Spazio 1999, l’anno del Taurasi


Il 1999 inizia ad essere il millesimo di riferimento per gli appassionati del Taurasi. Più del 1997. Da un breve scambio di mail con Lello è nata l’idea di fare un fermo immagine di quell’annata non ancora superata, decisamente importante per l’Irpinia perché fu in quel momento che l’intero territorio si accreditò al di fuori della Campania. In attesa del ripasso autunnale, ecco a voi per iniziare la settimana una lettura fresca e ben strutturata, come i Taurasi 1999.
di Lello del Franco

Sedici giugno duemilanove
Dalla rupe di Cairano si scorge un bel pezzo di Irpinia. Grano e foraggio che dai piedi dello strapiombo, collina dopo collina, arriva fino alla Sella di Conza sulla sinistra e fino a Montella dritto davanti a me. La catena del Terminio/Tuoro è lontana, eppure si vede, imponente e grigia. Siamo nella zona che fiancheggia il fiume Ofanto per arrivare fino al Vulture. Non esiste vigna, soltanto qualche perfetto filare davanti alle case dei contadini. Se facessi vedere questo panorama ad un Francese e gli dicessi che l’Irpinia è TERRA DI VINO, mi sputa in faccia. L’unico liquido ammirabile è limpido e pulito. Quello dell’invaso che macchia di azzurro il terreno. Acqua. Poi, più nulla. Perdonate, dimenticavo il silenzio. Dalla tomba dei rumori e dei suoni si sveglia uno zombi, sembra il cupo incedere di una macchina con la gomma bucata. Nasce da lontano e si espande fino ai nostri piedi.

Salvatore Molettieri nel decennale (foto Roberto Giuliani)

Io: Miereco! (“Dottore” in arte, Luca Pericolo, esperto veterinario e allevatore di Asini), qua tra qualche istante piove. Ma quanti gradi ci saranno?
Luca: forse 15, e sono le 13.30, alle 23.00 di stasera al massimo arriverà a 8 o 9 gradi.
Io: Freddo. Benissimo!
Luca: mano fredda.
Io: mente fredda.
Luca: guerra fredda.
Io: annata fredda.
Luca: che cacchio significa? Non vale come associazione di idee.
Io: Se tu sapessi!? annata fredda = vini meravigliosi.

Conza della Campania: il lago e i luoghi da cui parte il pezzo di Lello

Non ci starebbe male una 2009 fredda. L’ultima del genere citato è stata la 99. Siamo nel 09, sarebbe bella un’annata simile per festeggiarne il decennale. Quanto tempo è passato. Era la prima annata di Taurasi per Michele Perillo a Castelfranci. Il primo Tre Bicchieri ad Antonio Caggiano. Erano gli anni del bum Feudiano (Feudi di San Gregorio), la prima annata di Patrimo. Salvatore Molettieri, con il suo Cinque Quercie Riserva, veniva premiato dall’Espresso. Una delle più belle annate del Taurasi Radici Riserva di Mastroberardino, bottiglia meravigliosa ritenuta, allora, da alcuni meno importante del Naturalis Historia.

Antonio Caggiano

Primi tentativi di vinicazione per alcune aziende appena nate. Timide, impacciate, inconsapevoli. I Fratelli Antonello e Ciro Urciuolo erano alla seconda esperienza di Taurasi. Carmine Valentino, loro fido compagno di avventure, gli impone una partita di uva per la base del taurasi. Vigne di 50 anni a pergola nel comune di Paternopoli. Antico sistema di allevamento ma uva straordinaria (vigna non più esistente). Carmine ha vinto la scommessa. Appena stappato il vino è ferroso e arruginito, poi si apre alle fini e fresche note di piccoli frutti rossi, prugna turgida, ciliegia maiateca, erbe fresche, salvia e timo, balsamicità a completare il quadro. Vino passato da barrique usate e da botte da 25 hl. Frescheza nella bocca, tannini che mi aspettavo durissimi invece me li ritrovo solidi ma levigati dal tempo. Da berne a valanga.
Nella terra estrema, chiamata Montemarano, Salvatore, all’interno della Vigna Cinque Querce, aveva ancora 2 ettari a pergola piantati nel 1939 (60 anni di vita/e). Colore granato scuro, con riflessi rubini, naso inizialmente muto si apre dopo qualche minuto con note di sottobosco e funghi, prugna e mora mature, tabacco, pepe, ginepro e in più la ormai famosa mineralità (non fate quelle facce. Si! Molettieri può dare la mineralità). L’attacco al palato non ha incertezze e testimonia la splendida annata, intenso ed equilibrato allo stesso tempo, splendido nella trama tannica, ben supportato dalla freschezza e caratterizzato da una persistenza lunghissima.
Intanto, nella piccola piana ai piedi di Fontanarosa, si esibiva la terza annata del Taurasi di Pasqualino Di Prisco. Il più Sangiovese dei Taurasi (definizione di Paolo De Cristofaro). Colore tenue. Violetta, fiori appassiti, fieno, mirtilli, pino silvestri (lo sciampo). Finissimo e leggiadro in bocca, senza scontrosità e con tannino già pulito. Era solo uva delle vigne intorno all’azienda, solo legno grande da 30 hl.
Ma il ricordo più nitido è per il Taurasi Radici Riserva di Mastroberardino (lo coscete? quello dall’etichetta bianca antica, essenziale e rassicurante). Inizio non pulitissimo, ma poi si piazza il vestito nero da gran serata e si presenta con terra, frutta secca, nocciola, frutta fresca, tabacco dolce da pipa, noce moscata, cassetto dell’armadio di mia nonna. Bocca dritta come una lama, grandissimo tannino e persistenza aromatica tenue ma lunghissima. Giacosiano.

Enzo Ercolino nel 1999

Rossi di grande fascino che giocano tutto sulla finezza aromatica e su acidità preziose come il diamante, ma i bianchi? Ecco spuntare una bottiglia stravagante. Fiano di Avellino 99 Feudi di San Gregorio (base, anche se alle elementari mi ghanno insegnato che si dice classico). Un vino finissimo. Si, avete capito bene, fine e bevibilissimo. Naso di anice, resina, leggero miele, gesso, percoca gialla. In bocca c’è addirittutra l’acidità, di quelle serie mica pizza e fichi, che tiene teso il vino fino in fondo alla cavità orale. Raffinato.
Curiosità! Ecco il mio sentimento, quanto vorrei un’altra 99 nel 2009. Metto una fredda canzone nello stereo della mia macchina, Exit – U2, ed infilo la strada del ritorno verso l’Irpinia vitata. Così il Francese rimane a bocca aperta, Tiè!