Roma, ristorante Il Pagliaccio


Via dei Banchi Vecchi 129a
00186 Roma
Tel. 06/68.80.95.95
Fax. 06/68.21.75.04
Chiuso: Domenica: l’intera giornata; Lunedì e Martedì: a pranzo
[email protected]
www.ristoranteilpagliaccio.it

Compie 40 anni Anthony Genovese quest’anno e non bastano certo 40 righe a raccontare la sua intensa esperienza di successo. 40 righe non sono sufficienti neppure a sintetizzare i titoli lunghi, lunghissimi, dei suoi piatti nel menu del Pagliaccio, il ristorante che dal 2004 lo ha portato nella capitale dopo un lungo peregrinare tra Oriente e Occidente. Prima all’Enoteca Pinchiorri a Firenze, poi a Londra, poi in Giappone, Malesia, Thailandia, Singapore, Pechino poi la stella Michelin a Ravello.
Oggi potete fare qui, tra Campo dei Fiori e San Pietro una delle esperienze più originali che la cucina contemporanea offre ai palati curiosi e viaggiatori.
Le salette del Pagliaccio sono molto eleganti, arredate con gusto deciso, colori forti, materiali importanti, tovaglie linde, sedie confortevoli. Anche i pagliacci dipinti alle pareti sembrano sicuri di sè, non ammiccano agli ospiti. Il direttore di sala, sempre presente ma discreto, e un servizio impeccabile dispongono subito bene.
Pane e grissini sono di vari tipi, ma molto semplici, senza gli ingredienti strambi aggiunti gratuitamente ad acqua e farina come usa adesso. Una piccola lista di aperitivi vi permette di gustare meglio l’entrée: un’ottima polenta liquida con un filetto di ricciola, ortica fritta e salsa agrumata, eccezionale esercizio di equilibrio. Il menu è scritto in prima persona dallo chef, che parla di giochi con spezie e materie prime e propone di seguirlo in quello che in realtà è un viaggio vero e proprio verso le Indie, passando per il Giappone, la Cina, i Tropici. Non c’è spezia dell’Asia che non rientri in un piatto, assecondi un’idea, sottolinei un percorso. Tecnica, fantasia e ancora tecnica. Il cardamomo lo trovate nel fumetto di triglia che accompagna i ravioli di mozzarella ripieni di frutti di mare; il tamarindo e una quenelle di frutti tropicali addomesticano l’agnello. Il sesamo insaporisce la verdura scottata in uno dei giochi più divertenti: il sandwich di pollo preparato con i famosi noodles giapponesi con tanto di ketchup straordinariamente falsificato grazie ad una riduzione di peperone rosso. E poi ancora un azzardo orientale, con i Dim-Sum di granchio, ravioli di leggerissima pasta di riso, serviti con datteri di mare e alghe. E via di questo passo, anche i piatti più delicati incontrano solo palati decisi. Un unico dubbio: dov’è finita Roma a questo punto del viaggio? Avevamo memoria di un brodetto di razza con broccoletti da dieci e lode e di ravioli di castagne con trippa, improbabili ad una prima lettura, ma mai dimenticati. Forse tra tanto Oriente una pausa – sempre giocosa, s’intende! – tra i sapori di casa nostra rallenterebbe l’affanno, seppur divertente.
Probabilmente il vero relax arriva con il dessert: Marion Lichtie, giovane ma esperta maestra pasticcera, poggia saldamente i suoi piedi in Francia e i suoi esercizi in cucina non trascurano mai i classici, a partire dalle variazioni del cioccolato, della frutta e dei gelati. Imperdibile il suo parfait al torrone.
Infine, qui il vino è sempre protagonista insieme al cibo: una carta ampia, attenta, studiata, con una interessante proposta di vini al bicchiere in abbinamento ai diversi menu’ degustazione. Conto sui 90 euro.

Virginia Di Falco