Un cuore… di plastica: chissà se Algida ha deciso di risarcire l’Italia dopo averla deturpata con centinaia di migliaia di orribili sedie di plastica
La sedie di plastica dell’Algida. Lo so, la media dei lettori di questo piccolo blog è di circa 20 anni più giovane di chi scrive. Non vi stupirete allora sapendo che il “cornetto cuore di panna” non appartiene ai miei ricordi da bambino, arricchiti invece da straordinari gelati artigianali senza grassi idrogenati e senza coloranti che si scioglievano subito appena li compravi.
No, purtroppo però il mio presente, come quello di tutti voi, è composto da decine e decine di migliaia di sedie Algida che inquinano esteticamente la bellezza del nostro paese e dei nostri centri. Lo so, per molti etica ed estetica è una pippa mentale, lo pensano quelli che gioiosamente vanno verso il burrone tenendosi per mano e gridando felici yuuuuhuuu.
Invece il primo segnale del cedimento etico è proprio la bruttezza, la mancanza di cura, l’abbandono del gusto del bello giudicato come superfluo sino a quando si perde la percezione stessa del piacere di guardare qualcosa di ben fatto. Le costruzioni anni ’60 e ’70 ne sono un esempio, che declinano problemi urbani gravissimi.
Dal centro di Milano alla più sperduta piazzetta di paese troviamo queste orribili e omologanti sedie di plastica brandizzate Algida.
Cosa aspetta la multinazionale a ritirarle e a riciclarle sostituendole con sedie fatte di materiale ecocompatibile? Cosa aspettano i sindaci a fare ordinanze su questo argomento per far sparire questo orrore di plastica piazzato vicino a monumenti e bellezze paesaggistiche, persino sulle spiagge?
E tu che hai un esercizio pubblico, non ti metti scuorno (vergogna) di far sedere i tuoi clienti su queste cose così orribili da vedere e da toccare?
Non c’è segnale di peggiore decadenza di una sedia Algida.
Un cuore di panna in un vestito di plastica non riciclabile.
8 Commenti
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Allora bisogna distruggere pure tutte le radio brionvega che hanno fatto la storia del modernariato, perchè sono di plastica, come pure magnifiche lampade incomprabili etcetcetc.Le sedie possono essere di gusto o meno ma la crociata antiplastica non può partire da questo…facitem ò píacer.
Non è una crociata antiplastica, ma una critica all’uso sbagliato. Brionvega non c’entra nulla, il punto è un altro: le piacciono queste orribili serie tutte uguali da Nord a Sud, da MIlano a Caltagirone? Può una multinazionale deturpare l’arredo urbano italiano senza che nessuno reagisca? In molte città i sindaci fanno ordinanze su teloni tavolini e sedie che diano decoro. Che aspettiamo?
MOPLEN! Ragazzino ricordo che i “saponari”battevano città e campagne,ed offrivano alle massaie tutto un armamentario di oggetti di plastica in cambio dei vecchI attrezzi di cucina molte volte in rame. Allora la Montedison dettava legge,ed il nuovo attirava per la sua leggerezza e praticità .Famoso il CAROSELLO con Bramieri che pubblicizzava gli oggetti in plastica. I tempi cambiano.
E perché questo articolo non lo ha scritto 20 anni fa ?
E perché non 40 anni fa? Magari perché oggi il tema è talmente attuale? ,a soprattutto, che obiezione è. Il punto è: e piacciono queste orribili serie tutte uguali da Nord a Sud, da MIlano a Caltagirone? Può una multinazionale deturpare l’arredo urbano italiano senza che nessuno reagisca? In molte città i sindaci fanno ordinanze su teloni tavolini e sedie che diano decoro. Che aspettiamo?
Alcune considerazioni stimolate dal dibattito.
1- Sembra che sia soltanto una questione di decoro urbano, di estetica. Ma non è molto chiaro se
1 è il colore rosso a non piacere o
2 la plastica o
3 entrambi.
Nel terzo caso non bisognerebbe usare sedie in plastica di qualsiasi colore e orientarsi verso altri materiali.
Non mi sembra che si possa imporre l’abolizione della plastica dalle sedie delle migliaia di locali pubblici italiani.
2- Comunque, comprendo il fatto che vada migliorato il decoro urbano.
3-Mi piacerebbe, anche, vedere la stessa indignazione, lo stesso fervore verso altri aspetti ben più importanti che caratterizzano il mondo del cibo e della ristorazione(L. S.).
Spesso i food blog italiani si indignano contro i soliti 4 nomi:
MacDonald, Coca Cola, Fast-Food, olio di palma, Tavernello, birra industriale, panettone industriale, gelato industriale ecc…
E finisce tutto lì.
L’indignazione svanisce.
Non c’è più niente da criticare.
3- L’articolo non mi sembra soltanto una questione di decoro urbano:
è anche un duro attacco al gelato industriale: vedi punto 2 (i nemici dei food blog italiani da abbattere).
Spessissimo sui food blog italiani, specialmente l’estate, c’è la crociata contro il gelato artigianale e l’esaltazione del gelato artigianale.
È simile alle crociate contro il panettone industriale a Natale, la birra industriale ecc…
Ne vogliamo parlarne seriamente?
Vogliamo vedere quali sono i limiti del gelato artigianale e i limiti del gelato industriale?
O pensate che il gelato artigianale non abbia dei limiti e degli aspetti negativi, come tutte le cose di questo mondo?
Esempi di discussione:
Ci sono gelati artigianali peggiori, per gusto, di ottimi gelati industriali?
Sul prezzo dei gelati artigianali non abbiamo niente da dire?
Sono molte le famiglie italiane che non possono spendere certe cifre per dare il piacere di mangiare il gelato ai loro bambini e, grazie al gelato industriale, lo possono fare.
Ma a chi interessa questo?
Sono più importanti le sedie rosse dell’Algida.
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SHELF LIFE del GELATO ARTIGIANALE.
È uno dei punti più importanti e delicati che viene completamente ignorato dai food blog italiani.
È anche uno dei più grandi limiti del (vero) gelato artigianale.
(Dico vero perché in giro ci sono dei falsi gelati arigianali, come sappiamo per i panettoni,
le birre, i vini ecc…)
Ebbene quante ore, quanti giorni può essere conservato e consumato dal momento della preparazione un (vero) gelato artigianale?
E qui ritorna il discorso sulla freschezza che abbiamo fatto sul pesce (ma vale anche per tanti altri prodotti, dolci ecc…)
Ebbene un gelato artigianale(vero) perde le sue caratteristiche organolettiche più velocemente del pesce, che
universalmente è considerato un prodotto facilmente deteriolabile.
Se sono orribili, lo sono oggi come 20 anni fa. Sinceramente non capisco perché ora deve dire : “Cosa aspetta la multinazionale a ritirarle e a riciclarle sostituendole con sedie fatte di materiale ecocompatibile?” Perché dovrebbe farlo ? Per questioni estetiche ? Ma le pare che l’ Algida, e per essa la Unilever, agiscano per questioni estetiche ??? Una multinazionale al massimo ha dei valori in cui crede e sulla base dei quali agisce e non ho mai visto tra questi il bello….Il battersi per diminuire l’ impatto ambientale è un tipico obiettivo, ma lei questo non lo sostiene, anzi “Non è una crociata antiplastica, ma una critica all’uso sbagliato”.
Comunque non so dove le abbia viste di recente per montarle la mosca al naso: tra Milano e provincia, ma potrei citare anche altre località, è da tanto che non le vedo.
Cordiali saluti.
Ripeto, non comprendo la sua domanda: lei ha detto quello che doveva dire in vita sua 20 anni fa? Non mi pare questo il punto, sinceramente. Quanto a chiedere se ci sono, eccome se ci sono.