Ruperto de Nola, un cuoco alla corte del Re Ferdinando di Napoli


Libro De Guisados
Edizione 1529
A cura di Antonella Laudisi
Editore: Il Laboratorio/le edizioni Nola

Chi era Ruperto de Nola? Un catalano al seguito di Re Ferdinando o un nativo di Nola all’epoca della Napoli rinascimentale provincia di Caserta?
Della sua identità ancora oggi non c’è notizia certa. Antonella Laudisi, giornalista del Mattino, ha riprodotto la versione originale del “Libro de guisados, manjares y potajes, intitulado libro de cozina” pubblicata nel 1525.
La prima edizione del libro apparve in catalano “Lybre de doctrina Pera ben Servir: de Tallar: y del Art de Coch” o Lo Llibre de Coch” a metà del secolo XV, perciò la presunta identità catalana data a Ruperto, ma. l’edizione più diffusa è la castigliana, edita in Toledo nel 1525: Libro de Guisados, manjares y potajes intitulado Libro de cocina. Il libro ha avuto numerose edizioni e gran parte del testo dell’ edizione del 1525 fu trasformata nel libro di cucina di Diego Granado intitolato “Arte de Cocina” e pubblicato nell’anno 1599.
Che Ruperto fosse catalano non si sa quindi con certezza. A me piace pensare, forse per una sorta di orgoglio campanilistico, che fosse di Nola e chi lo sa che così sia veramente! Intanto la lettura di questo libro è avvincente, l’introduzione e le 242 ricette di Ruperto conducono in un viaggio nella storia rinascimentale e alla fine della lettura ci si trova quanto mai d’accordo con ciò che l’autrice scrive nelle prime pagine “Il cibo racconta. Attraversa la storia, varca confini e avvicina mondi(…)il cibo disegna, ricorda”.
Un percorso storico nella Napoli rinascimentale alla corte di Re Ferdinando I di Aragona, attraverso un excursus di pietanze, di ornamenti e di spezie, di influenze arabe, di cucina agro e dolce, di minestre, di pasta e maccheroni, di bianco mangiare, di mangia gatti, per ritrovarsi a riflettere su come la cucina sia il luogo di riconoscimento del passato in ogni sapore presente. E’ quanto mai attuale, come suggerisce la Laudisi, “che attorno ad una tavola imbandita si decidono le sorti dell’umanità, si stabiliscono patti di sangue, si celebrano nozze, si dichiarano amori, si consumano addii”, il cibo era ed è ancora adesso al centro di ogni cosa, “cibo come moda, come metafora del sesso, come rimedio alla solitudine, come piacere”, insomma ricorrente in maniera quasi maniacale, per stomaci insaziabili e per stomaci raffinati, per cancellare gli anni della fame o per reprimere i chili di troppo. E mentre ai giorni nostri Ruperto de Nola sarebbe un super chef mediatico, uno di quelli ospitati da Bruno Vespa, per intendersi, allora rappresentava una figura di basso lignaggio: nella gerarchia degli addetti al servizio, infatti il cuoco veniva molto dopo il trinciante, il bottigliere, lo scalco, cariche rivestite di solito da persone di elevata estrazione sociale, mentre “il cuciniere” era di solito uomo di umili origini e a un servitore di così basso lignaggio veniva negato un posto nella memoria dei suoi stessi concittadini. Ruperto però raccolse ben 242 ricette, con annesse raccomandazioni e istruzioni sul servizio a tavola “molte volte, Serenissimo re e molto potente Signore fu comandato da Vostra Maestà a me Ruperto….che facessi un trattato su questa arte del mio incarico affinché rimanesse di me una qualche memoria ai miei aiutanti perché tenessero un certo fondamento nella detta arte di preparare da mangiare e cucinare minestre e altri piatti”, vivande e intingoli più graditi al gusto di Sua Maestà, pietanze delle feste o della quaresima come minestre e cibi per sopperire alle infermità del suo nobilissimo re. Insomma ricette per tutti i gusti, piatti che testimoniano l’influenza spagnola nella cucina napoletana, piatti che spiegano finalmente il perché di determinati usi e detti che ancora oggi sono in voga, come il famoso “mmesca francesca”, piatti che attestano quanto si assomiglino la cucina siciliana e quella napoletana, le influenze arabe come quelle francesi. Nelle pagine del libro come nelle note introduttive si impara molto su abitudini, usanze e curiosità, fra le quali quella sul vino più legato alla dominazione aragonese, il Catalanesca, attualmente in corso di studio, che pare sia ottenuto da uve che Alfonso fece importare dalla Catalogna intorno al 1450 e impiantare alle pendici del monte Somma. Un libro che fa pensare, un libro che avvince, che a tratti fa storcere il naso per l’uso eccessivo di certi cibi o per gli accostamenti stravaganti, un libro che si fa leggere d’un fiato e che è bello conservare nella propria libreria.

Adele Chiagano

Il libro si trova presso Il Laboratorio, Stampe e Libri d’Arte
a Napoli, Vico Freddo a Rua Catalana, 3 Tel. 081 4206308
a Nola, Piazza G. Trinchese, 18 Tel. 081 8237358