Sennori, visita alle Tenute Dettori e all’agriturismo Kent’Annos. Nel cuore del vino naturale senza solforosa, enzimi o lieviti selezionati


Paolo Dettori

di Romualdo Scotto di Carlo

Paolo Dettori ci accoglie con la stessa spiazzante sincerità dei suoi vini. Poche parole semplici e nette, da sardo autentico, e l’invito a seguirlo in cantina.

Siamo a Sennori, in provincia di Sassari, località Badde Nigolosu, un angolo di Romangia che ricorda colline e vigneti langaroli. Tenute Dettori domina un’ampia valle ordinatamente vitata e, con garbo e ritrosia, Paolo Dettori ammette che anche le vigne più lontane, prossime all’orizzonte, appartengono alla sua famiglia, frutto dei sacrifici suoi, del padre, di suo figlio Alessandro. Il risultato è anche questa bella cantina, interamente scavata nella collina e sottostante il terrazzo dell’agriturismo da poco inaugurato, Kent’Annos.

I vigneti delle Tenute Dettori

Il giro in cantina non richiede molto tempo. Cemento e acciaio, niente legno, cura maniacale delle uve in vigna, con il maestrale a soffiare tra gli impianti ad alberello, la terra smossa sino in profondità, per attingere agli strati più ricchi, e solo due trattamenti di zolfo contro l’umidità. Poi raccolta e selezione manuale delle uve e controllo costante, continuo, appassionato delle fermentazioni.

Pochi ingredienti chiari: «I lieviti selezionati –contesta Paolo Dettori- servono a chi non ha voglia di rimanere in cantina a controllare la fermentazione. Io non mi muovo di qua –rivendica- e quando qualcosa va storto intervengo subito. Così posso usare i lieviti già presenti sull’uva, quelli giusti». Nemmeno enzimi e solforosa sono ammessi, nessuna chiarificazione e filtraggio, niente stabilizzazione. Non ha fretta, Dettori, e si vede: ci mostra orgoglioso la nuova macchina imbottigliatrice ma si avverte la nostalgia per il tempo in cui lo stesso lavoro veniva svolto a mano, con calma, da più persone. Non hanno fretta nemmeno i suoi vini. Aspettano anni prima di entrare in commercio, il tempo necessario a dare loro identità e carattere; non c’è fretta di rientrare subito dell’investimento, non ci sono cartoni di bottiglie invenduti. Si aspetta che il vino faccia il suo corso e, quando l’annata non è quella giusta, si produce poco o niente.

Le cantine delle Tenute Dettori

Il giro in cantina è finito, il tramonto anima le vigne mentre ci accomodiamo al gazebo in terrazza destinato alla nostra degustazione. Paolo Dettori lascia parlare i vini.

Ecco il Dettori Bianco 2007, vermentino in purezza con due giorni di macerazione a temperatura controllata, ricco di sapidità e mineralità. Racconta al meglio questa terra segnata dal maestrale che spira dal mare, appena oltre le colline. Nel bicchiere, è bello leggerne la lenta evoluzione.

Bianco Dettori: il vero volto del Vermentino

Il Chimbanta nasce, invece, nel 2002 come omaggio del figlio Alessandro a Paolo Dettori, per i suoi cinquanta (chimbanta) anni. Monica in purezza, solo diraspata e lasciata macerare per dieci giorni, nel bicchiere l’annata 2006 rivela un rosso rubino carico, ampio al naso, dalla frutta rossa ai sentori di terra e di bosco, e potente in bocca: 17 gradi sapientemente mitigati da fini tannini e acidità sostenuta. Un vino deciso ma non muscolare, da sensazioni forti. Lo lasciamo a lungo aprirsi nel bicchiere e ci torneremo più volte durante la serata: un lungo racconto, forte e potente.

Chimbanta di Dettori

Pascale in purezza, invece, per l’Ottomarzo, annata 2007. Sin qui umile componente del cannonau, la Pascale si dimostra capace di attingere ad un vasto repertorio di profumi, dall’amarena alle spezie al cacao, con un tenore alcolico tanto vigoroso quanto elegante.

Chiudiamo con il Chimbanta e Battoro (cinquantaquattro), nato nel 2006 «da una vigna di monica -racconta Paolo Dettori- lasciata maturare più del solito, per pigrizia». Il risultato è questo vino austero, ricco, da lunghe attese, capace di far sognare, che definire da meditazione è a dir poco banale: ne conserveremo caro il ricordo e le due bottiglie che abbiamo portato via!

Le bottiglie aperte per la degustazione, invece, Paolo Dettori ce le fa gentilmente trovare in tavola. Si, perché Dettori, dall’incontro con un cuoco e gourmet di esperienza come Piero Cadeddu, è da un anno anche accoglienza, con l’agriturismo “Kent’Annos”. Piero ha abbandonato la ricerca ed ha abbracciato –ci racconta dopo la lunga serata di lavoro- la scelta di vita dei Dettori: semplicità, tradizione e attenzione maniacale alle materie prime, quelle a portata di mare, prodotte in Romangia. Dal forno a legna e dalle brace arriva la storia della gastronomia sarda, riproposta con garbo e sapienza, giusto contrappunto ai vini che si aprono a nuove sensazioni man mano che la serata va avanti. Ad aprire, insalatina di verdure con frutta secca, polpette di carne, frittura di verdure, pasticcio di carote, cipolla arrosto. Quindi pasta di pane carasau con pomodoro e formaggio e fettuccine al cannonau con ragù di pecora, ottime. A seguire, maialino con patate e carne alle erbe aromatiche. Chiusura semplice, con una delicata ricotta fritta.

La ricotta fritta

La cena procede semplice e piacevole, i vini in tavola rivelano forte personalità ed onorano la cucina autentica di Piero. A noi piace però chiudere la serata andando a ripescare Paolo Dettori davanti alla brace, dove –bicchiere in mano- chiacchiera con pochi amici. Finisce col raccontarci la storia di vinificazioni difficili, nelle quali non si bara -nel 2008 solo 2000 bottiglie, nel 2009 appena 19000: qui il vino o è buono o non si produce!- che è anche la storia della sua vita e di quest’azienda e dei suoi vini difficili, estremi. Definirli biodinamiciè ingiusto per i Dettori e per la passione che mettono nel fare il vino. Sono vini come sanno farli loro, vino e niente altro, diversi di anno in anno, da bottiglia a bottiglia: potranno non piacere –a noi piacciono molto!- ma mai lasciare indifferenti.

Il tramonto sulle Tenute Dettori

È l’ora di lasciare Tenute Dettori e l’agriturismo Kent’Annos, convinti di aver visto un tratto autentico della Sardegna e di essercene portati appresso, nei vini acquistati, un’espressione fedele.

Notazione finale, trascurabile ma significativa: abbiamo speso, a persona, 35 euro per la cena, vini compresi, e 11 euro per la degustazione: entrambe valevano molto di più!

Tenute Dettori
Strada Provinciale 29, km. 10
Località Badde Nigolosu
07063 Sennori SS
tel. 079.9737428
www.tenutedettori.it

[email protected]

Kent’Annos – L’Agriturismo delle Tenute Dettori
Strada Provinciale 29, km. 10
Località Badde Nigolosu
07063 Sennori SS
tel. 348.3330900

6 Commenti

  1. Ne sono sicuro che valevano molto di più, caro Romualdo. Complimenti per il post, rilassante e confortante. E poi, leggere di vermentino, monica, pascale, lieviti indigeni, nessuna chiarificazione e filtraggio, riempie il cuore di gioia e speranza ad un inguaribile “tradizionalista” come me. Quando un vignaiolo non ha fretta (e di conseguenza, nemmeno i suoi vini), i risultati non possono che essere straordinari.

    1. Grazie Carmelo,
      i complimenti vanno tutti a Paolo Dettori, vignaiolo paziente e tenace, capace di tirar fuori dalle sue terre, più che dalla sua cantina, grandi vini.

  2. ” Lavorazioni della terra per permettere alle radici di esplorare gli strati più profondi del suolo (6/8 metri).
    Solo due trattamenti l’anno di zolfo Selezione manuale di tutti i grappoli. Niente lieviti ed enzimi. Nessun grammo di solforosa in vinificazione e nella maggior parte dei vini neanche dopo. Nessun tipo di chiarifica e filtraggio. Neanche la stabilizzazione. Solo due massimo tre travasi. L’uso solo dell’acciaio e del cemento”.
    Se non è biodinamica questa, allora qual’è? I sistemi produttivi di questa piccola azienda sono gli stessi che abbiamo potuto conoscere grazie alla rubrica sui vini francesi del GdF, con un’unica differenza. Mentre i nostri cugini d’oltralpe li sbandierano ai quattro venti, e se li sanno “vendere”, per Paolo Dettori tali condizioni di produzione vengono fuori quasi incidentalmente…
    Un plauso anche a Piero Cadeddu, che da gourmet affermato ha avuto il coraggio di abbandonare la cucina di ricerca per ritornare alla tradizione e alla valorizzazione maniacale delle materie prime!
    Una curiosità, Romualdo : a cosa l’avete abbinato il Chimbanta ? L’avrei bevuto volentieri sulla pecora bollita, piatto forte della tradizione sarda. Hai voglia di “asciugare” il brodo della zuppa con i suoi 17° e contrastare il forte sentore ovino con la sua complessità!!! Bravo Romualdo, mi piacciono tanto queste recensioni “slow”, in tema con la tua personalità!!! ;-))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))

    1. In effetti, Lello, il Chimbanta merita a tavola partner di maggior peso rispetto a quelli che abbiamo trovato: alla prossima occasione da te facciamo una verifica sul campo con qualche buona proposta irpina!

  3. non conosco questa azienda, ma da quel che leggo credo produca vini molto affascinanti.
    in effetti però mi chiedo qual è la capacità di tali vini, così naturali, di essere trasportati, esposti in scaffale, traumatizzati nelle nostre cantinette..ecc,.?

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