Roma, L’Acquolina
Via Serra, 60
Tel. 06.3337192
www.acquolinahostaria.com
Aperto la sera, e domenica a pranzo. Da aprile a ottobre chiuso la domenica, il resto dell’anno lunedì
Il primo motivo per visitare questo nuovo stellato romano è il divertimento.
L’ambiente unico è ampio e luminoso, l’hotellerie ben curata, il servizio attento e professionale. Ma soprattutto ovunque sgorga entusiasmo giovanile e voglia di fare, gli accostamenti tra le materie, in genere a Roma molto arditi perché privi di riferimenti territoriali, sono riusciti e, appunto, spiazzano il più delle volte piacevolmente.
Ma in questo caso, prima di segnalarvi qualche piatto, vorrei dirvi che a colpirmi più di tutto è la qualità dei prodotti, nella Capitale merce abbastanza rara. Il motivo per cui quando mi siedo ho sempre prevenzione papillosa, paura di non ritrovare sapore nelle verdure e nel pesce soprattutto, appena appena scapoli dai piatti tradizionali.
Invece la torta di baccalà e patate con salsa bagna cauda moderna e anello di cipolla fritto centra immediatamente il palato in modo goloso, pappante. Stesso filone i vermicelli (assolutamente preferibili agli spaghetti in questi casi) alla carbonara di mare, un piatto vero da osteria, corrispettivo della cetarese genovese di tonno rispetto a quella classica di carne napoletana.
L’esibizione dei crudi è piacevole, anche se nei ristoranti non li amo molto: buone marinature e accostamenti con erbette e spezie, materia prima di qualità comprata a Civitavecchia dove ci sono i fornitori di fiducia del giovane chef, Giulio Terrinoni. Altro classico per chi non è di Roma sono i cappelleti di arzilla con il loro brodo e il broccolo romano mentre tra i primi ricordiamo i ravioli di merluzzo con lumachine di mare, ragù di cinghiale e crema di broccoli con polvere di arancia, troppa fusion mentale per la mia generazione divisa ben bene gastrosoficamente tra mare e terra, dolce e salato.
Il divertimento sciolto torna con il piatto Club sandwich di pan di mozzarella con porchetta di merluzzo, rana pescatrice e maionese di ostriche e bottarga. Chissà se questo panino farebbe gola a Marco Bolasco:-)
Bene il finale con i dolci, i pani sono soddisfacenti.
Potrete percorrere un piccolo menu a 65 euro (esempio: benvenuto, carpaccio di triglis, passatina di ceci di Spello con carpaccio di canocchie, gnocchetti croccanti e funghi chiodini, tagliata di ricciola con cozze fritte ripiene di mozzarella, dolce e petite patisserie), oppure a 80 euro: crudo Acquolina, olive all’ascolana di merluzzo con patate nuvola e sorbetto di peperone (molto buono), parmigiana di pesce bandiera con salsa al pomodoro crudo, torta di baccalà, tagliata di ricciola in crosta di pistacchio su crema di broccoli, vermicelli alla carbonara, finale dolce nelle tre classiche puntate.
Insomma, buon equilibrio fra la tradizione orale, la qualità della materia prima, la ricerca di percorsi non battuti da altri in una cornice complessiva in cui alla fine prevalgono nettamente i prodotti e lo stile campano orto/mare.
Ottima la carta dei vini, con discrete curiosità e qualche profondità meritevole, considerata la giovane età del locale. Da evitare assolutamente però il residuo provincialismo italico di iniziare con la Francia come si faceva negli anni ’70 e in parte ’80. A Roma si dovrebbe iniziare sempre con il Lazio, come si deve farlo capire ai ristoratori romani? Ormai il fenomeno bislacco di ignorare il territorio resiste solo a Roma e in Calabria.
Ah, questa è una scheda senza foto perché è il frutto di una classica verifica anonima personale e dunque i fanatici del 2.0 dovranno un po’ mordersi le labbra.
Però vi assicuro che resta il modo migliore per visitare un locale la prima volta.