Spaghetti ai frutti di mare con colatura di alici di Cetara
Si vabbé, tra poco ci dai la ricetta dell’acqua. Ok, però uno studio accerta che il 70 per cento degli abitanti dei paesi vesuviani NON HANNO visto gli Scavi di Pompei. In fondo il mestiere di giornalista è proprio non dare per scontato nulla e così, a grande richiesta, dopo alcuni anni dall’apertura del sito, ecco a voi il nazionalpopolare campano che mancava.
Si tratta di una ricetta molto semplice, una lotta contro il tempo come la gran parte dei piatti sciué sciué della tradizione partenopea con le sue varianti: le cozze da sole, ma deve essere stagione, i lupini quando non ci si può permettere le vongole, eccetera. Questo piatto ha subìto due colpi molto seri negli ultimi due decenni dopo aver toccato l’apice del successo negli anni ’60 e ’70 diventando, insieme al risotto alla pescatora, il simbolo della possibilità di andare al ristorante non per necessità ma per piacere. Addirittura veniva proposto, in parte ancora ma proprio nei postacci, nelle zone interne:-(((
Il primo colpo è stato inferto dalle norme igieniche-sanitarie che hanno eliminato molto sapore negli allevamenti nel corso della fase finale. Già perché se togli la sapidità iodata dei frutti di mare alla fine senti l’olio, l’aglio e la pasta, dimodoché anche con vongole, fasolare, taratufi e affini, alla fine sembra sempre un piatto con i frutti fujiuti. Questo è il motivo per cui nella totalità dei locali in cui si presenta prevale assolutamente il sapore dell’olio, spesso di scarsa qualità ma questo è un altro discorso.
Il secondo è che l’alta ristorazione campana ha iniziato a snobbare questo piatto, direi si è affermata proprio grazie alla sua negazione: qua non si fanno spaghetti ai frutti di mare è un modo per dire che non si è arronzoni e di basso profilo.
Eppure il piatto merita: chiama l’estate, il mare, la convivialità, la semplicità. Con un paio di accorgimenti si può recuperare un po’ del sapore perduto. Ecco qua, allora.
Insomma, l’avete già capito. Il sapore eliminato dalle norme burocratiche lo restituiamo con la colatura di alici. Questo ci consente anche di non usare il sale mentre il pepe, benché molto in uso su questo piatto, io lo eliminerei per non perdere la delicatezza. L’olio, infine, deve essere un fruttato leggero, quello della Penisola Sorrentina chiama il mare in modo naturale.
Esecuzione
Detto questo il resto è semplice: si parte con il solito soffritto d’aglio in una bella padella ampia, lasciato sudare e non bruciare. Poi si aggiungono i pomodorini tagliati a pezzettetti e si fa sfrigoliare per qualche minuto cercando di regalare il cotto non cotto all’ortaggio.
A parte fate aprire i frutti di mare in una pentola. Versate la colatura e girate. Poi li aggiungete al pomodoro e continuate la cottura a fuoco pimpante.
Sempre a parte avrete cotto la pasta, senza sale nell’acqua. Quando gli spaghetti sono al dente, mettetli nella padella e fate saltare il tutto un minuto.
Ecco il piatto della convivialità. Potrete aggiungere, se vi va, un po’ di basilico o di prezzemolo a seconda dei gusti.
Su questo piatto ci vuole un rosato. Per esempio lo splendido Melograno 2009 de La Marchesa.
La massima di questo piatto, a proposito delle norme igieniche e l’ossessione anglosassone per la sicurezza
Meglio vivere sani e morire da malati piuttosto che vivere da malati e morire sani
- Tempo di preparazione 15 minuti
- Tempo di cottura 30 minuti
Ingredienti per 4 persone
- 400 grammi di spaghetti o vermicelli di tipo industriale (Amato, Di Martino, La Baronia)
- 500 grammi di frutti di mare misti
- 6-6 pomodori freschi, meglio se pomodorini del Piennolo
- due spicchi d'aglio
- olio extravergine d'oliva fruttato leggero (ad esempio quello della Penisola Sorrentina)
- quattro cucchiaini da caffé di colatura di alici
- No salt, no pepper
Preparazione
Insomma, l'avete già capito. Il sapore eliminato dalle norme burocratiche lo restituiamo con la colatura di alici. Questo ci consente anche di non usare il sale mentre il pepe, benché molto in uso su questo piatto, io lo eliminerei per non perdere la delicatezza. L'olio, infine, deve essere un fruttato leggero, quello della Penisola Sorrentina chiama il mare in modo naturale.
Detto questo il resto è semplice: si parte con il solito soffritto d'aglio in una bella padella ampia, lasciato sudare e non bruciare.
Poi si aggiungono i pomodorini tagliati a pezzettetti e si fa sfrigoliare per qualche minuto cercando di regalare il cotto non cotto all'ortaggio.
A parte fate aprire i frutti di mare in una pentola.
Versate la colatura e girate.
Poi aggiungete al pomodoro e continuate la cottura a fuoco pimpante.
Sempre a parte avrete cotto la pasta, senza sale nell'acqua.
Quando gli spaghetti sono al dente, mettetli nella padella e fate saltare il tutto un minuto.
Ecco il piatto della convivialità.
Potrete aggiungere, se vi va, un po' di basilico o di prezzemolo a seconda dei gusti.
Vini abbinati: Rosato
13 Commenti
I commenti sono chiusi.
bravissimo pigna! Si capisce – e si vede – che sono buonissimi!!!
complimenti per la ricetta, la foto e – soprattutto – il trucco.
si ma di ‘stì pomodorini del piennolo non se ne può più: acidità a palla – quando va male sono pure amari – e ai voglia a cercarli di buoni, e poi a scartare o a togliere semi.
a maggior ragione, se il sapore dei frutti di mare se ne va alla deriva, meglio lasciarli in bianco e aspettare l’estate, no?
Non hai torto sui pomodorini. Ma quelli che dici tu non sono del piennolo, bensì quelli insapori coltivati sotto serra.
In bianco, anche, perché no.
Caro Luciano, purtroppo sono pochissimi ormai i ristoranti che propongono questo piatto realizzato “a dovere”. A tale riguardo devo dirti che, da maniacale appassionato di spaghetti alle vongole, la perfezione della ricetta l’ho trovata insospettabilmente a Tokyo, in un piccolissimo locale che si chiama “Al dente”, nel quartiere Shinjuku. Il ristorantino è frequentatissimo e nonostante il nome, il locale è interamente gestito da giapponesi i quali utilizzano solo materie prime di eccellente qualità come, ad esempio, la pasta di Gragnano ed un ottimo olio extra vergine toscano.
Sembrerebbe paradossale ma molti ristoratori italiani dovrebbero valutare seriamente l’idea di fare un viaggio-studio nel paese del sol levante, per poter riuscire ad apprendere come finalmente tornare a cucinare “a regola d’arte” uno dei piatti simbolo della nostra tradizione gastronomica.
Che dire poi dell’altra piacevole curiosità che riguarda il conto, circa 10 euro comprensivi di un onesto bicchiere di vino bianco, senza neanche dover lasciare la mancia perchè li non si usa e anzi, nel caso uno lo facesse, ti rincorrerebbero per restituirla e pure con un grande inchino…..
Non conosco questo posto, ma sicuramente è da prendere in considerazione
Certo, il costo è basso, ma considera il biglietto aereo e il soggiorno:-)
Sono daccordo sulle perplessità riguardanti i pomodorini ; neppure quelli a sette euro al kg. si fanno uscire una lacrima di sugo . Però non mi convince sino in fondo la completa assenza del sale ,ho provato il piatto , ma la sapidità del garum non è stata sufficiente . Cordialità
niente pomodirini assolutamente!!! che siamo piennolo, pachino e dell’orto di mio suocero!!!
in bianco assoluto!!!
e quando rientro da una lunga permanenza all’estero, a causa dei miei viaggio di lavoro, il menù è fisso:
SPAGHETTI ALLE VONGOLE!!!
…te le porti quelle dalla Namibia, le vongole??? ;-))
caro Lello, qui niente vongole, solo aragoste e ostriche!
un piccolo escamotage, molto piu economico della colatura, consiste nell usare una bella pasta fine emulsionando con lunghezza olio evo 4 parti di alici salate e 1 una parte d aglio usandola fin quando schiuma al posto del solo aglio.e per miracolo i frutti di mare dimenticano i giorni di stabulazione.
A parte i giorni di stabulazione,altro motivo di insapidità delle vongole è la ormai quasi totale scomparsa delle vongole veraci soppiantate dalle vongole filippine che non hanno nulla delle vongole veraci,ecco quindi il ricorso a vari espedienti per rendere ,anche se solo lontanamente,più saporito il il piatto, tipo le alici o la colatura oppure ancora l’aglio bruciato.
Bellissima e,mai snobbata pietanza,specialmente se preparata con gli accorgimenti da Lei proposti.Domanda:per l’abbinamento del rosato il “Terre Cerase”di Villa Matilde no?
Va bene qualsiasi rosato vino poliedrico e polivalente a patto pero’ di berlo alla giusta T, nel caso specifico attorno i 10 gradi…