Slow Wine Fair, tre assaggi strepitosi
di Adele Elisabetta Granieri
Una manifestazione fuori dai soliti schemi fieristici, che rappresenta, anche per il settore vitivinicolo, il primo passo concreto di quella transizione ecologica che caratterizzerà i prossimi decenni. Sana Slow Wine Fair è la Terra Madre del vino buono, pulito e giusto, un evento capace di riunire contenuti e tematiche care a Slow Food – come sostenibilità ambientale, tutela del paesaggio e crescita sociale e culturale delle campagne – e una parte dedicata alla degustazione con 542 cantine, dal Sud America all’Est Europa. Oltre all’Italia, infatti, sono 18 i Paesi rappresentati con i loro produttori: Albania, Austria, Argentina, Bosnia Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Cile, Croazia, Francia, Grecia, Macedonia Del Nord, Montenegro, Perù, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna, Uruguay. “Sono cantine che hanno voluto fortemente far parte della Coalizione ed essere presenti alla Fair – spiega Gariglio – per i produttori che provengono dall’estero non è così scontato in questi tempi”.
Ha mosso così i primi passi la rivoluzione inscritta nel “Manifesto del vino buono, pulito e giusto” che ha dato vita, nel 2020, alla “Slow Wine Coalition”, di cui l’evento organizzato da BolognaFiere, con la direzione artistica Slow Food, in partnership con FederBio e Confcommercio Ascom Bologna, è stato il primo atto pratico.
I numeri della fiera nei tre giorni parlano di 6mila appassionati, buyer e professionisti del settore, si degusta bene, senza calca e con grande interesse e l’esperienza sembra riportare ottimismo tra gli operatori che guardano alla Coalition come un modo di affrontare le grandi sfide del futuro del vino in maniera condivisa.
Tra i banchi di assaggio si incontrano molti addetti ai lavori, ristoratori ed enotecari, buyer internazionali, ma anche tanti produttori, tra quelli presenti in fiera, curiosi di scambiare opinioni con i colleghi, e chi è tra i visitatori, per salutare gli amici e tastare il polso di questa prima edizione della fiera.
Tra i saluti agli amici e colleghi, le conferenze e le masterclass di grandissimo livello, i tortellini e le tagliatelle al ragù di Fabio Giavedoni, voglio sintetizzare la mia Fair in tre assaggi memorabili, tra i tanti interessantissimi:
Cascina Fontana, Barolo 2018: un vino freschissimo, tutto improntato su un frutto croccante, che esalta il carattere identitario del varietale e del luogo di provenienza. Note di scorza di arancia, lampone e fiori di lavanda e ricordi di terra bagnata e corteccia anticipano un sorso essenziale, cristallino, di incredibile purezza espressiva, con il tannino che fa presa amplificando la tensione gustativa. Un vino che è trasparente rappresentante del suo territorio, con cui Mario Fontana si conferma un outsider.
Paraschos, Kai 2019: da sempre grande fan di tutta la gamma aziendale, trovo il Kai un vino straordinario. Straordinario perché quando pensi di averne decifrato l’essenza, riesce a scompigliare le carte, destabilizzando anche il degustatore più avvezzo. I profumi mutano velocemente dal miele di acacia, alla cera d’api, i fiori appassiti, il muschio, la radice di liquirizia, lo zafferano. Il sorso è dritto, carnoso e polputo, tocca tonalità salmastre e ha un finale interminabile.
Podere Santa Felicita, Cuna Brendino 2018: un mazzetto di fiori delle colline di Pratovecchio adorna lo stand e introduce al favoloso mondo di Federico Staderini, il signore del Pinot Nero. Tra i vini in degustazione c’è il Brendino, Cru del suo primo vino, il Cuna: circa mille bottiglie prodotte da 4000 viti che custodiscono le migliori uve di pinot nero nella parte più in alto del Podere. Al naso si esprime con ritrosia, lasciando lentamente emergere un raffinato intreccio di rosa canina, lampone e humus, con sottili richiami di incenso. Il sorso è pura vitalità, spigoli che conquistano, durezza che ammalia. Classe infinita.