Verticale storica di Rovittello 2007-1995: l’Etna di Antonio Benanti a Napoli
di Marina Alaimo
E’ suonato molto strano sentire dal racconto di Antonio Benanti che il motivo che ha spinto suo padre ad investire nella vitivinicoltura è dovuto alle parole di un ristoratore etneo il quale, una ventina di anni fa, spiegava di non avere vini del proprio territorio in carta perché lì non si producesse nulla di interessante. Al cavalier Benanti è ribollito il sangue nelle vene e siccome in famiglia il vino si è sempre fatto, era ben consapevole delle alte potenzialità della vigna etnea, decidendo quindi di ribaltarne le sorti.
Un progetto ambizioso e coraggioso che gli ha dato ragione di credere che questo sarebbe diventato un polo di produzione che avrebbe affascinato i consumatori di tutto il mondo. Il successo che ha avuto l’azienda lo conosciamo bene ormai tutti. Ma il fatto più straordinario è che altri produttori dopo di lui hanno preso coscienza del grande patrimonio a disposizione sul quale investire. Oggi i vini dell’Etna sono molto apprezzati per il carattere deciso, di forte impronta territoriale e per l’estrema eleganza.
Di recente ho provato l’ultima annata del Rovittello, la 2007, trovandola decisamente interessante, riscontrando un altro passo notevole verso l’alta qualità e l’eleganza ed ho pensato di portare a Napoli la prima verticale storica di questa splendida etichetta. Così Antonio giovedì 27 gennaio arriva al wine bar Cap’alice per il terzo appuntamento di “Storie di vini e vigne”. Nelle sette annate è evidente il grande rispetto per il proprio territorio e le sue vigne che si esprimono in piena libertà e voglia di raccontarsi. Si delinea anche una curva crescente verso la ricerca di un vino sempre più comprensibile, dal piglio sicuro ed raffinato. Rovittello è una vigna composta da alberelli dell’età media di ottat’anni, con un impianto di 10.000 piante per ettaro, posta a 900 metri di altitudine, esposta a nord est e con una escursione termica giorno notte di 17° – 18°.
Partiamo dall’annata più vecchia, 1996, ha naso impostato sui toni balsamici e di sottobosco, in bocca mantiene una bella agilità con sorso sottile e dinamico giocato tra i toni salini spinti e le rotondità dell’alcol, ancora vivace l’ acida.
I toni della 1997 sono più cupi e profondi, è terroso, con spezie di pepe e cioccolato e frutto di marasca. Il sorso è pieno, caldo come l’annata che lo ha generato, di buona freschezza e piacevole nei toni salini decisi.
Cambia ancora il racconto del vino con il millesimo 2002 che ha visto la cenere sui grappoli durante la vendemmia. Al naso è un po’ chiuso, salmastro e sottilmente speziato con frutto maturo di prugna. Bocca piena, saporita e austera con tannini marcati, mantiene viva la sua bella freschezza.
Il colore pieno della 2003 ci ricorda questa annata particolarmente calda, è polveroso e frutta matura, ha corpo pieno, sorso sapido e tannico.
Nella 2004 ritroviamo in pieno lo stile dell’Etna che molti in sala hanno paragonato ad un pinot noir di Borgogna. Grande eleganza ed armonia di profumi e sapori. I toni minerali fanno da sfondo alla ciliegia croccante e le spezie sottili. Il sorso esprime grande carattere, determinato ed elegante, è scorrevole e succoso, vivacemente dinamico.
Ancor più espressiva la 2005, estremamente piacevole, mantiene un ritmo costante giocato tra toni decisi e toni di finezza. Bel naso fragrante con frutto integro di ciliegia, bella mineralità e spezie sottilissime. Il sorso si lascia bere con avidità, manifesta viva energia, fresca e salata. La 2007 è l’ultima annata in commercio, e punta ancor di più alla finezza ed ad una buona bevibilità. Naso incisivo con tocchi floreali di rosa, ciliegia croccante, rosmarino e pepe. In bocca è un vino verticale, di spinto vigore, salato, di viva freschezza e tannini di gran razza.
Proprio un gran bel bere da attendere per una decina di anni, ma già godibile nella sua esuberanza ben calibrata. Le ultime due annate in degustazione hanno accompagnato i piatti di Cap’alice: riso nero con piselli, carne e sugo di pomodoro San Marzano per ricordare il grande Etna almeno nella forma, e salsiccia di maiale nero casertano con riduzione di Etna rosso e erbette amare di campo con crumble di pane croccante.
L’enosteriatipicanapoletana Cap’alice è in via Bausan 28 Napoli
Foto di Novella Talamo
5 Commenti
I commenti sono chiusi.
grazie mario per l’ ospitalità e la cura
grazie marina per averci condotto con grazia e competenza nella deliziosa serata ai bordi del vulcano,
una prima verticale assoluta a memoria dello stesso Antonio Benanti,
al quale si devono più di mille grazie, a partire dal suo tratto di scoperta e immediata signorilità, con cui insegue e impronta nel segno dell’eleganza le straordinarie espressioni di questo indomito vulcanico vino, in cui le fini note aromatiche mediterranee di erbe, frutti rossi, spezie (alaimo dixit – vedi sopra) preludono alla peculiare ricchezza minerale, i tannini sono orchestrati dalla freschezza piacevole e sapida della beva
il 1996 chiarisce subito il proprio essere “estremo” ma diretto, vivo, rapinoso, inesauribile, continuamente effusivo (non esplosivo, ormai alle soglie della maggiore età), evolve e si ri-scopre irresistibile, non riesci a porre distanze a lungo
il 2004 spicca per variegata eleganza al naso unita ancora alla sorsata netta ma equilibrata
davvero da riassaggiare nel tempo (nella prossima verticale?), avrà ancora tanto da riferirci di sé e dunque invariabilmente di noi
ignoro dove eravate voi, io non avrei voluto essere altrove
Do.c, il prossimo report lo scrivi tu visto che sei così bravo.
…lungi da me, autodidatta impressionista (i.e. “ehm, faccio-solo-finta”), il rubarti la scena ; )
grazie di nuovo
alla ebbrezza (modica e consapevole…ovvio) prossima!
ps
ah già! prendiamo nota: i bianchi di antonio benanti – chi era costui? ; )
Grazie!
Grazie a te Antonio. Ti aspettiamo con il tuo grande bianco alle strade della Mozzarella!