Santo Palato a Roma, da Sarah Cicolini si sta troppo bene per essere una stella Michelin
Santo Palato Roma
Piazza Tarquinia, 4 A/B
Tel. 06 7720 7354
Sempre aperto
Diciamo subito che, ove non si capisse, il titolo è ironico: ci sono tantissimi ristoranti stellati dove si sta alla grande e lo stare bene o lo stare male non dipende certo da questo. Però sottolinea un coraggio che la Michelin con la nuova direzione ha perso, che è quello di individuare talenti e consigliare posti non scontati e accessibili, così come fece Fausto Arrighi, tanto per citare due esempi, con Taverna Estia e l’allora giovannissimo Francesco Sposito e con Marianna Vitale a Quarto.
Non tutti gli automobiisti possono permettersi hotel di lusso e fine dining da cento euro a piatto e non si diventa moderni con una stella verde. I tempi stanno cambiando, la gente vuole essenzialità e piacere.
Un pranzo improvvisato con Guido Barendson e Maurizio Cortese, gli amici di sempre e abbiamo goduto come conigli (cit. Giuseppe Di Martino) mangiano il broccolo romano saltato in padella, mentre la lingua marinata è ricetta di alta gastronomia, così come il prosciutto di cuore servito alla spagnola, con la bruschetta di olio e pomodoro.
Piccole grandi cose, come una carbonara che per noi è tra le migliori di Roma
Sarah Cicolini adesso è proprietaria di se stessa e si è gettata anima e corpo in questo progetto con tanta energia giovanile. La sua cucina romana con rimandi a ricette ancestrali perdute, la lavagnetta che ci racconta il mercato del giorno, quella cucina di casa rivista però con tecniche moderne, la simpatia del servizio e una grande, curiosa e colta carta dei vini per tutte le tasche ne fanno un locale sempre pieno, dove le liste di attesa sono paragonabili ad alcuni grandi tristellati italiani.
Sarah è una cuoca della sua generazione immersa nella realtà e non nel virtuale, i complimenti le fanno piacere, ma poi si tuffa subito nella sua cucina per lavorare.
Famiglie, stranieri, aspiranti gourmet come noi e una tavola di napoletani in attesa dello scudetto hanno reso piacevole la tiepida primavera romana, in un clima rilassato, fatto di cose buone e semplici ch vorremmo trovare ovunque andiamo a mangiare.
Circa 40 euro a testa, Lambrusco compreso.
Cosa si mangia a Santo Palato
Scheda del 31 gennaio 2018
di Virginia Di Falco
La Trattoria Santo Palato a Roma è stata indubitabilmente l’apertura dell’anno nel 2017. Non c’è guida gastronomica, cartacea e on line che non ne abbia parlato in termini entusiastici: da Repubblica alla Guida Osterie Slow Food che l’ha prontamente inserita nell’edizione 2018, da «Roma nel Piatto» della Pecora Nera, fino ai «Ristoranti da Scoprire» selezionati dall’ottimo Marco Bolasco.
Diciamo la verità: se Sarah Cicolini – la giovane cuoca che con un solo aiuto e una micro cucina è la vera protagonista di questo successo – non avesse anche i piedi ben piantati per terra, a quest’ora starebbe in giro a godersi il successo mediatico lontano dai fornelli, come decine di suoi colleghi in erba. E sempre per amor di verità ci piace sottolineare il senso della nostra critica della scorsa estate, quando – al di là di una giornata davvero storta, tra cucina e servizio – lanciammo l’appello «lasciatela lavorare!».
Ma Sarah ha le spalle forti, una bella testa e due mani concrete: ha incassato con modestia premi e riconoscimenti, scansato egregiamente frizzi e lazzi su Facebook e giù a faticare.
La trattoria a due passi da Piazza Re di Roma, con la sua sala vintage dai richiami futuristi e l’affaccio discreto sulla piccola cucina, continua a trasmettere la sensazione confortevole delle osterie di vecchia generazione: pochi fronzoli e tanta sostanza. La sera degli infrasettimanali scorre tranquilla, forse anche i clienti che poi riempiranno comunque tutti i coperti, sono meno caciaroni di quelli del weekend. Fatto sta che il rimbombo chiassoso della sala lamentato da qualcuno è un normale parlottìo di persone che si godono la cena e sbirciano curiose gli altri tavoli per avere qualche anteprima visiva sul menu.
Menu che propone i classici della cucina romana con un’attenzione particolare e originale a tutto il quinto quarto, anche ai pezzi dimenticati, come nella ormai celebre – è il caso di dire – frittata con le rigaje di pollo, servita al tavolo fumante, direttamente nel tegamino.
Santo Palato Roma. Accanto ai classici come i carciofi alla romana, la carbonara, l’amatriciana, i rigatoni con pajata, la trippa con sugo alla romana e così via, tra la lavagna del giorno e una carta ben organizzata troverete tutti i pezzi della macelleria considerati una volta poveri o di scarto: dalla testina di bue grasso (nella pasta e fagioli); dal midollo al cuore di bovino con funghi e uovo di quaglia; dal pannicolo con la maionese al collo di maiale.
Piatti tutti concreti e robusti, presentati in maniera autentica anche quando modernamente interpretati come d’altro canto continua a suggerire il benvenuto con pizza e mortazza insieme al bicchierino di vino bianco e gassosa.
Carbonara da dieci e lode, cottura della pasta al chiodo come Arcangelo Dandini comanda, con guanciale saporito e croccante, giusta sapidità e notevole cremosità dell’uovo, con una persistenza a prova di ultimo boccone.
Tanto ruspanti quanto golosi gli gnocchi con sugo di cinghiale, tra i fuori menu del giorno.
Santo Palato Roma
Ben eseguiti i carciofi alla romana, mentre suggeriamo vivamente di approfittare – quando c’è – della misticanza ripassata: un mix di verdure selvatiche che difficilmente trovate sulle tavole di una trattoria, dal gusto intenso, leggermente amarognolo. Accompagnamento egregio, quasi necessario, al piatto di zampone e cotechino con purè di patate, trionfo del grasso buono grazie all’utilizzo di un’ottima materia prima.
Rifornirsi dai migliori fornitori su piazza, dal pane di Bonci alla carne di Liberati, ai formaggi di Francesco Loreti è la linea che la proprietà ha voluto seguire sin dall’inizio; con una carta dei vini piccola ma vivace e un servizio che abbiamo trovato molto più sciolto e padrone della sala dell’ultima volta.
Insomma, fuori dalla cucina Sarah Cicolini ha tutto quello che le serve. Ai fornelli, con l’aiuto di Mattia Bazzurri, ci mette tanta concretezza e poche chiacchiere. E molti dei suoi piatti, per quanto già solidi promettono belle cose per il futuro.
Chiusura dolce con il maritozzo di grano arso alla crema: sarà anche perché era appena sfornato, ma la pasta brioche è risultata davvero notevole, quasi senza zucchero, perfetta ad accogliere una crema ricca e pastosa.
Infine, uno scontrino altrettanto dolce: per una cena completa spenderete circa 35 euro a persona, con un rapporto qualità prezzo tra i migliori di Roma.
Santo Palato Roma
Piazza Tarquinia, 4 A/B
Tel. 06 7720 7354
Sempre aperto
Un commento
I commenti sono chiusi.
Forse è il caso anche di sentire i comuni cristiani, alla fine sono loro il pane quotidiano di questi posti, cristiani che si sono mangiati un maiale dalla cotenna cristallizzata, da mandarti diretta diretta dal dentista, un pannicolo arrivato freddo e troppo affumicato, anzi solo affumicato… nessun equilibrio. Sala che si è dimenticata più di una volta di portare pane e vino, con 10 tavoli non può succedere. Io tifo per Sara, ma ha ancora poca esperienza e se non avesse materie prime eccellenti i danni si sentirebbero ancora di più. È giusto che stia dietro i fornelli ed è giusto che continui a sbagliare per poter migliorare, le doti e le qualità le ha per affrontare questa sfida. spero la lascino maturare in santa pace, senza stressarla con questa moda pseudofighetta che sta intaccando tutto San giovanni, di riconoscimenti e falsi miti! … la tradizione romana non è una scienza è un esatto connubio tra territorio e storia. Santo Palato secondo me in questo momento sta solo facendo il verso alla tradizione… lasciate perdere la Chef, fatela lavorare e lasciatela sbagliare solo sulla lunga distanza si vedrà realmente se Santo Palato avrà raggiunto la tradizione, magari proprio quando tutti sti barboni tatuati la smetteranno di far finta di capirci e finalmente la povera Sora Maria non si sentirà a disagio a mangiare Romano, come DIo comanda, nella piccola osteria di quartiere.