischiare insieme con un crostone di pane, necessario per dare masticabilità al piatto. Il risultato è lo stesso identico sapore di una fetta di scacciata appena sfornata.

Plante, Cremoso di scacciata

Plante, Cremoso di scacciata

Interessante anche la proposta del ristorante sito nella zona del mercato del pesce di Catania, “Tantikkia”. Il nome è “Sottomare e sottobosco”: da mangiare al cucchiaio, è composto da spuma di patate, polpa di ricci, tartufo nero uncinato, gocce di limone e olio extravergine d’oliva. Il risultato è stato un piatto molto bilanciato, nessun ingrediente ha prevalso sull’altro e ogni boccone ne ha chiamato un altro.

Tantikkia, Sottomare e sottobosco

Tantikkia, Sottomare e sottobosco

Vista, comunque, la presenza di soli metodi classici, molti altri ristoratori hanno optato per crudi di pesce (come la ricciola presentata da “Gelso Nero”) e fritti (come l’arancino di baccalà di “Uzeta”).

Il messaggio finale si pone in linea di continuità con quello percepito lo scorso anno: il metodo classico sull’Etna – che sia a base di nerello o di carricante – funziona ed è apprezzato, sia da solo che in abbinamento ai piatti del territorio. Le bollicine della Montagna (o meglio, “A Muntagna” come la chiamano i catanesi nel loro dialetto) hanno un’identità ben definita e, anno dopo anno, stanno cercando di raggiungere l’Olimpo degli altri spumanti d’elezione della Penisola.

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