Le Sèrole Pallagrello bianco 2007 Terre del Volturno igt |Voto 91/100
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Vista 5/5. Naso 27/30. Palato 28/30. Non Omologazione 31/35
Devo dire che questo bianco mi ha regalato grandi soddisfazioni. Poterlo seguire nella sua evoluzione anno dopo anno, ormai per ben sette anni, è stato davvero istruttivo. Ieri lo abbiamo aperto, non ho il coraggio di vedere se è l’ultima bottiglia, e ci ha di nuovo emozionato. Al naso stavolta abbiamo colto sentori di buccia di mandarino in modo netto, rimandi agrumati ancora più freschi, note balsamiche. L’equilibrio raggiunto tra il naso e la bocca è ormai perfetto, la beva resta sostenuta da una grande acidità, il legno e il frutto, al palato più albicocca, sono in un equilibrio da manuale.
Alla fine si resta stupiti dalla ricchezza di un vino che ci regala sempre bellissime sensazioni e credo, sia inutile dirlo, che è opportuno ritardare l’uscita, o la bevuta, il più possibile.
Sicuramente uno dei vini bianchi campani migliori di sempre!:
Scheda del 25 dicembre 2014. Mai dire mai. Dalle annate calde non si finisce mai di imparare: una verifica, ancora una volta a distanza di pochi mesi con Le Serole per riscoprire la straordinaria freschezza di cui è dotato questo bianco passato, ma non stordito, in legno che rigenre il frutto giallo croccante e lo arricchisce in una cornice di note balsamiche, spunti di macchia mediterranea, zafferano.
Un vino che ha ancora da raccontare molte cose e che testimonia delle potenzialità di questa uva bianca ancora in cerca di definizione. A occhio, visto le dimensioni dell’area, più che concorrere con la freschezza della Falanghina e del Greco, deve trovare una strada più impegnativa o con il legno o con dosate macerazioni. Insomma, una lettura che punti ad arricchire e non a semplificare?
Un controsenso? Mica tanto, visti i risultato di questa esecuzione, ma anche di altre (cito il Riccio Bianco di Alepa): nell’Oceano di bianco campano dove l’offerta è davvero ricca, di qualità e variegata, le piccole denominazioni devono scegliere la assoluta caratterizzazione, altrimenti rischiano l’estinzione come sta capitando all’Asprinio d’Aversa, cannibalizztao dalla falanghina oltre che dai disastri di territorio.
Intanto ce lo godiamo su paté, terrine, volatili, casatielli e timballi di pasta non pomodorosi.
Scheda del 21 aprile 2014. Un vino ancora in perfetta forma, molto interessante e lungo. Rispetto all’assaggio di oltre un anno fa, ha solo perso leggermente lo scatto al palato con la conseguenza di un maggiore appesantimento. Uno scarto impercettibile, certo, ma che indica forse che il vino ha superato il nadir.
Incide l’annata, non dimentichiamo infatti che la 2007 è stata molto calda, molti l’hanno paragonata alla 2003, che mette in risalto soprattutto la frutta. Il naso è molto suadente ma non monocorde e neanche banale: frutta dolce, albicocca, spezie, macchia mediterranea. In bocca la freschezza sostiene la beva ancora con molta decisione e il vino, ormai a distanza di sette anni dalla vendemmia, è perfettamente integro.
Una bella bevuta, insomma, che conferma ancora una volta le potenzialità di questa bella uva a bacca bianca.
Scheda del 2 gennaio 2013. Voto 90/100. Uno dei bianchi campani in grande stato di grazia. Non c’è altro modo per parlare di questa bella bevuta fatta alla Caravella di Amalfi l’ultimo dell’anno nella quale il bravo Tonino ha deciso di abbinarlo alla carbonara di scialatielli di zucca con crudo di gamberi.
Strano destino, il mio continuo incontro festivo con questo vino, sarà che in queste feste amo bianchi grassi, in qualche modo opulenti, che però non abbiano rinunciato alla loro spinta acida.
Le Sèrole 2006 è stato uno dei miei bianchi della Vigilia ma questo millesimo vive sicuramente su un piano superiore perché l’esuberante frutta dell’annata calda si bilancia completamente al legno. Il risultato è un naso ricco di frutta a pasta gialla e di erbe da campo, poi anche miele d’acacia e zafferano e ancora note balsamiche fresche e piacevoli. In bocca il palato è semplicemente perfetto, con una occupazione strategica dei diversi sensori della lingua in cui nessuno prevale sull’altro, dal dolce all’amaro finale, il Pallagrello accompagna la beva con decisione e piacevolezza.
La chiusura è lunga e infinita, l’energia di questo bianco si misura soprattutto nella sua capacità di sostenere l’abbinamento con un piatto a tendenza dolce molto complesso e strutturato. Ed è lì che la freschezza consente l’azzardo.
Un vino vino, giovanile, a distanza di cinque anni, la conferma che questi protocolli enologici voluti da Luigi Moio vanno misurati sempre sulla lunga distanza.
Great!
Scheda del 13 aprile 2008. Sono e resterò fisicamente e moralmente molto lontano dal mio seggio elettorale, ma purtroppo anche dalla mia postazione di lavoro ed è per questo che solo adesso ho visto al volo tra querce e castagni una dedica del grande Tommaso Farina. Al di là del pensiero gentile, mi è profondamente piaciuto il suo legare la mia guida dei vini campani a Terre del Principe, un’azienda a cui sono molto affezionato per la qualità del prodotto ma soprattutto per l’immane lotta che Manuela e Peppe hanno dovuto fare per affermarsi nonostante l’ottusa stupidità e la rognosa invidia di cui ben conosco mio malgrado gli effetti pratici, molto pratici. La giusta reazione a queste forze distruttive particolarmente devastanti al Sud dove non esiste una rete di consorzi e associazioni ramificata è una sola: continuare a costruire senza fermarsi a sprecare energie, continuare imperterriti anche quando qualcuno ha fatto saltare in aria il tuo castello, perché distruggere è facile, creare ed essere creativi è virtù di pochi, come i nostri amici hanno dimostrato di saper fare alla grande costruendo, questo il termine giusto, un nuovo territorio al vino.
E poi per fortuna in genere i coglioni hanno sempre innestato nel loro cervello un meccanismo autodistruttivo che provvedono essi stessi ad azionare con convinzione come i fatti dimostrano di continuo. A Tommaso rendo la pariglia anticipando la scheda del Sèrole 2007, un vino saggiato al volo durante una cenetta calabro-campana al Veritas in Corso Vittorio e su cui mi riservavo un intervento in settimana. Anzitutto, la prima impressione: avete presente quando reincontrate una persona dopo una bella cura dimagrante, di quelle toniche e non tossiche? Ecco, è così questo bianco più stupefacente di solito, alle prime battute intendo, sempre alle prese con il ruolo del legno. Anche stavolta, mi dicevano Peppe e Manuela, il protocollo è rimasto intatto ma è la forza della frutta Anno Domini 2007 a farla da padrona con un risultato abbastanza stupefacente ché da un lato l’effetto barrique è di parecchio smagrito, ma dall’altro ne guadagna la potente e inaspettata freschezza del frutto che non ha nulla di maturo e di esuberante, anzi, mi beava la sensazione di buona frutta bianca appena colta e spaccata. Ne esce dunque un bianco di stupefacente eleganza, ben strutturato, ancora con problemi di riequilibrio e compostezza che risolverà credo con un altro paio di mesi di bottiglia, di cui sento la mancanza acuta mangiando prosciutti di Latronico. La forza del Sèrole, è bene precisarlo, è anche quella di camminare sul filo del tempo regalando nuove emozioni a chi sa aspettare, lo abbiamo già verificato ma ne daremo conto preciso prossimamente su questo schermo.
Il Pallagrello Bianco in sostanza è uva ancora misteriosa nonostante ormai siamo quasi alla decima vendemmia, in passato era confusa con la coda di volpe e spesso questo lascia supporre una sua scarsa propensione alla longevità, ma i fatti hanno corroborato speranze diverse grazie ad un uso attento dei tempi di raccolta e delle tecniche di lavorazione in cantina sicché a distanza di un po’ di anni anche il Sèrole dimostra invece la sua evoluzione tutto sommato molto positiva e incoraggiante.
Per quanto tempo è difficile ancora definirlo essendo alle prime sperimentazioni, ma comunque l’importate è il tono di freschezza rilevato con evidenza anche in annate, mi riferisco alla 2003, in cui la stragrande maggioranza dei bianchi ci ha lasciato per morte precoce da ictus. Credo, ma avremo altre occasioni per scriverne, che invece il 2007 ci riserverà una buona sorpresa. Ne parleremo con Tommy e gli altri amici a Blog Café di San Patrignano agli inizi di giugno.
Sede a Castel Campagnano, contrada Mascioni. Tel 0823.867126 081 8541125. www.terredelprincipe.com. Enologo: Luigi Moio. Ettari: 3 di proprietà e 7 in affitto. Bottiglie prodotte: 30.000. Vitigni: pallagrello bianco, pallagrello nero e casavecchia
2 Commenti
I commenti sono chiusi.
Nel lungo periodo i vini del Prof. esprimono una gradevolezza di gran lunga superiore rispetto a suoi vini in gioventù e forse in quel tratto, dopo 4 anni per i bianchi e 8 per i rossi senza voler troppo generalizzare, che il protocollo Moio può dare belle soddisfazioni anche per i più miscredenti (Io su tutti!).
Ecco un mio piccolo post su una verticale di Le Serole fatta lo scorso anno che mi lasciò non poco sorpreso:
http://grappolospargolo.spazioblog.it/171822/Micro-verticale+di+Le+Ser%F2le+Terre+del+Principe…il+resoconto.html
ps mi scuso con Luciano per quest’autorefenzialità un pò becera ma di pura condivisione!
Come sempre, Luciano segue in maniera attenta, nel tempo, l’evoluzione dei nostri vini. In assoluto, Luciano è stato il primo giornalista ad assaggiare un Pallagrello bianco (e a scriverne), seguito a distanza di pochi giorni dal grande Luigi Veronelli che però degustò il Casavecchia (prima annata) e ne “rese conto” sul Corriere della Sera.