Non tutti i salami sono buoni, occhio alle truffe di Pasqua dopo l’inverno caldo
di Marco Contursi
Pasqua, Pasquetta, tempo di “fellata paesana” ossia affettato di salumi. Magari da abbinare a ricotta salata e due fave fresche. Sì, d’accordo ma occhio a quel che si compra.
Infatti, mai come quest’anno Pasqua è venuta presto, a gennaio ha fatto caldo e molti artigiani (le industrie hanno locali di lavorazione climatizzati) hanno iniziato a febbraio le lavorazioni e quindi siamo sicuri che i salumi siano pronti?
Vediamoli singolarmente:
Salsicce secche: solitamente essendo un calibro sottile, in 20 giorni sono pronte quindi basta chiedere la data di produzione e fare due conti.
Salami: Io solitamente diffido dal comprare un prodotto quando c’è maggiore richiesta poiché i prezzi salgono e la qualità cala, figuriamoci poi prodotti a carne trita come i salami.
Troppe volte mi è capitato a Pasqua di provare salami freschi, incrostati, ossia più scuri lungo il bordo interno e umidi al centro della fetta, o addirittura con parti dure all’interno, segno di una qualità scadente della materia prima che non è stata selezionata includendo anche cartilagini e ossicini. E anche se la selezione è stata fatta, resta il problema di una stagionatura troppo breve.
Consiglio quindi di chiedere quando sono stati fatti, se non hanno almeno 40 giorni, lasciate perdere. Ovviamente dipende anche dal formato del salame, più sono piccoli prima sono pronti. Resta sempre il pericolo che il produttore per fare prima, li abbia sottoposti a ventilazione forzata con l’effetto crosta di cui sopra.
Guanciali: Sono pronti in un paio di mesi, quindi uno fatto a fine gennaio già possiamo aprirlo. Uno di fine febbraio o addirittura marzo lo terrei ancora un po’ appeso.
Pancette e capicolli: Io desisterei dall’acquisto. Una pancetta media necessita di almeno 4 mesi, 6-8 un buon capicollo. Escludendo che in giro ne troviate dell’anno scorso, quelli in commercio sono nella migliore delle ipotesi fatti tra fine dicembre e gennaio, ossia carne fresca, come dico io “si sente il porco alluccare ancora”.
Ergo li lascerei dove sono, magari ripiegando su un prodotto industriale valido. E anche lì occhio che non sia troppo fresco. Se riuscite a sapere la stagionatura, attenetevi ai tempi suddetti, sennò fatevi guidare dal colore, troppo chiaro = poco stagionato, oppure desistete se presente rigonfiamenti centrali, sintomo spesso di prodotto fresco che si è deformato perché oppresso da un altro pezzo messo sopra come nella foto.
Potreste trovare pronta una pancetta di gennaio, piccola. Ma che senso ha mangiarne una di un animale giovane (perciò piccola) quindi poco grassa e poco saporita? Occhio poi alla legatura, se vi sembra legata male, desistete, che rischiate di trovarla come quella nella foto.
In fondo avevano ragione i detti antichi. Uno pugliese recita: “ U Capicudd, o vol o sol ncudd”. Che tradotto: Il capicollo vuole il sole sul collo. Ossia si mangia in estate. Magari con una bella birra artigianale e due fichi appena colti. Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi (Jerry Calà docet).
Per l’abbinamento vini, io ci bevo un gragnano frizzante e risolvo con poca spesa e gran piacere, sgrassa, scende facile e mette allegria.
Buona Pasqua a tutti.
3 Commenti
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Grande Marco! Ho seguito i consigli….
Buona Pasqua al signore dei maiale!
Guagliò, Te si scurdato ‘a supressata