La ricetta del Sartù Napoletano di Raffaele Bracale
Ricetta Sartù Napoletano
di Raffaele Bracale
Nella duplice versione bianca e rossa
Cominciamo con il dire che il riso fu introdotto in Napoli dagli Aragonesi (1442/1501) ed occorse molto tempo prima che fosse accettato sulle tavole napoletane; infatti da principio fu usato quasi esclusivamente come medicamento nelle malattie gastriche o intestinali (cfr. la schola medica salernitana che prescriveva riso ad ogni pie’ sospinto sia pure rigorosamente in bianco: bollito cioè; talvolta si prescrisse a titolo terapeutico di bere l’acqua in cui si era stato lessato il riso); del resto a Napoli già trionfava l’uso della pasta che, con le verdure, la faceva da padrona nell’alimentazione quotidiana (un tempo prima che mangiamaccheroni, i napoletani, usurpando il nome ai napoletani della provincia, furono detti mangiafoglie) e fu difficile per il riso, non dico spodestarla, ma anche entrarvi solo in concorrenza.
Occorrerà attendere alcuni secoli prima che il riso conquistasse un suo piccolo posto sulle tavole napoletane e fu merito dei cuochi francesi ( i famosi monzú (cosí li chiamarono i napoletani storpiando la parola monsieur) cioè quei cuochi d’oltrealpi chiamati a Napoli dalla regina Maria Carolina, al tempo (1768) delle proprie nozze con Ferdinando IV Borbone-Napoli, per migliorare la cucina napoletana ritenuta troppo semplice, se non addirittura povera. I cuochi francesi oltre ad importare a Napoli taluni dolci(rammento il babà) tentarono di introdurre l’uso delle loro mantecate salse (a base di latte,burro, farina ed uova) con cui condirono pasta e/o riso.
Per il vero in principio i napoletani non apprezzarono molto le salse francesi, al segno che storpiando il nome di sauce (lèggi: sós(e)) coniarono la voce zòza, nel senso di cosa cattiva, sgradevole, fatta male se non sporca etc. e non apprezzarono molto le sofisticate ricette della cucina francese, con una sola eccezione che fu per l’appunto il sartú di riso:uno dei piú sontuosi modi di cucinare il riso; tale sartú (dal francese sour tout), (che per il vero non era ricetta originaria di Francia, ma inventata a Napoli con tutti i prodotti in uso nella cucina napoletana ad eccezione del burro che è condimento nordico…e d’Oltrealpe) partito dalle cucine regali dove i monzú lo prepararono per la corte borbonica, approdò alle cucine familiari e da allora divenne un trionfo della cucina napoletana, diffondendosi peraltro in tutto il Sud Italia.
Come si fa il sartù di riso napoletano
Il sartú consta di un timballo di riso con ricchissima farcitura ed è piatto sontuoso che ovviamente può ben figurare in sostituzione di timballi di pasta sulla tavola del Natale o di altre feste.
Come per tutti i piatti della tradizione, ne esistono numerose varianti; oggi si è generalmente molto semplificato, e viene preparato con riso lessato e poi condito in modo meno ricco e generoso di quanto non fosse una volta. Anche gli ingredienti possono in qualche misura variare secondo la disponibilità del mercato.
La ricetta che vi propongo rispecchia fedelmente la preparazione tradizionale.
Versione classica bianca (ricetta originaria)
Preparate separatamente i vari componenti che poi verranno assemblati nel sartú:
1- La mozzarella
Tagliate la mozzarella a fettine e lasciatela scolare in un colino o tenetela in frigo per ca 10 ore.
2 – Il sugo
Ammorbidite i funghi in acqua tiepida; soffriggete in una casseruolina la cipolla tritata con mezzo bicchiere d’olio ed un cucchiaio di strutto; dopo qualche minuto unite i funghi ammollati in acqua bollente strizzati e tritati insieme ai ipiselli sgranati. Salate e pepate.
Dopo poco aggiungete la salsiccia intera, lasciate cuocere per circa un’ora indi prelevatela, affettatela a dischetti da ½ cm. di spessore e teneteli da parte in caldo.
3 – Le polpettine
Mettete in una terrina la carne trita, salate e pepate, indi unite due uova intere, due cucchiaiate di formaggio grattugiato e due di pangrattato; impastate bene gli ingredienti, poi ricavate dal composto tante polpettine poco piú grandi di una nocciola; infarinatele e friggetele súbito con olio di semi bollente e profondo, poi scolatele e poggiatele su carta assorbente da cucina e tenetele da parte.
4 – I fegatini
Togliete ai fegatelli il fiele ed eventuali pellicine, lavateli in acqua fredda, avvolgeteli nel loro omento lavato e diviso in quadrati di ca 10 cm. di lato, con una foglia d’alloro. Ponete sul fuoco un tegame con un cucchiaio di strutto; appena comincia a soffrigge sistemate nel tegame i fegatini e fateli rosolare, bagnandoli con poco brodo. A cottura ultimata levateli dal fuoco e salate; eleminate l’alloro, tagliateli a pezzetti e teneteli da parte.
5 – Il risotto
Mettete al fuoco moderato una capace casseruola con una metà abbondante del sugo preparato, ed appena inizia a soffriggere versatevi il riso;in un altro tegame al sugo rimasto aggiungete le polpettine, un cucchiaio di strutto e fate insaporire bene a fuoco basso.
Mescolate bene il riso, bagnatelo con brodo bollente e portatelo a cottura (piuttosto al dente) aggiungendo poco brodo per volta.
Incorporate allora cinquanta grammi di strutto, cinque o sei cucchiaiate di pecorino e tre uova intere ben sbattute;unite le rondelle di salsiccia, amalgamate bene gli ingredienti e lasciate intiepidire.
6 – Il sartú
Mentre il riso intiepidisce ungete abbondantemente con dello strutto uno stampo per timballi o una capace teglia, e spolverizzate con abbondante pangrattato.
Versate nello stampo poco per volta quasi tutto il risotto,immettendo qua e là fettine di uova sode e di mozzarella; stendete bene il risotto sul fondo e premetelo anche contro le pareti del recipiente.
Disponete nel vuoto al centro una parte delle polpettine e del loro sugo, qualche fegatino, pezzetti di mozzarella e di salsiccia e spolverizzate con poco formaggio grattugiato.
Ripetete l’operazione fino ad avere sistemato tutti gli ingredienti.
Ricoprite il tutto con il riso rimasto, livellate bene, spolverizzate con poco pangrattato, guarnite con fiocchetti di strutto e passate in forno moderato (160°) per 45 minuti circa.
Fate riposare il sartú per qualche minuto, capovolgetelo su un piatto di portata e servite súbito affettandolo.
Come si fa il sartu napoletano al pomodoro
A questo punto devo ricordare (se mai ce ne fosse bisogno) che la gran parte dei napoletani predilige, in cucina l’uso di salse di pomodoro; non faccia meraviglia dunque se nel tardo ottocento la salsa di pomodoro fu introdotta nella preparazione del sartú ottenendo quella che chiamerò versione rossa che a lungo andare soppiantò quasi ovunque la precedente versione classica. Anzi oggi in epoca di mancanza di tempo e di pazienza (che invece in cucina sono due ingredienti insostituibili ed imprescindibili) anche a Napoli è invalso l’uso pedestre di preparare del riso bollito, condirlo con un sugo di passata di pomodoro, farcirlo a caldo con cubetti di mozzarella e salame nonché rondelle di uova sode, spolverizzarlo di grana e contrabbandarlo ahimé, sconciamente per sartú napoletano!
La preparazione di questa versione non differisce dalla precedente se non per l’aggiunta negli ingredienti per il sugo rosso di
– 4 etti di passata di pomidoro (fresca o in bottiglia),
– 2 etti di doppio concentrato di pomidoro che vanno usati appunto nella preparazione, come qui di sèguito, del sugo
Ammorbidite i funghi in acqua tiepida; soffriggete in una casseruola la cipolla tritata con mezzo bicchiere d’olio ed un cucchiaio di strutto; dopo qualche minuto unite i funghi ammollati in acqua bollente strizzati e tritati ed i piselli sgranati. Unite la passata di pomodoro ed il doppio concentrato sciolto con una tazza d’acqua bollente. Salate e pepate.
Dopo poco aggiungete la salsiccia intera, lasciare cuocere per circa un’ora indi prelevatela, affettatela a dischetti e tenetela da parte in caldo.
Per il sèguito si procede come per la versione bianca.
(la ricetta originale dei cuochi francesi prevedeva il burro, ma lo strutto, condimento napoletano lo soppiantò quasi súbito in quanto ritenuto certamente piú saporito e piú consono ai palati partenopei;oggi però, scioccamente, lo strutto è un po’ in disuso in quanto ritenuto da taluni tromboni mediatici poco dietetico e molti napoletani preparando(semel in anno) un sartú si son scioccamente convertiti all’uso del burro, quando non a quello ancóra piú sciocco,per non dire sconcio della margarina!…)
Vini: Corposi vini rossi campani (Solopaca, Aglianico, Piedirosso, Taurasi) serviti a temperatura ambiente.
Mangia Napoli, bbona salute!
Ricetta orginale del Sartù Napoletano
Ricetta di Raffaele Bracale
Ingredienti per 8 persone
- 600 gr. di riso
- 500 gr. di carne di manzo tritata,
- olio per friggere q.s.
- 300 gr. di piselli sgranati (anche surgelati)
- 30 gr. di funghi secchi
- 250 gr. di fegatini di maiale con relativo omento
- 300 gr. di salsiccia di maiale (ottima la cervellatina napoletana)
- 1 mozzarella (da latte di bufala) da 5 etti
- 150 gr. di strutto,
- 100 gr. di pecorino grattugiato
- 2 Lt. di buon brodo vegetale (va bene anche quello preparato con 2 dadi vegetali,
- 1 cipolla dorata,
- Pane grattugiato q.s.
- Olio d'oliva e.v. p. s. a f. 1 bicchiere,
- 8 uova, di cui 3 sode,
- Sale fino e pepe decorticato q.s.
Preparazione
Preparate separatamente i vari componenti che poi verranno assemblati nel sartú:
La mozzarella:
tagliate la mozzarella a fettine e lasciatela scolare in un colino o tenetela in frigo per ca 10 ore.
Il sugo
Ammorbidite i funghi in acqua tiepida; soffriggete in una casseruolina la cipolla tritata con mezzo bicchiere d'olio ed un cucchiaio di strutto; dopo qualche minuto unite i funghi ammollati in acqua bollente strizzati e tritati insieme ai ipiselli sgranati.
Salate e pepate.
Dopo poco aggiungete la salsiccia intera, lasciate cuocere per circa un'ora indi prelevatela, affettatela a dischetti da ½ cm. di spessore e teneteli da parte in caldo.
Le polpettine
Mettete in una terrina la carne trita, salate e pepate, indi unite due uova intere, due cucchiaiate di formaggio grattugiato e due di pangrattato; impastate bene gli ingredienti, poi ricavate dal composto tante polpettine poco piú grandi di una nocciola; infarinatele e friggetele súbito con olio di semi bollente e profondo, poi scolatele e poggiatele su carta assorbente da cucina e tenetele da parte.
I fegatini
Togliete ai fegatelli il fiele ed eventuali pellicine, lavateli in acqua fredda, avvolgeteli nel loro omento lavato e diviso in quadrati di ca 10 cm. di lato, con una foglia d'alloro.
Ponete sul fuoco un tegame con un cucchiaio di strutto; appena comincia a soffrigge sistemate nel tegame i fegatini e fateli rosolare, bagnandoli con poco brodo.
A cottura ultimata levateli dal fuoco e salate; eleminate l'alloro, tagliateli a pezzetti e teneteli da parte.
Il risotto
Mettete al fuoco moderato una capace casseruola con una metà abbondante del sugo preparato, ed appena inizia a soffriggere versatevi il riso;
in un altro tegame al sugo rimasto aggiungete le polpettine, un cucchiaio di strutto e fate insaporire bene a fuoco basso.
Mescolate bene il riso, bagnatelo con brodo bollente e portatelo a cottura (piuttosto al dente) aggiungendo poco brodo per volta.
Incorporate allora cinquanta grammi di strutto, cinque o sei cucchiaiate di pecorino e tre uova intere ben sbattute;
Unite le rondelle di salsiccia, amalgamate bene gli ingredienti e lasciate intiepidire.
Il sartú
Mentre il riso intiepidisce ungete abbondantemente con dello strutto uno stampo per timballi o una capace teglia, e spolverizzate con abbondante pangrattato.
Versate nello stampo poco per volta quasi tutto il risotto, immettendo qua e là fettine di uova sode e di mozzarella; stendete bene il risotto sul fondo e premetelo anche contro le pareti del recipiente.
Disponete nel vuoto al centro una parte delle polpettine e del loro sugo, qualche fegatino, pezzetti di mozzarella e di salsiccia e spolverizzate con poco formaggio grattugiato.
Ripetete l'operazione fino ad avere sistemato tutti gli ingredienti.
Ricoprite il tutto con il riso rimasto, livellate bene, spolverizzate con poco pangrattato, guarnite con fiocchetti di strutto e passate in forno moderato (160°) per 45 minuti circa.
Fate riposare il sartú per qualche minuto, capovolgetelo su un piatto di portata e servite súbito affettandolo.
Vini abbinati: Aglianico del Taburno
20 Commenti
I commenti sono chiusi.
Nella versione bianca è consentito anche l’uso dello zafferano.
E perché no! Non dimentichiamo che lo zafferano non è, come si crede erroneamente una spezie nordica, ma è anche nostrana, prodotta com’è in Abruzzo regione duo-siciliana!
Come per i commensali della corte borbonica anche per me questo piatto e’ sour tout ,ma devo dire con rammarico che non lo e’ altrettanto per la ristorazione napoletana visto che non e sempre presente alla carta e molto spesso bisogna ordinarlo in anticipo.Mi viene infine da chiedere : ma c’e ancora qualcuno che fa’ la ricetta originaria?
Se non ricordo male Mimì alla Ferrovia lo tiene in menù.
Credo sia giusto ordinarlo in anticipo. Non è di certo piatto che, a desiderarlo secondo tradizione e soprattutto senza previa congelazione di una o più parti del preparato finale, si possa cucinare nel tempo di una ordinazione fatta a tavolino…..
Non e’ in carta o bisogna ordinarlo in anticipo perche’ e’ una ricetta troppo elaborata, e poi se te lo fai a casa e’ molto meglio
Non vorrei che qualche napoletano autoproclamantesi DOC ne approfitti per fare un altra rivendicazione di primogenitura, com’è successo nell’altra discussione sulla pasta che gli spagnoli considerano autoctona. I monzù hanno portato delle tipologie di piatti e delle procedure di preparazione. A Napoli si sono cristallizzate in pochissime ricette appartenenti a quella tipologia. Così, surtout è il piatto rialzato, che diventa il nome francese per qualsiasi cosa ci appoggi sopra e che invece a Napoli si fissa come sartù di riso; ragout, cioè capace di risvegliare l’appetito, è qualsiasi stufato di carne, quindi il ragù ma anche la genovese (lo stesso si può dire del savarin, lo stampino a ciambella che prende il nome dall’omonimo gastronomo). Sottolineare che la ricetta era già napoletana è giusto, a patto che qualcuno non immagini un tentativo di furto creativo dei francesi.
Credo sia giusto ordinarlo,data la complessità della ricetta.Un ristoratore di Anagni fa la stessa cosa per il famoso timballo alla Bonifacio VIII.Per il resto i soliti,ma non formali,ringraziamenti al prof.Bracale
Vi ringrazio, ma – per favore – evitate quel prof. Nessun ateneo me lo à concesso, quel titolo!
Che meraviglia !!!!! Io pero’ vorrei mettere l’accento sulla presentazione di Luciano: ” il riso in bianco Come prescrizione risale alla scuola medica salernitana “…… Tornando a casa mia, dopo un pasto da Bottura, mi disse: ” mangerei qualcosa di leggero che domani siamo dai Roca”. proposi un risino in bianco. Disse ” perfetto”. Si sbafo’ un3/400 grammi con due etti del miglior burro italiano e altrettanti di parmigiano. ( con cottura che allora defini’ impeccabile ma oggi non sono piu’ di moda e sarebbe crudo)Qualcosa non quadra, con la scuola medica salernitana , temo:-)
Ma questa è una rivelazione epocale! Il riso in bianco più lombardo che c’è (buonissimo) sbafato dal paladino dell’informazione enogastronomica meridionale? MIIII se lo sanno quelli là ;)))))
La scuola medica salernitana consigliava, a chi avesse problemi di pancia, il riso lesso scondito e di berne l’acqua di cottura, non di scofanarsi trecento o quattrocento grammi di riso al burro!
Infatti Pignataro si sente salernitano solo quando gli fa comodo. In quel frangente si senti’ molto lombardo, Gallarate a parte:-)
ma quante storie per un po di riso in bianco, appena insaporito….
On Rafe’ site semp o’ Mast !!!! Il sartu’ sempre bianco !!! Abbracci dalla Thailandia e sempre forza Napoli !!!!!
Grande articolo, dotto storicamente e gastronomicamente. Racconto appassionante e appassionato della tradizione culinaria, e quindi di parte della grande storia di Napoli.
Ma il brodo vegetale, con il dado – contenente tutto quel glutammato e altre porcherie – in un contesto come quello del suo articolo, non si può proprio leggere.
Stona.
…don Raffaele, devo dire che almeno due passaggi non mi convincono proprio…il primo è l’uso dei fegatini di maiale in luogo di quelli di pollo ed il secondo è la cottura del riso che, per la versione bianca, va fatta mettendo il riso in acqua fredda (rapporto 1 a 2) con burro o strutto (10 % del peso del riso) quindi, a bollore raggiunto,15 minuti di cottura senza mescolare e senza scoprire mai la pentola…inoltre dubito che con questo procedimento il risultato finale sia una salsa molto densa come richiesto. Per fare che questo avvenga occorre un impasto di farina e burro da sciogliere nel sugo prima di riunire tutti gli ingredienti (tipo besciamella)…Per il resto confermo il mio rispetto allo studioso che annovero tra i “vanti” di Napoli.-
Utilizzerei funghi e fegatini (di pollo) per la sola ricetta originaria bianca escludendoli da quella rossa ove la carne al ragù sminuzzata, salciccia ecc. sono più indicati. In entrambi i casi ovviamente tegame alto possibilmente a cupola che differenzia il sartù dal riso al forno !!!.
@Luca Clemente Grazie dei complimenti. Per il fatto del brodo vegetale, avete ragione; il brodo da dado stona, ma – purtroppo – oggi poche massaie, con l’eccezione di mia moglie, sanno preparare un degno brodo vegetale con il sacramentale mazzetto p’ ‘o broro! Spisso nun tèneno tiempo!
non ho capito come si fa a cuocere funghi e salsiccia senza aggiungere un liquido